Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14180 del 07/06/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 07/06/2017, (ud. 08/02/2017, dep.07/06/2017),  n. 14180

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ANTONIO Enrica – Presidente –

Dott. BERRINO Umberto – rel. Consigliere –

Dott. DORONZO Adriana – Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 13928-2011 proposto da:

S.F., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

PIAZZA COLA DI RIENZO 69, presso lo studio dell’avvocato PAOLO BOER,

che lo rappresenta e difende giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, C.F. (OMISSIS),

in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura

Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati LUIGI

CALIULO, SERGIO PREDEN, ANTONELLA PATTERI, GIUSEPPINA GIANNICO,

giusta delega in calce alla copia notificata del ricorso;

– resistente con mandato –

avverso la sentenza n. 1088/2010 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

depositata il 07/09/2010 r.g.n. 246/09;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

08/02/2017 dal Consigliere Dott. UMBERTO BERRINO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GIACALONE Giovanni, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato CARLO DE ANGELIS per delega verbale BOER PAOLO;

udito l’Avvocato SERGIO PREDEN.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Corte d’appello di Catanzaro ha rigettato l’impugnazione proposta da S.F. avverso la sentenza del Tribunale di Crotone che gli aveva respinto la domanda volta al riconoscimento della pensione di anzianità negatagli dall’Inps sulla scorta della ritenuta non trasformabilità dell’assegno di invalidità, già in godimento, nella prestazione richiesta sulla base della contribuzione maturata nel periodo di collocamento in mobilità.

Nel confermare l’impugnata decisione la Corte di merito ha spiegato che non era possibile una tale trasformazione in ragione della sostanziale diversità del beneficio reclamato rispetto a quello già goduto dal S., posto che la pensione di anzianità rappresentava un premio per la fedeltà al servizio e non era comparabile con le altre forme previdenziali comprese nell’area di tutela dell’art. 38 Cost.. Quindi, ha aggiunto la Corte, l’accreditamento della contribuzione durante il periodo di mobilità lunga era utile al fine del conseguimento della pensione di vecchiaia e non di quella di anzianità.

Per la cassazione della sentenza ricorre il S. con un solo motivo, illustrato da memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c.

Rimane solo intimato l’Inps.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con un solo motivo il ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione della L. n. 222 del 1984, art. 1, commi 8, 9 e 10, del D.L. 19 maggio 1997, n. 129, art. 3, comma 4, convertito nella L. 18 luglio 1997, n. 229, assumendo quanto segue: – Egli era titolare di assegno ordinario di invalidità a decorrere dal mese di novembre del 1989; nel corso del 1999 era stato posto in mobilità lunga dalla sua azienda, ricevendo la relativa indennità; nel mese di giugno del 2005, scaduta la mobilità lunga e maturati i requisiti, aveva chiesto la pensione di anzianità; tale prestazione gli era stata negata sul presupposto che l’assegno di invalidità non era soggetto a trasformarsi in pensione di anzianità; che la Corte d’appello, nel confermare la decisione di rigetto della domanda, non aveva considerato che si era in presenza di una fattispecie particolare che escludeva l’applicazione della L. n. 222 del 1984, normativa, questa, richiamata nell’impugnata sentenza ai fini della decisione di rigetto del gravame; invero, la procedura speciale della mobilità lunga comportava una deroga alla disciplina generale; la stessa Corte non aveva considerato che l’assegno di invalidità era stato sospeso durante il periodo di mobilità, in quanto incompatibile con l’indennità prevista da tale disciplina speciale; quindi, la stessa Corte male aveva fatto a non considerare che nella fattispecie il diritto alla pensione di anzianità non sorgeva per effetto della trasformazione dell’assegno di invalidità in pensione di anzianità, ma in forza di un rapporto autonomo, rappresentato dalla sua inclusione nelle liste di mobilità lunga; anche a voler considerare insuperabile l’affermazione della Corte d’appello secondo la quale l’assegno di invalidità poteva trasformarsi solo in pensione di vecchiaia e non di anzianità, la conseguenza non poteva essere il diniego di quest’ultima provvidenza, in quanto avrebbe dovuto essergli garantito il riconoscimento del diritto alla conservazione del trattamento di mobilità fino al compimento dell’età pensionabile.

Il ricorso è infondato.

Invero, le sezioni unite di questa Corte (S.U. n. 9492 del 19.5.2004) hanno statuito che “nel vigente ordinamento previdenziale non è configurabile nè un principio generale di immutabilità del titolo della pensione nè il principio inverso, di portata ugualmente generale, del diritto al mutamento del suddetto titolo, atteso che il carattere frammentario del sistema normativo impone soluzioni diverse in relazione alla disciplina dei singoli istituti. Pertanto deve ritenersi consentita la conversione della pensione di invalidità in pensione di vecchiaia, ove di questa siano maturati tutti i requisiti anagrafici e contributivi, e ciò sia in forza del disposto della L. n. 222 del 1984, art. 1 (che ha introdotto la regola della trasformazione dell’assegno di invalidità in pensione di vecchiaia), sia per la natura del rischio protetto, che accomuna le due forme di tutela, le quali in attuazione dell’art. 38 Cost. garantiscono il diritto dei lavoratori a mezzi adeguati alle loro esigenze di vita per i casi di invalidità e vecchiaia. Per contro, non è possibile la conversione del trattamento di invalidità in pensione di anzianità sulla base della anzianità contributiva e assicurativa raggiunta con la prosecuzione dell’attività lavorativa (in relazione alla quale è possibile solo la liquidazione di supplementi di pensione), in ragione della sostanziale diversità di questo beneficio, che rappresenta un riconoscimento ed un premio per la fedeltà al servizio e non è comparabile con le altre forme previdenziali comprese nell’area di tutela dell’art. 38 Cost., nè rileva a questo fine il disposto della L. n. 153 del 1969, art. 22 che stabilisce l’equiparazione tra pensione di anzianità e pensione di vecchiaia solo con riferimento al momento in cui si pervenga al compimento dell’età stabilita per il pensionamento di vecchiaia.” (in senso conforme v. Cass. sez. lav. n. 15084 del 6.6.2008).

Si è, altresì, precisato (Cass. Sez. 6 L., Ordinanza n. 29015 del 27.12.2011) che “la trasformazione della pensione d’invalidità in pensione di vecchiaia al compimento dell’età pensionabile è possibile ove di tale ultima pensione sussistano i requisiti propri anagrafico e contributivo, non potendo essere utilizzato, ai fini di incrementare l’anzianità contributiva, il periodo di godimento della pensione d’invalidità. Infatti, deve escludersi la possibilità di applicare alla pensione d’invalidità la diversa regola prevista dalla L. n. 222 del 1984, art. 1, comma 10, in riferimento all’assegno d’invalidità – secondo cui i periodi di godimento di detto assegno nei quali non sia stata prestata attività lavorativa si considerano utili ai fini del diritto alla pensione di vecchiaia – giacchè ostano a siffatta operazione ermeneutica la mancanza di ogni previsione, nella normativa sulla pensione d’invalidità, della utilizzazione del periodo di godimento ai fini dell’incremento dell’anzianità contributiva, il carattere eccezionale delle previsioni che nell’ordinamento previdenziale attribuiscono il medesimo incremento in mancanza di prestazione di attività lavorativa e di versamento di contributi, nonchè le differenze esistenti tra la disciplina sulla pensione d’invalidità e quella sull’assegno d’invalidità, laddove quest’ultimo, segnatamente, è sottoposto a condizioni più rigorose, anche e soprattutto rispetto al trattamento dei superstiti. (conf. a Cass. Sez. L., n. 18580 del 7.7.2008).

In pratica, l’infondatezza del ricorso discende dal fatto che il ricorrente, nel tentativo di eludere i principi giurisprudenziali consolidati sopra menzionati, egira il richiamo alla disciplina della mobilità lunga che, a suo dire, quale disciplina speciale, prevarrebbe su quella della L. n. 222 del 1994.

In realtà il presupposto è l’esatto opposto in quanto il beneficio del quale si pretende la trasformazione è l’assegno ordinario di invalidità e l’eventuale contribuzione dovuta ad altra attività, come quella riferita alla mobilità lunga, rileva solo ai fini del supplemento di cui alla L. 23 aprile 1981, n. 155, art. 7 come correttamente evidenziato nell’impugnata sentenza.

Infatti, la L. n. 222 del 1984, art. 1, comma 9, stabilisce quanto segue: “I periodi di contribuzione effettiva, volontaria e figurativa, successivi alla decorrenza originaria dell’assegno, sono utili ai fini della liquidazione di supplementi secondo la disciplina di cui alla L. 23 aprile 1981, n. 155, art. 7. In caso di nuova liquidazione dell’assegno di invalidità, l’ammontare dello stesso sarà determinato in misura non superiore all’assegno precedentemente liquidato, incrementato dagli aumenti di perequazione automatica e maggiorato per effetto della contribuzione successivamente intervenuta, valutata secondo la disciplina dell’art. 7 sopra citato.”.

Tra l’altro, il ricorso denota anche un profilo di inammissibilità per difetto di autosufficienza in quanto non è spiegato quali sarebbero stati i periodi contributivi antecedenti alla mobilità lunga che avrebbero potuto consentire al ricorrente di maturare i requisiti per il conseguimento dell’invocata pensione di anzianità.

In definitiva, il ricorso va rigettato.

Non va adottata alcuna statuizione in ordine alle spese nei confronti dell’Inps che è rimasto solo intimato.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese.

Così deciso in Roma, il 8 febbraio 2017.

Depositato in Cancelleria il 7 giugno 2017

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