Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14172 del 12/07/2016

Cassazione civile sez. VI, 12/07/2016, (ud. 08/04/2016, dep. 12/07/2016), n.14172

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DOGLIOTTI Massimo – Presidente –

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – rel. Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

D.G.R., elettivamente domiciliato in Roma, piazza Don

Minzoni 9, presso lo studio dell’avv. Ennio Luponio, rappresentato

e difeso, per procura speciale in calce al ricorso, dall’avv. Bruno

Camilleri che indica per le comunicazioni relative al processo la

p.e.c. avvbrunocamilleri.puntopec.it;

– ricorrente –

nei confronti di:

C.M., elettivamente domiciliata in Roma, via Lima 20,

presso lo studio dell’avv. Vincenzo Iacovino, dal quale è

rappresentata e difesa, giusta procura speciale a margine del

controricorso, il quale dichiara di voler ricevere le comunicazioni

relative al processo al fax n. 0874/64416 e alla p.e.c.

vincenzo.iacovino.legalmail.it;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1191/14 della Corte di appello di Napoli,

emessa il 7 febbraio 2014 e depositata il 17 marzo 2014, n. R.G.

472/2013.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Rilevato che in data 8 febbraio 2016 è stata depositata relazione ex art. 380 bis c.p.c., che qui si riporta:

Rilevato che:

1. Il Tribunale di Benevento, con sentenza n. 1007/12, ha dichiarato la separazione dei coniugi D.G.R. e C.M. con addebito della separazione al D.G. e obbligo di versare alla C. un assegno di mantenimento di 1.500 Euro mensili.

2. La Corte di appello di Napoli, con sentenza n. 1191/14, in parziale accoglimento dell’appello del D.G. ha ridotto a 1.000 Euro l’ammontare dell’assegno mensile in considerazione della situazione di crisi della società di cui il D.G. è amministratore con conseguente riduzione delle disponibilità economiche destinabili al mantenimento della C.. Ha respinto la domanda di revoca dell’addebito rilevando che la pronuncia del Tribunale è pienamente giustificata dai maltrattamenti morali e fisici inflitti alla moglie e che hanno condotto anche a una condanna penale ex art. 572 c.p..

3. Ricorre per cassazione D.G.R. che deduce violazione dell’art. 360, nn. 3 e 5, in relazione agli artt. 155 e 2697 c.c. e art. 115 c.p.c..

4. Si difende con controricorso C.M..

Ritenuto che:

5. Con l’unico motivo di ricorso D.G.R. lamenta che nella sentenza impugnata manca una sia pur minima ricostruzione degli elementi in base ai quali si è ritenuta una sperequazione fra le condizioni economiche delle parti tale da giustificare un riequilibrio in favore della C. al fine di garantirle un tenore di vita tendenzialmente analogo a quello goduto in costanza di matrimonio. In particolare egli contesta di godere di redditi e proprietà immobiliari di valore maggiore rispetto alla C. dato che dalle sue dichiarazioni dei redditi risulta che egli non percepisce alcun compenso per l’attività di amministratore della D.G. s.r.l., gode di una pensione di 200 Euro mensili inferiore a quella di 600 Euro della C., è comproprietario di un immobile in (OMISSIS) con la C. e di alcuni terreni in Umbria e Toscana di scarsissimo valore e consistenza oltre che di nessuna redditività.

6. Il ricorso è infondato. La Corte di appello ha basato sostanzialmente la sua decisione sulla considerazione della proprietà da parte del D.G. del 60% del capitale della s.r.l. D.G. di cui è anche amministratore, società che svolge la sua attività nel settore della vendita all’ingrosso e della distribuzione di prodotti alimentari, è concessionaria della Granarolo s.p.a. per la provincia di Benevento e il Molise, e ha un consistente volume di affari, se la Guardia di Finanza ha potuto affermare che nel 2007 essa non ha dichiarato operazioni attive quantificabili in 1.798.313 Euro. La Corte di Appello ha ritenuto non credibile che il D.G. non percepisca alcun reddito dalla sua attività di amministratore e dal possesso della quota di maggioranza della società che amministra e, a fronte del rifiuto del D. G. di rappresentare una descrizione plausibile delle sue condizioni economiche, ha determinato in 1.000 Euro il contributo mensile al mantenimento della moglie C.M. ritenendo che tale quantificazione sia presumibilmente sostenibile dal D. G. e nello stesso tempo assicuri alla C., che non svolge attività lavorativa, ha 68 anni e percepisce la sola pensione di 600 Euro mensili, un tenore di vita compatibile con quello presumibilmente goduto nel corso del matrimonio in considerazione delle condizioni socio-economiche familiari. La Corte di appello ai fini della determinazione dell’assegno ha tenuto anche conto della durata del matrimonio e della accertata responsabilità del D. G. per la sua crisi irreversibile.

7. Sussistono pertanto i presupposti per la trattazione della controversia in Camera di consiglio e se l’impostazione della presente relazione verrà condivisa dal Collegio per il rigetto del ricorso.

La Corte condivide la relazione sopra riportata e pertanto ritiene che il ricorso debba essere respinto con condanna del ricorrente alle spese del giudizio.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione liquidate in complessivi Euro 2.100, di cui Euro 100 per spese. Dispone che in caso di diffusione del presente provvedimento siano omesse le generalità e gli altri dati identificativi a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13., comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 8 aprile 2016.

Depositato in Cancelleria il 12 luglio 2016

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