Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14185 del 05/06/2013


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 14185 Anno 2013
Presidente: CIRILLO ETTORE
Relatore: CONTI ROBERTO GIOVANNI

SENTENZA

sul ricorso 16125-2008 proposto da:
EBARA PUMPS EUROPE SPA in persona del suo legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato
in ROMA VIA DI MONTE GIORDANO 36, presso lo studio
dell’avvocato MAZZETTI LEOPOLDO, che lo rappresenta e
difende unitamente all’avvocato MACCABRUNI FRANCO
2013

FABIO giusta delega a margine;
– ricorrente –

1560
contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO

Data pubblicazione: 05/06/2013

STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

controricorrente

avverso la sentenza n. 20/2008 della COMM. TRIBUTARIA
H GRADO di TRENTO, depositata il 10/03/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica

GIOVANNI CONTI;
udito per il ricorrente l’Avvocato MACCABRUNI che ha
chiesto l’accoglimento;
udito per il controricorrente l’Avvocato GAROFOLI che
ha chiesto il rigetto;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. PASQUALE FIMIANI che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso.

udienza del 06/05/2013 dal Consigliere Dott. ROBERTO

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Oggetto del contendere è rappresentato dall’imponibilità ad IVA di alcune operazioni di cessioni
di motori per pompe effettuate dalla ABB Industria spa alla Ebara Pumps Europe spa che li aveva
rifatturati alla propria casa madre Ebara Corporation di Tokio.
2. L’Agenzia delle Entrate di Cles notificava, sulla base dei rilievi nn.3 e 4/99 contenuti in due pvc
del Dipartimento delle Dogane di Trento, un avviso di accertamento alla Ebara Pumps Europe spa

operazioni di triangolazione disciplinate dall’art.8 comma 1 lett.a) DPR n.633/1972. Ciò perché
dalle verifiche compiute era emerso che sulle bollette doganali era stato indicato come esportatore
la ditta ABB Sadelmi anzichè la ditta Ebara Pumps Europe.
3. La società Ebara Pumps Europe proponeva ricorso innanzi alla CTP di Trento che lo rigettava,
ritenendo che la società contribuente non aveva fornito prova dell’avvenuta esportazione, nemmeno
essendosi definita in modo favorevole al contribuente la procedura di revisione delle bollette
all’esportazione, in quanto la Dogana di La Spezia, alla quale si era rivolta la contribuente, non
aveva provveduto in quanto le relative pratiche erano state oggetto di scarto d’archivio.
4. Proposto dalla contribuente ricorso in appello la CTR del Lazio, con sentenza n.20/08 del 10
marzo 2008, confermava la decisione di primo grado osservando, per quel che qui ancora rileva,
che:a)era infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art.10 1.n.289/2002 in quanto
formulata per la prima volta in appello; b) la 1.n.212/2000 non aveva rango costituzionale essendo
stata approvata con procedimento ordinario; c) all’atto dell’entrata in vigore della 1.n.289/2000 il
termine per l’accertamento relativo all’anno 1999 non era ancora decorso, né l’estensione dei
termini previsti da una norma preesistente alla scadenza del termine poteva configurare
un’applicazione retroattiva.
4.1 Aggiungeva poi che, alla stregua del regime normativo di cui all’art.8 comma 1 lett.a) d.p.r.
n.633/1972, era infondata la tesi della società che voleva dimostrare la regolarità delle
triangolazioni intercorse sulla base delle bollette doganali di esportazione e delle fatture,
rispettivamente recanti per un mero errore materiale quale esportatore la ABB Sadelmi spa anziché
la Ebara Pumps Europe e quale cessionario la ABB Sadelmi al posto della Ebara Corporation di
Tokio. Per costante giurisprudenza, infatti, la prova dell’avvenuta esportazione doveva essere
fornita in modo rigoroso attraverso il documento DAU regolarmente vistato dalla Dogana o, in sua
assenza, dalla ulteriore documentazione indicata dall’art.346 T.U.L.D. che, nel caso concreto, la
società contribuente non aveva offerto, operando così la presunzione, sancita dall’art. 1 DPR
n.441/1997, che l’operazione integrava una cessione in territorio nazionale soggetta ad IVA,

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per la ripresa a tassazione, relativamente all’anno 1999, di IVA e sanzioni, ritenendo insussistenti le

nemmeno rilevando i documenti di natura privata e la documentazione bancaria prodotti dalla
Ebara.
4.2 Evidenziava, ancora, che nessun pregiudizio poteva derivare dalla diversità fra il termine di
conservazione della documentazione amministrativa imposto al contribuente e quello fissato
all’Ufficio, perseguendo i due termini finalità diverse.
4.3 Aggiungeva, ancora, che:a) incombeva sulla contribuente la dimostrazione dell’errata

dpr n.633/1972 costituiva la prova dell’avvenuta esportazione;c) l’eventuale incompletezza delle
indagini dell’Ufficio rispetto alla richiesta di revisione non era derivata da colpa, ma
dall’espletamento delle necessarie verifiche senza le quali la Dogana di Trento non poteva emettere
il nulla osta.
4.4. Precisava, ancora, che il giudice di primo grado aveva affermato, con statuizione non
impugnata, a carico della società contribuente l’onere di conservare la prova del documento di
uscita, sicché la doglianza relativa all’assenza di colpa della Ebara Pumps rispetto alla compilazione
delle bollette doganali era inammissibile.
5. La società contribuente ha proposto ricorso per Cassazione affidato a sette motivi, ai quali ha
resistito l’Agenzia delle Entrate con controricorso. La società contribuente ha depositato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
6. Con il primo motivo la società contribuente ha dedotto la violazione e falsa applicazione
dell’art.111 Cost. 1 e 36 d.lgs.n.546/1992 e 132 c.p.c., in relazione all’art.360 comma 1 n.3 e 5
c.p.c.Lamenta che la sentenza di primo grado era priva di motivazione.
7. L’Agenzia ha dedotto l’inammissibilità della doglianza per carenza del quesito di diritto e del
momento di sintesi in relazione al vizio di cui al n.5 dell’art.360 comma 1 c.p.c.
8. La censura è inammissibile, mancando il quesito di diritto ex art.366 bis c.p.c., applicabile
ratione temporis al caso di specie essendo la sentenza di appello stata pubblicata il 10 marzo 2008.
9. Con il secondo motivo la società contribuente deduce violazione e falsa applicazione dell’art.57
d.p.r. n.633/1972 in relazione agli artt.1 comma 1 e 3 e 3, primo e terzo comma della 1.n.212/2000 e
dell’art.10 1.n.289/2002, con riferimento all’art.360 comma 1 n.3 c.p.c. Lamenta che l’art.10
1.n.289/2002, che aveva prorogato i termini di cui all’art.57 per i contribuenti che non hanno
beneficiato del condono fiscale, era chiaramente in contrasto con quanto previsto dall’art.3
1.n.212/2000 ed andava disapplicato, godendo il divieto di applicazione retroattiva della legge
tributaria sancito dall’art.3 cit. di efficacia sovraordinata rispetto alle altre leggi ordinarie. In
subordine, nella stessa censura la società contribuente prospetta il contrasto dell’art.10 1.n.289/2002
con gli artt.3,24,53 e 97 Cost.
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indicazione dell’esportatore in ragione dell’errata compilazione delle bollette doganali;b) l’art.53

10. L’Agenzia delle entrate ha dedotto l’infondatezza della censura, risultando la proroga del
termine di decadenza agganciata alla sola condonabilità della violazione.
11. La censura è infondata.
11.1 Questa Corte ha già chiarito che le norme della legge 27 luglio 2000, n. 212, emanate in
attuazione degli artt. 3, 23, 53 e 97 Cost. e qualificate espressamente come principi generali
dell’ordinamento tributario sono, in alcuni casi, idonee a prescrivere specifici obblighi a carico

nell’ordinamento, criteri guida per il giudice nell’interpretazione delle norme tributarie (anche
anteriori), ma non hanno rango superiore alla legge ordinaria; conseguentemente, non possono
fungere da norme parametro di costituzionalità, né consentire la disapplicazione della norma
tributaria in asserito contrasto con le stesse-cfr.Cass. n. 8145 del 11/04/2011;Cass. n. 8254 del
06/04/2009-.
11.2 Inoltre, la Corte costituzionale ha già dichiarato l’infondatezza della questione di legittimità
costituzionale dell’art. 10 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, nella parte in cui ha prorogato i
termini di decadenza previsti dagli artt. 43 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 (e successive
modificazioni), e 57 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 (e successive modificazioni), per la
notificazione degli avvisi di accertamento delle imposte sui redditi e sul valore aggiunto, non
risultando il contribuente assoggettato ad un potere accertativo sine die, ma soltanto ad una proroga
collegata ad un fatto eccezionale qual è la previsione di un carico di lavoro rilevante in relazione
alla presentazione delle richieste di condono-cfr.Corte cost.n.356/2008-.
12. Col terzo motivo la società contribuente ha dedotto violazione e falsa applicazione dei principi
in tema di operazioni triangolari e dell’art.8 comma 1 lett.a) d.p.r. n.633/1972, in relazione agli
artt.360 comma 1 n.43 c.p.c. e 62 comma 1 d.lgs.n.546/1992.
12.1 Secondo la ricorrente una volta acclarato da parte dell’Ufficio che le bollette doganali, pur
recando l’errore nell’indicazione dell’esportatore, facevano ineludibilmente riferimento
all’esistenza dell’operazione triangolare fra ABB Industria, Ebara Pumps ed Ebara Corporation
Tokyo, il giudice di appello, preso atto dell’impossibilità di rettifica della bolletta dipendente
dell’irreperibilità dell’originale delle bollette, avrebbe dovuto consentire alla società stessa di
fornire la prova della propria qualità con ogni mezzo, considerando gli elementi offerti- contratto di
compravendita, fatture a soggetto estero, pagamento tramite il sistema bancario da parte
dell’acquirente e nulla osta da parte della Dogana di Trento e riconoscimento della rettifica da parte
di altra Amministrazione per le medesime operazioni-.
13. Con il quarto motivo la società contribuente ha dedotto la violazione e falsa applicazione degli
artt.8 lett.a) dpr n.633/1972 e dell’ art.2697 c.c., in relazione all’art.360 comma 1 n.3 c.p.c. Lamenta
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dell’Amministrazione finanziaria e costituiscono, in quanto espressione di principi già immanenti

che il giudice di appello, negando rilevanza ai plurimi elementi fattuali offerti a dimostrazione che
la società contribuente era l’esportatore dell’operazione triangolare intercorsa fra la stessa la ABB
Industria e la Ebara Corporation di Tokyo, aveva fatto scorretta applicazione delle regole in materia
di onere della prova. Anche a volere riconoscere la presunzione di cessione in territorio nazionale
contenuta negli artt.1 dpr n.441/1997 e 48 comma 1 lett.a) dpr n.633/1972, non poteva negarsi la
possibilità di fornire la prova contraria che la società contribuente aveva ampiamente offerto

contenente un errore in ordine al soggetto indicato come esportatore- dal contratto-ordine, dalle
fatture di acquisto da ABB Industria a Ebara Pumps e di vendita da Ebara Pumps a Ebara
Corporation di Tokyo, nonchè dai pagamenti effettuati a mezzo banca-.
l 4.Con il settimo motivo la società contribuente ha dedotto il vizio di omessa, insufficiente e
contrABBittoria motivazione dell’art.360 comma 1 n.5 c.p.c. Lamenta che il giudice di appello non
aveva offerto una corretta esposizione dei fatti di causa, limitandosi a riportarne un’esposizione
senza tuttavia adeguatamente distinguere fra prova dell’esportazione e prova del diritto della società
contribuente ad essere considerato esportatore una volta che lo stesso era in possesso del documento
doganale anche se parzialmente erroneo.
15. L’Agenzia delle Entrate ha dedotto l’inammissibilità dei tre motivi sopra riportati per genericità
e mancanza di autosufficienza, contenendo delle censure che riguardavano, in definitiva, la
motivazione della sentenza e non il vizio di violazione di legge.
15.1 Ha aggiunto che la CTR aveva correttamente ritenuto insussistente la prova dell’esportazione
in assenza dei requisiti fissati dall’art.8 cit. e dall’art.346 tuld, mancando peraltro la prova
dell’esportazione da parte dell’ufficio doganale di destinazione.
16. Le tre censure sopra riportate, che meritano un esame congiunto, stante la loro stretta
connessione, sono infondate.
16.1 Questa Corte ha più volte riconosciuto che in tema di I.V.A., nelle cosiddette “operazioni
triangolari” regolate dal D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 8, lett. a), la prova dell’avvenuta
esportazione richiede la dimostrazione dell’avvenuta uscita della merce dal territorio doganale della
Comunità (cfr. Cass. n. 6351 del 2002, 12608 del 2006).
16.2 Sul punto, infatti, si è ripetutamente affermata la necessità, in ordine alla prova
dell’esportazione, della documentazione prevista dall’art. 8 cit. (cfr., ex plurimis, Cass. 21946/2007
e 5065/1998); sicché non rileva che il trasferimento fisico del bene fuori dall’ambito territoriale
dell’UE possa risultare da elementi conoscitivi indiretti, dovendo l’onere della prova della
presentazione delle merci alla dogana di destinazione, essere fornita con mezzi, aventi carattere di
certezza ed incontrovertibilità, quali possono essere attestazioni di pubbliche amministrazioni del
4

attraverso gli elementi prodotti, rappresentati dalla documentazione doganale vidimata-seppur

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Paese di destinazione dell’avvenuta presentazione delle merci in dogana, mentre documenti di
origine privata, come ad esempio la documentazione bancaria dell’avvenuto pagamento, non
possono costituisce prova idonea allo scopo (Cass.n. 12608/2006; Cass.n. 13221/2001 e Cass.
n.6351/2002).
16.3 Si è pure aggiunto che siccome la prova dell’esportazione a fini IVA coincide, nella sostanza,
con quella prevista dalla normativa doganale, ove sia dimostrata l’obiettiva impossibilità di produrre

fuori dall’ambito territoriale dell’UE nei modi previsti dal D.P.R. n. 43 del 1973, art. 346 anche a
mezzo di:a)attestazioni e certificazioni rilasciate da una dogana o da altre pubbliche
amministrazioni estere;b) attestazioni apposte da autorità estere su documenti doganali emessi a
scorta di merci introdotte nel territorio doganale “a condizione di reciprocità”;c) idonei documenti
di trasporto internazionale.
16.4 Tali conclusioni interpretative sono in piena sintonia con l’esigenza di rigorosa prevenzione
antifrode-cfi-. sempre Cass.n.21809/12-.
16.5 Orbene, sulla base di queste premesse, le censure prospettate dalla società contribuente non
colgono nel segno.
16.6 La società contribuente, sulla quale ricadeva il relativo onere, non ha infatti fornito la prova
rigorosa dell’avvenuta esportazione della merce acquistata dalla società italiana e fatturata alla
società Ebara Corporation vEk Tokyo che qui veniva in discussione e la CTR ha, dunque, fatto piena
e corretta applicazione dei principi appena espressi.
16.7 Giova anzi evidenziare che il tentativo della società contribuente di utilizzare, ai fini della
prova dell’esportazione di cu si è detto, la documentazione doganale relativa a diversa esportazione
che risultava effettuata da un soggetto diverso da quello fornitore della merce-ABB Sadelmi spa- e
che si fondava su fatture diverse da quelle che avrebbero dovuto costituire la prova
dell’esportazione- fatture emesse dalla Ebara Pumps Europe spa nei confronti della propria
consorella Ebara International- si scontra ineludibilmente con la prova rigorosa, ricadente
indiscutibilmente su chi assume di avere diritto alla non imponibilità ai fini IVA di una operazione
commerciale, in ordine all’esportazione della merce.
16.8 L’esistenza, ammessa dalla stessa società contribuente, di operazioni commerciali diverse
collegate all’originaria vendita di motori a pompa dalla ABB Industria spa alla Ebara Pumps
Europe s.p.a.- cessione della merce dalla Ebara International alla ABB Sadelmi, cessione della ABB
Sadelmi alla ABB PGL Svizzera- avrebbe dunque richiesto la prova rigorosa che l’esportazione
indicata dalla società contribuente si riferisse proprio ai beni ceduti dalla ABB Industria alla Ebara
Pumps per essere a loro volta alienati alla Ebara International di Tokyo. Prova che, correttamente,
5

la prescritta documentazione vidimata, può essere consentita la prova dell’uscita del bene ceduto

la CTR non ha potuto ravvisare nella bolletta doganale e nelle fatture riguardanti altra operazione
commerciale che erano state presentate dal soggetto legittimato a compiere le operazioni di
esportazione.
16.9 Pertanto, correttamente e con motivazione esaustiva e congrua la CTR non ha valorizzato la
documentazione indicata dalla società contribuente, in ciò uniformandosi alla giurisprudenza di
questa Corte.

esportazione che avrebbe indicato i beni oggetto della cessione tra ABB Industria, Ebara Pumps e
Ebara International, non riferendosi detta documentazione a detta esportazione non essendovi prova
che la merce ceduta dalla Ebara Pumps alla Ebara International fosse quella riportata dalla bolletta
doganale.
16.11 In altri termini, la Ebara Pumps Europea spa, sulla quale incombeva l’onere di comprovare
l’esportazione della merce alla volta del territorio degli Emirati Arabi Uniti per essere venduta alla
Ebara International di Tokyo, non ha fornito alcun elemento tra quelli richiesti dalla normativa
sopra ricordata e dalla giurisprudenza per ritenere dimostrata l’operazione di esportazione.
16.12 Ragion per cui, l’operazione non poteva che essere considerata come cessione sul territorio
nazionale soggetta ad IVA, alla stregua dell’arti dpr n.441/97. Ne’ a diverse conclusioni sarebbe
stato possibile giungere considerando la condotta degli Uffici di Dogana coinvolti nella richiesta di
rettifica della bolletta doganale proposta dalla società contribuente. A parte, infatti, ogni questione
in ordine al possibilità che il procedimento di revisione, attivato dapprima da Ebara Pumps e ABB
Sadelmi – e solo il 10.12.2012 dallo spedizioniere secondo quanto esposto dalla stessa
contribuente(pag.6 memoria)- come disciplinato dagli artt.74 ss. d.p.r.n.43/1973 potesse
concludersi nel modo auspicato dalla società contribuente, e’ bene evidente che nel caso di specie
la società esportatrice non poteva certo accollare sugli Uffici anzidetti gli effetti della presentazione
in dogana di documentazione relativa a diversa esportazione prodotta nell’interesse della ABB
Sadelmi nei confronti della Ebara International che l’Ufficio di Dogana aveva regolarmente
vidimato, sulla stessa incombendo in via esclusiva l’onere di fornire le prove, secondo i canoni gia’
indicati da questa Corte e sopra ricordati, per dimostrare la ricorrenza dei presupposti per fruire
della non imponibilita’ dell’esportazione.
16.13 D’altra parte, la censura esposta nel settimo motivo è inammissibile nella parte in cui tende
ad ottenere una rivisitazione degli elementi di fatto già esaminati in modo congruo dal giudice di
appello e, in definitiva, ad una revisione del “ragionamento decisorio”, ossia dell’opzione che ha
condotto il giudice del merito ad una determinata soluzione della questione esaminata.

6

16.10 Erra, pertanto, la ricorrente nel ritenere che la stessa era in possesso di un documento di

16.14 Si tratta, a ben considerare, di una richiesta rivolta a compiere un nuovo giudizio di fatto
che, per converso, non compete al giudice di legittimità.E poiché risulta del tutto estranea all’ambito
del vizio di motivazione ogni possibilità per la Corte di cassazione di procedere ad un nuovo
giudizio di merito attraverso l’autonoma, propria valutazione delle risultanze degli atti di causa-cfr.,
fra le tante, Cass.n. n. 5024 del 28/03/2012- la censura non può essere esaminata da questa Corte.17. Con il quinto motivo la società ha dedotto la violazione e falsa applicazione degli artt.8 comma

relazione all’art.360 comma 1 n.3 c.p.c. ed all’art.62 d.lgs.n.546/1992.Lamenta che la mancata
rettifica delle bollette di esportazione era dipesa esclusivamente dalla distruzione dell’originale da
parte della Dogana di La Spezia. Una volta che la Dogana di Trento aveva rilasciato il nulla osta
alla rettifica, il contribuente non poteva subire le colpe dell’amministrazione e doveva avere la
possibilità di provare con ogni mezzo l’esportazione, alla stregua di quanto precisato nei motivi
terzo e quarto.
18. Tale censura è inammissibile per difetto di congruenza fra quesito di diritto e motivazione posta
a base della censura.
18.1 Ed invero, a fronte di una prospettata lesione del principio di affidamento correlato al
contenuto dell’art.10 1.n.212/200 che la società ricorrente fonderebbe sul comportamento tenuto dai
vari Uffici dell’Amministrazione coinvolti nelle attività successive alla richiesta di rettifica delle
bollette di esportazione, la ricorrente ha riproposto identicamente il quesito di diritto prospettato
con riguardo al terzo ed al quarto motivo di ricorso, con i quali si era invece posto a base della
censura la violazione della disciplina in tema di non imponibilità delle operazioni triangolari e
dell’onere

della

prova.

I

19. Con il sesto motivo di ricorso la società ha dedotto violazione e falsa applicazione dell’art.56
d.p.r. n.633/1972 e dell’art.7 1.n.212/2000, nonché dell’art.3 1.n.241/1990, in relazione all’art.360
comma 1 n.4 c.p.c. Lamenta che l’avviso di accertamento era nullo per difetto di motivazione, non
comprendendosi le ragioni che avevano indotto l’amministrazione a non ritenere superata la
presunzione di cessione della merce in territorio italiano.
20. L’Agenzia ha dedotto l’inammissibilità della censura e la sua infondatezza.
21. La censura è inammissibile.
21.1 Ed invero, la CTR, nel rigettare analoga eccezione proposta dalla società contribuente, aveva
affermato che l’avviso di accertamento contiene una esaustiva motivazione per relationem che non
ha arrecato alcun pregiudizio al corretto svolgimento del contrAjattorio, facendo riferimento al
PVC della Circoscrizione doganale di Trento.

7

1 lett.a) dpr n.633/1972 e 2697 c.c. nonché degli artt.10 e 6 quarto comma della 1.n.212/2000, in

Rame DA REGISTRAZIONE
AI SENSI DEL D.P.(. 26e4/191.6
N. 131 TAb. ALL. – N.5
MATERIA TRIBUTAXIA

21.2 Orbene, la censura esposta dalla società contribuente non si rivolge nei confronti dell’operato
del giudice di appello, della cui motivazione la ricorrente si è totalmente disinteressata, invece
rivolgendo le censure rispetto all’attività dell’ufficio finanziario.
21.3 Da qui l’inammissibilità della censura che sarebbe in ogni caso infondata nel merito, sulla base
della ormai consolidata giurisprudenza di questa Corte, a cui tenore che nel regime introdotto dalla
legge 27 luglio 2000, n. 212, art. 7, l’obbligo di motivazione degli atti tributari può essere

atti o documenti, a condizione che questi ultimi siano allegati all’atto notificato o questo ne
riproduca il contenuto essenziale ovvero siano già conosciuti dal contribuente per effetto di
precedente notificazione-cfr.Cass.n.13110/2012-. LAgove, infatti, detto articolo prevede che
debba essere allegato all’atto dell’amministrazione finanziaria ogni documento richiamato nella
motivazione di esso, lo stesso non intende riferirsi ad atti di cui il contribuente abbia già integrale e
legale conoscenza per effetto di precedente notificazione, ponendosi la contraria interpretazione in
contrasto con il criterio ermeneutico basilare che limita al massimo le cause d’invalidità o
d’inammissibilità chiaramente irragionevoli” (cfr. Cass. n.18073/2008). Del resto, è fermo
l’indirizzo di questa Corte secondo il quale la motivazione dell’atto impositivo, avendo la funzione
I

P

di delimitare l’ambito delle ragioni A ‘ i cibili dall’Ufficio nell’eventuale successiva fase
contenziosa e di mettere il contribuente in grado di conoscere l’an ed il quantum della pretesa
tributaria, per approntare idonea difesa, è sufficiente che enunci i criteri astratti sulla cui base è
stato determinato il maggior valore- Cass.14027/12;Cass. n. 8136/12 e Cass. n.5404/12-.
21.4 Ora, è proprio il contenuto degli avvisi di liquidazione riprodotti nel ricorso principale a
dimostrare l’esaustività degli atti emessi dall’amministrazione, sicuramente idonei a mettere in
condizione la società contribuente di difendersi rispetto all’Addebito chiaramente espresso 71
dall’Ufficio proprio con riferimento al mancato riconoscimento della non imponibilità IVA
dell’operazione che la società contribuente riteneva regolata

dall’art.8 comma 1 lett.a) dpr

n.633/1972.

tEPOSITAM W CANCELLEMA

L t..5…6111….2M

22.11 ricorso va pertanto rigettato.
23. Le spese seguono la soccombenza
P.Q.M.
La Corte

Rigetta il ricorso e condanna la società contribuente al pagamento delle spese che liquida in euro
12.000,00 per onorario, oltre spese prenotate a debito.
Così deciso nella camera di consiglio della v sezione civile in Roma il 6 maggio 2013.

adempiuto anche per relationem, cioè mediante il riferimento ad elementi di fatto risultanti da altri

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