Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14182 del 12/07/2016


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Cassazione civile sez. I, 12/07/2016, (ud. 01/06/2016, dep. 12/07/2016), n.14182

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Presidente –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 25867/2011 proposto da:

T.F. (C.F. (OMISSIS)), C.S.

(C.F. (OMISSIS)), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA

FILIPPO ERMINI, 68, presso l’avvocato CLAUDIA SALUSTRI,

rappresentati e difesi dall’avvocato PAOLO MOMARONI, giusta procura

in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

UNICREDIT S.P.A.;

– intimata –

nonchè da:

UNICREDIT S.P.A. (c.f. (OMISSIS)), nella quale sono fuse per

incorporazione UNICREDIT BANCA S.P.A., UNICREDIT BANCA DI ROMA

S.P.A., BANCO DI SICILIA S.P.A., UNICREDIT PRIVATE BANKING

S.P.A., UNICREDIT CORPORATE BANKING S.P.A., UNICREDIT FAMILY

FINANCING BANK S.P.A. e UNICREDIT BANCASSURANCE MANAGEMENT

&

ADMINISTRATION S.C.R.L., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ANAPO 20, presso

l’avvocato CARLA RIZZO, rappresentata e difesa dall’avvocato NERIO

ZUCCACCIA, giusta procura speciale per Notaio CARLO VICO di

BOLOGNA – Rep. n. 115840/33105 del 29.10.2010;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

T.F., C.S.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 298/2010 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA,

depositata il 03/08/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

01/06/2016 dal Consigliere Dott. LOREDANA NAZZICONE;

udito, per i ricorrenti, l’Avvocato MOMARONI PAOLO che si riporta

ed insiste nell’accoglimento del proprio ricorso;

udito, per la controricorrente e ricorrente incidentale, l’Avvocato

RIZZO CARLA che si riporta;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CAPASSO Lucio, che ha concluso per il rigetto di entrambi i ricorsi.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Corte d’appello di Perugia con sentenza del 3 agosto 2010, in parziale riforma della sentenza del Tribunale della stessa città, ha condannato in solido gli odierni ricorrenti in favore di Unicredit Banca s.p.a. al pagamento della somma di Euro 35.732,97, oltre interessi legali, in relazione a rapporto di conto corrente bancario, reputando infondata l’eccezione di prescrizione sollevata con riguardo alla ripetizione degli interessi anatocistici e nulla la clausola di capitalizzazione trimestrale degli stessi.

Ha ritenuto la corte territoriale, per quanto ancora qui di rilievo, che: a) la banca ha prodotto tutti i documenti richiesti con l’ordine di esibizione ad essa impartito in primo grado, producendo “imponente documentazione”; b) nessun rilievo, neppure indiziario, ha la “confessione” di T.L. di avere sottoscritto alcuni moduli col nome del fratello su invito del dipendente bancario, dato l’interesse del fideiussore ad invalidare le operazioni in questione;

c) la c.t.u. grafica è stata effettuata sulla documentazione completa e la consulente ha sempre pienamente rispettato il contraddittorio, concludendo per l’autenticità di tutte le firme; d) la c.t.u. contabile ha ricostruito l’entità della somma dovuta, depurandola dall’anatocismo, nè al riguardo è decorso il termine prescrizionale per l’azione di indebito, avendo sin dall’origine gli attori chiesto la ricostruzione dei corretti rapporti dare-avere tra le parti; e) la banca aveva interesse a chiamare in causa C., al fine di ottenerne la condanna in solido come fideiussore, qualità dal medesimo mai contestata; f) il costo della c.t.u. contabile va posto a carico di ciascuna parte per la metà, in ragione del sola parziale accoglimento delle pretese attoree.

Avverso la sentenza propongono ricorso soccombenti sulla base di un solo, sebbene complesso, motivo, illustrato pure da memoria; resiste la banca con controricorso, contenente ricorso incidentale per due motivi.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – Con l’unico complesso motivo, i ricorrenti censurano la sentenza impugnata, a norma dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per motivazione contraddittoria, in quanto:

a) il giudizio di primo grado è affetto da carenza probatoria e la banca non ha ivi prodotto i documenti oggetto dell’ordine di esibizione, mentre il primo giudice correttamente aveva disposto il deposito del “rendiconto” da parte della banca, nè la corte territoriale avrebbe potuto, pena il vizio di ultrapetizione, affermare che quell’ordine fosse illegittimo; nè è vero che il correntista non aveva contestato gli estratti conto inviatigli;

inoltre, la dichiarazione di T.L. di avere apposto alcune firme a nome del fratello non era stata adeguatamente valorizzata come confessione dalla corte d’appello; ha errato la corte del merito nel reputare esibiti degli originali da parte della banca ed il c.t.u. non ha chiarito su quali documenti abbia lavorato;

b) la c.t.u. grafica è nulla per violazione del contraddittorio, non avendo avvisato le parti di un rinvio, e non avendo sottoposto a verifica tutte le firme del correntista;

c) la c.t.u. contabile è nulla perchè non eseguita su documenti originali o non leggibili, mentre si fonda su deduzioni;

d) la banca non aveva interesse a chiamare in giudizio il fideiussore, nè vi era prova di tale qualità;

e) ha posto a carico delle parti, per metà ciascuna, le spese della c.t.u. contabile, mentre doveva porle per intero a carico della banca.

La ricorrente incidentale ha proposto, dal suo canto, due motivi di ricorso, con i quali deduce: 1) l’omessa ed insufficiente motivazione circa il rigetto dell’eccezione di prescrizione, posto che la domanda originaria di controparte del 1994 riguardava solo pretesi addebiti per operazioni a firma falsa del correntista, e non l’applicazione di interessi anatocistici, domanda introdotta solo nel 2004 a fronte di un conto corrente chiuso sin dal 1989; 2) la violazione degli art. 2943 c.c., comma 2 e art. 2935 c.c., per non avere in tal modo la sentenza impugnata rispettato dette disposizioni.

2. – Il ricorso principale è inammissibile, sotto plurimi motivi.

In primo luogo, il ricorso – di per sè quasi inintellegibile –

difetta di autosufficienza.

Ed invero, anche nel caso di deduzione del vizio di motivazione, per irrituale od omessa ammissione di prove ovvero di omessa od inesatta valutazione di atti o documenti prodotti in giudizio, la parte ricorrente è onerata da quanto previsto dall’art. 366 c.p.c., in modo da rendere immediatamente apprezzabile da parte della Corte il vizio dedotto.

Costituisce principio costante (fra le altre, Cass. 15 luglio 2015, n. 14784) che il ricorso per cassazione, per rispettare detto principio, debba contenere in sè tutti gli elementi necessari a costituire le ragioni per cui si chiede la cassazione della sentenza di merito e, altresì, a permettere la valutazione della fondatezza di tali ragioni, senza la necessità di far rinvio ed accedere a fonti esterne allo stesso ricorso e, quindi, ad elementi o atti attinenti al pregresso giudizio di merito, sicchè il ricorrente ha l’onere di indicarne specificamente, a pena di inammissibilità, oltre al luogo in cui ne è avvenuta la produzione, gli atti processuali ed i documenti su cui il ricorso è fondato mediante la riproduzione diretta del contenuto che sorregge la censura oppure attraverso la riproduzione indiretta di esso con specificazione della parte del documento cui corrisponde l’indiretta riproduzione.

In secondo luogo, il vizio di contraddittoria motivazione denunciabile con ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, si configura solo quando nel ragionamento del giudice di merito sia riscontrabile un insanabile contrasto tra le argomentazioni adottate, tale da non consentire la identificazione del procedimento logico giuridico posto a base della decisione. Ma detti vizi non possono, peraltro, consistere nella difformità dell’apprezzamento dei fatti e delle prove dato dal giudice del merito rispetto a quello preteso dalla parte, perchè spetta solo a quel giudice individuare le fonti del proprio convincimento e a tale fine valutare le prove, controllarne la attendibilità e la concludenza, scegliere tra le risultanze istruttorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, dare prevalenza all’uno o all’altro mezzo di prova.

In verità i ricorrenti, sotto l’egida del vizio di motivazione, mirano a ripetere in toto il giudizio di fatto.

3. – Il ricorso incidentale condizionato è inammissibile.

Ai fini dell’ammissibilità del ricorso per cassazione, sotto il profilo della sussistenza della procura speciale al difensore iscritto nell’apposito albo, richiesta dall’art. 365 c.p.c., è essenziale, da un lato, che la procura sia rilasciata in epoca anteriore alla notificazione del ricorso e, dall’altro, che essa investa il difensore espressamente del potere di proporre ricorso per cassazione contro una sentenza determinata (fra le altre, Cass. 28 marzo 2006, n. 7084).

La banca ha prodotto invece, oltretutto in fotocopia, una procura della cui qualificazione come generale non è dato dubitare, posto che essa si riferisce “alle liti” e viene, inoltre, conferita ad un elenco di difensori di cui ad un allegato, neppure prodotto in giudizio.

4. – Le spese vengono interamente compensate, per la reciproca soccombenza.

PQM

La Corte dichiara inammissibili il ricorso principale e il ricorso incidentale; compensa fra le parti le spese di lite.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 10 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 12 luglio 2016

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