Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14182 del 08/07/2020

Cassazione civile sez. VI, 08/07/2020, (ud. 25/02/2020, dep. 08/07/2020), n.14182

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – Presidente –

Dott. LEONE Maria Margherita – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – rel. Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 12684-2019 proposto da:

P.C.C., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA

CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa

dall’avvocato BARTOLINI ENRICO;

– ricorrente –

contro

AZIENDA COMUNALE MANERBIO ACM SRL, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA,

PIAZZA GIOVINE ITALIA 7, presso lo studio dell’avvocato CARNEVALI

RICCARDO, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato

ROMERIO AURORA MARIA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 391/2018 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA,

depositata il 23/11/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 25/02/2020 dal Consigliere Relatore Dott. ESPOSITO

LUCIA.

Fatto

RILEVATO

Che:

La Corte d’appello di Brescia, per quello che in questa sede interessa, in riforma della sentenza di primo grado, riduceva a Euro 5.000,00 il risarcimento del danno da demansionamento riconosciuto nei confronti di P.C.C., dipendente della società Azienda Comunale Manerbio ACN s.r.l., con riferimento al periodo ottobre 2012 – maggio 2014;

la Corte d’appello riteneva fondata la pretesa risarcitoria della lavoratrice in relazione al complesso dei pregiudizi dedotti quanto al danno esistenziale, biologico e alla personalità lavorativa derivatone, ravvisando una lesione dell’immagine professionale sminuita di fronte a colleghi e utenti, con conseguente sofferenza morale, riscontrata dalla presenza di episodi depressivi di moderata gravità, mentre riteneva non provato il danno alla professionalità, inteso come il depauperamento del bagaglio di capacità professionali;

avverso la sentenza propone ricorso per cassazione la lavoratrice sulla base di due motivi, illustrati con memoria;

la società resiste con controricorso;

la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., è stata notificata alla parte costituita, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

con il primo motivo la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1218,1223 e 2697 c.c. (art. 360 c.p.c., n. 3), poichè la Corte d’appello non aveva ritenuto dimostrabile attraverso presunzioni il danno alla professionalità da demansionamento subito;

con il secondo motivo deduce omesso esame circa fatti decisivi per il giudizio oggetto di discussione tra le parti (art. 360 c.p.c., n. 5), rilevando che la Corte territoriale non aveva esaminato i requisiti sintomatici del danno alla professionalità dedotti dalla lavoratrice e accertati dal Tribunale, quali la durata del demansionamento;

i motivi, da trattare unitariamente, sono infondati;

la sentenza, infatti, facendo ricorso al ragionamento presuntivo e sulla scorta degli elementi sintomatici enunciati dalla ricorrente, ha individuato un danno esistenziale e alla personalità lavorativa da demansionamento, senza ravvisare, tuttavia, alcuna lesione alla professionalità (intesa come perdita del bagaglio di capacità professionali, che si assume neppure individuata nelle sue manifestazioni dalla lavoratrice), sul rilievo di parte appellante riguardo all’avvenuta collocazione professionale della Provaglio in altra azienda del settore con qualifica e mansioni pertinenti al proprio bagaglio professionale e nell’ottica di evitare ogni duplicazione rispetto ad altre voci di danno non patrimoniale riconosciute e accomunate dalla medesima fonte causale (Cass. n. 20980 del 30/09/2009);

il ricorso, pertanto, deve essere rigettato, non ravvisandosi alcun vizio attinente all’applicazione del ragionamento presuntivo e non essendo stati trascurati gli elementi sintomatici del demansionamento;

le spese del giudizio sono liquidate secondo soccombenza.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 2200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15 % e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 25 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 8 luglio 2020

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