Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14182 del 05/06/2013


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 14182 Anno 2013
Presidente: MERONE ANTONIO
Relatore: TERRUSI FRANCESCO

SENTENZA

sul ricorso 23670-2008 proposto da:
OCALP DI PUPPO BRUNO & C. SNC in persona del legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato
in ROMA PIAZZA GONDAR 22, presso lo studio
dell’avvocato ANTONELLI MARIA, che lo rappresenta e
difende unitamente agli avvocati ODINO LUIGI, GIANNI
2013

MARONGIU giusta delega in calce;
– ricorrente –

1419

contro

COMUNE DI GENOVA;
– intimato –

Nonché da:

Data pubblicazione: 05/06/2013

COMUNE DI GENOVA in persona del Sindaco pro tempore,
elettivamente domiciliato in ROMA VIALE GIULIO CESARE
14 A-4, presso lo studio dell’avvocato PAFUNDI
GABRIELE, che lo rappresenta e difende unitamente
all’avvocato ODONE EDDA giusta delega a margine;
– controricorrente incidentale –

OCALP DI PUPPO BRUNO & C. SNC;

intimato

avverso la sentenza n. 117/2007 della COMM.TRIB.REG.
di GENOVA, depositata il 23/01/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 18/04/2013 dal Consigliere Dott.
FRANCESCO TERRUSI;
udito per il controricorrente l’Avvocato PAFUNDI che
si riporta;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ENNIO ATTILIO SEPE che ha concluso per
il rigetto del ricorso principale, assorbito
l’incidentale.

contro

23670-08

Svolgimento del processo
Con sentenza in data 23.1.2008 la commissione tributaria
regionale della Liguria, accogliendo l’appello del comune
di Genova, ha dichiarato dovuta dalla società Ocalp di
Puppo Bruno e c. s.n.c. la Tarsu relativa all’anno 2005,

per un’area di 97 mq. destinata a magazzino.
Ha argomentato che l’annullamento in sede giurisdizionale
della delibera di approvazione della relativa tariffa non
poteva esonerare il contribuente dal pagamento
dell’imposta, la quale doveva essere commisurata alla
tariffa riguardante l’ annualità anteriore, in base alla
delibera, non impugnata, che ne aveva determinato l’
ammontare.
La società ha proposto ricorso per cassazione in cinque
motivi.
Il comune ha resistito con controricorso e ha proposto un
motivo di ricorso incidentale condizionato. Ha infine
depositato una memoria
Motivi della decisione
I. – Col primo mezzo la ricorrente deduce la nullità del
procedimento per violazione dell’art. 112 c.p.c., avendo
la sentenza dichiarato, in mancanza di domanda di parte,
l’applicabilità di una tariffa diversa da quella posta a
base dell’avviso di accertamento; segnatamente
l’applicabilità dell’ultima vigente prima di quelle
annullate.
Il mezzo è infondato.

1

La decisione,

sulla base della sotto evidenziata

interpretazione dell’art. 69,

10 co., d. lgs. n. 507 del

1993, ha proceduto alla quantificazione della pretesa
erariale restando nell’ambito della pretesa azionata con
l’atto impositivo.
Al riguardo, non può sussistere l’invocata violazione

dell’art. 112 c.p.c. perché non incorre in vizio di
ultrapetizione il giudice che, fermi restando i fatti
addotti dall’amministrazione a sostegno della propria
pretesa e senza immutare il

petitum,

proceda alla

riqualificazione giuridica della fattispecie (v. Cass. n.
3936-02; nonché Cass. n. 21221-06; n. 22932-05 e n. 2039805) ovvero alla definizione del quantum della pretesa alla
luce della normativa in effetti applicabile.
– Col secondo motivo, la ricorrente denunzia la
violazione e la falsa applicazione dell’art. 69, 1° co.,
del d. lgs. n. 507/1993, sul rilievo che la commissione
tributaria regionale avrebbe errato nel dichiarare
applicabile alla fattispecie la proroga che la citata
disposizione prevede per il solo caso di mancata
tempestiva approvazione della tariffa; e dunque per il
caso di inerzia dell’organo comunale nell’approvazione
della tariffa, anziché per il caso – qui rilevante – di
intervenuto annullamento della determinazione
amministrativa positivamente adottata.
Il motivo è infondato.
Questa corte ha ripetutamente affermato (v. tra le tante
Cass. n. 2201-11; n. 16715-10; n. 8875-10) che, in tema di

2

tassa sui rifiuti, dalla disposizione dell’art. 69, 1°
co., cit. può ricavarsi un principio di carattere
generale, secondo il quale la pronuncia di annullamento
del giudice amministrativo, per illegittimità, di una
delibera tariffaria ha come conseguenza non già la
liberazione del contribuente da qualsiasi obbligo di

pagamento per il servizio di raccolta rifiuti, bensì
l’applicazione della tariffa vigente in precedenza.
Ne consegue che il contribuente non è liberato
dall’obbligo di pagamento per il servizio di raccolta dei
rifiuti, continuando, invece, a trovare applicazione, ai
sensi della predetta norma, giustappunto la tariffa
precedentemente vigente. Egli può chiedere soltanto lo
sgravio per la parte di tariffa eventualmente superiore,
richiesta dal comune sulla scorta degli atti poi
annullati, o il rimborso della differenza del maggiore
importo eventualmente versato.
III. – Col terzo motivo è dedotta la violazione e la falsa
applicazione dell’art. 69, 3° co., e 72 del d. lgs. n.
507/1993, in base al quesito di diritto se sia conforme ai
parametri normativi indicati l’interpretazione secondo la
quale, in caso di acclarata illegittimità della delibera
tariffaria presupposta dall’avviso, il comune possa
esigere la tassa attraverso le opportune nuove
deliberazioni senza più incorrere negli ordinari termini
di decadenza.
Il motivo è inammissibile.

3

Benché rinvenendosi un

(per vero non perspicuo)

riferimento dell’impugnata sentenza a una “correttezza
sostanziale” dell’azione amministrativa, genericamente
affermata come impeditiva di ogni decadenza, osserva la
corte che i dedotti termini di decadenza non rilevano nel
caso di specie, in quanto semplicemente si discorre di

esercizio del potere impositivo.
Rispetto a simile esercizio, altra invero è l’attuale
allusione all’istituto ex art. 72 del d. lgs. n. 507 del
1993, riferito alla formazione dei ruoli e alla consegna
al concessionario, stante che dalla sentenza non risulta
esser stata eccepita una decadenza in tal senso, da parte
della contribuente, durante il giudizio di merito.
Cosicché il motivo, in prospettiva di autosufficienza, non
è idoneo a superare il rilievo di novità della questione
sottostante.
IV. – Pure inammissibili sono il quarto e il quinto mezzo.
Nel quarto, dove è indistintamente dedotta l’omessa,
insufficiente o contraddittoria motivazione su punto
decisivo (art. 360, n. 5, c.p.c.), non è infine
specificato il fatto controverso.
Nel quinto, dove è dedotto il vizio di omessa pronuncia
sul profilo, asseritamente consegnato al giudizio di
merito, di intassabilità dell’area ai fini della Tarsu
(per essere stata la stessa produttiva di rifiuti
speciali), la censura è malposta, avendo la commissione
tributaria regionale ritenuto assorbita la questione
suddetta.

4

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Del che dà atto la stessa ricorrente.
Per cui, diversamente da quanto sostenuto nel motivo, la
pronuncia esiste negli specifici termini considerati, e
l’eventualità di un errore da parte del giudice di merito
circa la valutazione al riguardo espressa non è deducibile

V. – Conclusivamente il ricorso principale è rigettato.
L’incidentale è assorbito.
Spese alla soccombenza.
P.q.m.
La Corte rigetta il ricorso principale, dichiara assorbito

l’incidentale e condanna la società alle spese
processuali, che liquida in euro 2.200,00, di cui euro
2.000,00 per compensi, oltre accessori di legge.
Deciso in Roma, nella camera di consiglio della quinta
sezione civile, addì 18 aprile 2013.
1

Il Cons gliere este ore
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come violazione dell’art. 112 c.p.c.

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