Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14175 del 07/06/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 07/06/2017, (ud. 24/01/2017, dep.07/06/2017),  n. 14175

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI CERBO Vincenzo – Presidente –

Dott. CURCIO Laura – Consigliere –

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere –

Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 22186/2014 proposto da:

SAN MARCO INTERACTIVE S.R.L. P.I. (OMISSIS), già C.G. SOLUZIONI

S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore, C.G.

IMMOBILIARE & SERVIZI S.R.L. P.I. (OMISSIS), in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliati in

ROMA, PIAZZALE CLODIO 14, presso lo studio dell’avvocato ANDREA

GRAZIANI, rappresentati e difesi dall’avvocato GIANFRANCO RENIER,

giusta delega in atti;

– ricorrenti –

contro

C.G. C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA GOMENIZZA 3, presso lo studio dell’avvocato MICHELINO LUISE, che

lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato FLAVIO MATTIUZZO,

giusta delega in atti;

– controricorrente –

e contro

FALLIMENTO (OMISSIS) S.R.L., FALLIMENTO (OMISSIS) S.R.L., FALLIMENTO

(OMISSIS) S.R.L., SAN MARCO TECHNOLGIES GMBH;

– intimati –

avverso la sentenza n. 90/2014 della CORTE D’APPELLO di TRIESTE,

depositata il 09/06/2014 R.G.N. 197/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

24/01/2017 dal Consigliere Dott. ADRIANO PIERGIOVANNI PATTI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PAOLA MASTROBERARDINO che ha concluso: non si oppone al rinvio –

inammissibilità del ricorso.

udito l’Avvocato GRAZIANI ANDREA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con sentenza 9 giugno 2014, la Corte d’appello di Trieste rigettava l’appello proposto da San Marco Interactive s.r.l., C.G. Immobiliare e Servizi s.r.l. e dal Fallimento (OMISSIS) s.r.l. avverso la sentenza di primo grado, che aveva dichiarato illegittimo il licenziamento intimato nel gennaio 2008 dalla datrice (OMISSIS) s.r.l. a C.G. (il quale, assumendo di avere lavorato alle dipendenze dell’intero gruppo di imprese controllato dalla famiglia di Co.Pi., aveva convenuto in giudizio oltre alla predetta anche le altre società del gruppo: San Marco Technologies s.r.l., nonchè (OMISSIS) s.r.l., (OMISSIS) s.r.l., poi fallite in corso di giudizio d’appello, così come (OMISSIS) s.r.l.) e che aveva condannato quest’ultima società a reintegrarlo nel posto di lavoro e tutte le società convenute in solido al pagamento delle somme richieste a titolo risarcitorio.

Preliminarmente escluso il vizio di ultrapetizione dedotto dal Fallimento (OMISSIS) s.r.l. con il suo appello incidentale, la Corte territoriale riteneva la sussistenza di un unico gruppo di imprese promiscuamente utilizzanti la prestazione lavorativa di C.G., sulla base dell’amministrazione e della detenzione delle quote delle società dai membri della famiglia Co. (il padre Da. e i figli Pi., Lu. e Fr.), della comunanza di sede e unità operativa e delle dichiarazioni dei testi direttamente assunti.

Con atto notificato il 12 settembre 2014, San Marco Interactive s.r.l. e C.G. Immobiliare e Servizi s.r.l. ricorrono per cassazione con tre motivi, cui resiste C.G. con controricorso; sono rimasti intimati San Marco Technologies s.r.l. e i Fallimenti (OMISSIS) s.r.l., (OMISSIS) s.r.l. e (OMISSIS) s.r.l..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo, le ricorrenti deducono violazione dell’art. 112 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per vizio di ultrapetizione della sentenza impugnata, in quanto pronunciante su domanda di reintegrazione nel posto di lavoro, rinunciata da C.G. nel giudizio di primo grado, come si evince dalle conclusioni definitivamente rassegnate nelle note conclusive dell’11 marzo 2010, riportate anche nell’epigrafe della sentenza del Tribunale, integralmente trascritte.

2. Con il secondo, le ricorrenti deducono violazione degli artt. 2082, 2086 e 2094 c.c., in riferimento agli artt. 115 e 116 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per inesistenza di un rapporto di lavoro indifferentemente prestato da C.G. in favore delle società erroneamente ritenute partecipare al gruppo di imprese ricondotto alla famiglia Co.: in difetto dei requisiti di unicità della struttura organizzativa e produttiva, dell’integrazione tra le attività esercitate dalle varie imprese del gruppo e del loro comune interesse, del coordinamento tecnico e amministrativo-finanziario individuante un unico soggetto direttivo, della contemporanea utilizzazione della prestazione lavorativa dalle varie società indifferenziatamente e contemporaneamente svolta in loro favore; nè avendo i testi assunti riferito di una tale prestazione lavorativa resa dal predetto.

3. Con il terzo, le ricorrenti deducono omesso esame di fatto controverso, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, quale l’utilizzazione dell’attività svolta da C.G. in modo indifferenziato e contemporaneamente in favore delle predette, ritenuta sulla base di certificati camerali e di testimonianze generiche.

4. In via preliminare, deve essere disattesa l’istanza di rinvio, per il documentato decesso (in base al certificato di morte del Comune di Pordenone del 4 agosto 2016, attestante l’evento in data 26 luglio 2016) dell’unico difensore di parti ricorrenti, tenuto conto dell’arco di tempo ragionevole per provvedere alla nomina di un nuovo difensore (Cass. 20 settembre 2013, n. 21608; Cass. 26 febbraio 2015, n. 3898).

5. Il primo motivo, relativo a violazione dell’art. 112 c.p.c., per vizio di ultrapetizione della sentenza su domanda di reintegrazione nel posto di lavoro rinunciata, è infondato.

5.1. Ed infatti, l’interpretazione della domanda spetta al giudice del merito, la cui statuizione, ancorchè erronea, non può essere direttamente censurata per ultrapetizione.

Posto che, avendo il giudice svolto una motivazione sul punto, dimostrando come una questione debba ritenersi ricompresa tra quelle da decidere, il difetto di ultrapetizione non è logicamente verificabile prima di avere accertato la erroneità di quella motivazione: sicchè, in tal caso, il dedotto errore non si configura come error in procedendo, ma attiene al momento logico dell’accertamento in concreto della volontà della parte (Cass. 27 gennaio 2016, n. 1545; Cass. 31 luglio 2006, n. 17451).

5.2. Il motivo, non cogliendo nel segno, risulta generico per omessa confutazione del ragionamento argomentativo, in base al quale la Corte, espressamente esaminando la doglianza di vizio di ultrapetizione, la ha motivatamente esclusa, per la ritenuta sussistenza della domanda di condanna reintegratoria nel posto di lavoro, in esito ad interpretazione delle conclusioni rassegnate dal lavoratore (per le ragioni esposte a pg. 8 della sentenza).

6. Il secondo motivo (violazione degli artt. 2082, 2086 e 2094 c.c., in riferimento agli artt. 115 e 116 c.p.c., per inesistenza di un rapporto di lavoro indifferentemente prestato da C.G. in favore delle società partecipi del gruppo di imprese della famiglia Co.) può essere esaminato, per ragioni di stretta connessione, con il terzo (omesso esame di fatto controverso quale l’utilizzazione dell’attività svolta da C.G. in modo indifferenziato e contemporaneamente in favore delle società del ritenuto “gruppo Co.”).

Anch’essi sono infondati.

6.1. La Corte territoriale ha fatto una corretta applicazione dei principi di diritto in materia (in particolare richiamati a pg. 12 della sentenza), secondo cui il collegamento economico-funzionale tra imprese gestite da società del medesimo gruppo non è di per sè solo sufficiente a far ritenere che gli obblighi inerenti ad un rapporto di lavoro subordinato, formalmente intercorso fra un lavoratore ed una di esse, si debbano estendere anche all’altra, a meno che non sussista una situazione che consenta di ravvisare – anche all’eventuale fine della valutazione di sussistenza del requisito numerico per l’applicabilità della cosiddetta tutela reale del lavoratore licenziato – un unico centro di imputazione del rapporto di lavoro. Tale situazione ricorre ogni volta che vi sia una simulazione o una preordinazione in frode alla legge del frazionamento di un’unica attività fra i vari soggetti del collegamento economico – funzionale e ciò venga accertato in modo adeguato, attraverso l’esame delle attività di ciascuna delle imprese gestite formalmente da quei soggetti, che deve rivelare l’esistenza dei seguenti requisiti: a) unicità della struttura organizzativa e produttiva; b) integrazione tra le attività esercitate dalle varie imprese del gruppo e il correlativo interesse comune; c) coordinamento tecnico e amministrativo – finanziario tale da individuare un unico soggetto direttivo che faccia confluire le diverse attività delle singole imprese verso uno scopo comune; d) utilizzazione contemporanea della prestazione lavorativa da parte delle varie società titolari delle distinte imprese, nel senso che la stessa sia svolta in modo indifferenziato e contemporaneamente in favore dei vari imprenditori. E si tratta di una valutazione di fatto rimessa al giudice di merito e sindacabile in sede di legittimità solo per vizi di motivazione (Cass. 20 dicembre 2016, n. 26346; Cass. 11 novembre 2014, n. 23995; Cass. 16 gennaio 2014, n. 798; Cass. 12 febbraio 2013, n. 3482; Cass. 7 settembre 2007, n. 18843; Cass. 15 maggio 2006, n. 11107). 6.2. Ebbene, nel caso di specie, la Corte territoriale ha compiuto un tale accertamento, anche in riferimento al requisito (denunciato come insussistente, sotto il profilo della violazione di legge o come omesso di esaminare come fatto storico, sotto il profilo del vizio motivo) dell’utilizzazione dell’attività lavorativa di C.G. indifferenziatamente e contemporaneamente da tutte le società del c.d. “gruppo Co.” (secondo l’illustrazione in particolare a pgg. da 8 a 10 del ricorso).

Ciò risulta dall’accertamento in fatto, sia pure con motivazione succinta di ricorrenza di tutti i requisiti enumerati sub a), b), c), d) al precedente punto 6.1. (al diciottesimo e diciannovesimo alinea di pg. 12 della sentenza impugnata), quindi compreso quello in questione, in esito a positiva valutazione delle prove orali esperite (secondo lo scrutinio operato dal penultimo alinea di pg. 10 al primo periodo di pg. 12 della sentenza).

7. Dalle superiori argomentazioni discende allora coerente il rigetto del ricorso e la condanna alle spese del giudizio secondo il regime di soccombenza.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso e condanna le società ricorrenti alla rifusione, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio, che liquida in Euro 200,00 per esborsi e 5.000,00 per compensi professionali, oltre rimborso per spese generali in misura del 15 % e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte delle ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 24 gennaio 2017.

Depositato in Cancelleria il 7 giugno 2017

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