Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14181 del 27/06/2011

Cassazione civile sez. II, 27/06/2011, (ud. 23/03/2011, dep. 27/06/2011), n.14181

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAZZIOTTI DI CELSO Lucio – Presidente –

Dott. BUCCIANTE Ettore – Consigliere –

Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –

Dott. MANNA Felice – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 24817/2005 proposto da:

TELEFONARE DI SABATO LECCE & C DITTA SAS P.I. (OMISSIS) IN

PERSONA DEL SUO LEGALE RAPPRESENTANTE P.T. SIG. L.S.,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA SAVOIA 33, presso lo studio

dell’avvocato VESCUSO GIUSEPPE, rappresentato e difeso dall’avvocato

PALO DAMIANO;

– ricorrente –

contro

F.A.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 681/2004 del GIUDICE DI PACE di EBOLI,

depositata il 28/08/2004;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

23/03/2011 dal Consigliere Dott. PASQUALE D1ASCOLA;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

RUSSO Libertino Alberto, che ha concluso per l’inammissibilità del

ricorso.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Il 30 gennaio/1 febbraio 2003 F.A. evocava in giudizio la sas Telefonare di Sabato Lecce & C per la risoluzione del contratto di compravendita di un apparecchio telefonico, la restituzione del prezzo di 145,00 Euro e “il risarcimento dei danni subiti, oltre gli interessi legali”.

Il giudice di pace di Eboli, considerata la resistenza della società convenuta, accoglieva la domanda di risoluzione del contratto con sentenza del 28 agosto 2004. Respingeva la “richiesta di risarcimento danni”.

La società soccombente ha proposto immediato ricorso per cassazione, notificato il 5 ottobre 2005. F. è rimasto intimato.

Il ricorso espone tre motivi:

a) violazione della normativa in tema di prodotti difettosi (D.P.R. n. 224 del 1988) e di vendita dei beni di consumo (D.Lgs. n. 115 del 1995).

b) violazione delle stesse normative e della Direttiva CEE 1999/44 in relazione all’art. 1519 quater c.c., comma 8;

c) vizio di motivazione – violazione dell’art. 106 c.p.c. e art. 113 c.p.c., comma 2 – violazione del principio informatore della materia, in relazione (a quanto si comprende) alla omessa chiamata in causa del produttore dell’apparecchio telefonico.

Il ricorso è inammissibile, poichè la sentenza del giudice di pace doveva essere impugnata con il rimedio dell’appello. Trattandosi di rilievo processuale, è consentito alla Corte di legittimità l’esame degli atti di causa.

La domanda proposta al giudice di pace cumulava l’azione di risoluzione con la domanda risarcitoria. La liquidazione del danno non era quantificata, rimettendosi l’attore alla liquidazione equitativa del giudice. Ai fini del valore, la citazione indicava specificamente che la pretesa era contenuta “nei limiti della competenza per valore del giudice adito” (pag. 2 citazione).

Ne consegue che il limite delle domande non fu circoscritto nell’ambito della cognizione di equità del giudice di pace – che è di Euro millecento ex art. 113 c.p.c., comma 2 – ma fu esteso fino al massimo della competenza di cui all’art. 7 c.p.c., comma 1.

Detta norma fissava all’epoca in Euro 2582,28 il limite della competenza per valore del giudice di pace.

L’art. 339 c.p.c., comma 2, prevedeva all’epoca e ancora oggi stabilisce che è inappellabile la sentenza che il giudice ha pronunciato secondo equità a norma dell’art. 114.

Nel giudizio innanzi al giudice di pace, qualora la domanda avente ad oggetto la richiesta di risarcimento dei danni sia proposta con l’espressa indicazione della quantificazione del danno comunque entro i limiti della competenza per valore di detto giudice, deve escludersi che la stessa sia stata contenuta entro il limite stabilito dall’art. 113 cod. proc. civ., per la decisione della causa secondo equità e, conseguentemente, la sentenza è impugnabile con l’appello (Cass. 9138/07; v anche 4890/07).

La ricorrente non poteva quindi rivolgersi omisso medio alla Suprema Corte, con il ricorso ex art. 360 c.p.c., e segg..

Discende da quanto esposto la declaratoria di inammissibilità del ricorso. Non segue la pronuncia sulla refusione delle spese di lite, in mancanza di attività difensiva dell’intimato.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 23 marzo 2011.

Depositato in Cancelleria il 27 giugno 2011

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