Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14183 del 08/07/2020

Cassazione civile sez. VI, 08/07/2020, (ud. 25/02/2020, dep. 08/07/2020), n.14183

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – Presidente –

Dott. LEONE Maria Margherita – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – rel. Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 12872-2019 proposto da:

POSTE ITALIANE SPA (OMISSIS), in persona del legale rappresentante

pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE EUROPA 190,

presso la sede dell’AREA LEGALE TERRITORIALE dell’Istituto medesimo,

rappresentata e difesa dagli avvocati URSINO ANNA MARIA ROSARIA,

CAVUOTO SERGIO;

– ricorrente –

contro

V.D., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA FULCIERI

PAULUCCI DE’ CALBOLI 60, presso lo studio dell’avvocato CIRCI

ANDREA, rappresentato e difeso dall’avvocato DINOI PIETRO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 936/2018 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 13/11/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 25/02/2020 dal Consigliere Relatore Dott. ESPOSITO

LUCIA.

Fatto

RILEVATO

Che:

La Corte d’appello di Firenze confermava la decisione del giudice di primo grado che aveva revocato il decreto ingiuntivo reso in favore di Poste Italiane S.p.A., diretto a ottenere la restituzione di somme per contributi e imposte su emolumenti retributivi corrisposti a V.D. in esecuzione di sentenza di primo grado, successivamente riformata in appello;

avverso la sentenza propone ricorso per cassazione la società sulla base di unico motivo;

V.D. resiste con controricorso;

la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., è stata notificata alla parte costituita, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

con unico motivo la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 38, comma 1, per avere la Corte territoriale escluso la legittimità della pretesa di restituzione dell’importo erogato dal datore di lavoro per oneri fiscali e contributivi, osservando che per il contribuente trova applicazione il meccanismo della deduzione D.P.R. n. 917 del 1986, ex art. 10, comma 1, lett. d-bis, ai fini della presentazione dell’istanza di rimborso;

l’articolato motivo di ricorso è infondato alla luce degli orientamenti di questa Corte (ex plurimis 31655 del 6/12/2018), cui il collegio intende dare continuità, in forza dei quali: a) in tema di rimborso delle imposte sui redditi, ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38, sono legittimati a richiedere alla Amministrazione finanziaria il rimborso delle somme non dovute e ad impugnare l’eventuale rifiuto dinanzi al giudice tributario sia il soggetto che ha effettuato il versamento (cd. ‘sostituto di impostà) sia il percipiente delle somme assoggettate a ritenuta (cd. ‘sostituitò) (si veda Cass. 29 luglio 2015 n. 16105 ed i riferimenti giurisprudenziali ivi contenuti); b) il datore di lavoro, salvi i rapporti col fisco, può ripetere l’indebito nei confronti del lavoratore nei limiti di quanto effettivamente percepito da quest’ultimo, restando esclusa la possibilità di ripetere importi al lordo di ritenute fiscali mai entrate nella sfera patrimoniale del dipendente (cfr. Cass. 20 luglio 2018, n. 19459; Cass. 29 gennaio 2018, n. 2135; Cass. 24 maggio 2018 n. 12933, Cass. 2 febbraio 2012, n. 1464; in tali termini anche Consiglio di Stato, Sez. 6, 2 marzo 2009 n. 1164 con riguardo al rapporto di pubblico impiego);

non incide sul delineato costrutto il disposto del citato D.P.R. n. 917 del 1986, art. 10, comma 1 lett. d-bis, norma che riconosce al lavoratore la facoltà di dedurre dal reddito complessivo le somme restituite al soggetto erogatore o chiedere il rimborso dell’imposta, pur con oneri (di tempestivo inoltro di istanze) e limiti (quanto alla deducibilità);

il ricorso, pertanto, deve essere rigettato;

le spese del giudizio sono liquidate secondo soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 2200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15 e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Depositato in Cancelleria il 8 luglio 2020

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA