Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14171 del 12/06/2010

Cassazione civile sez. II, 12/06/2010, (ud. 28/01/2010, dep. 12/06/2010), n.14171

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SETTIMJ Giovanni – Presidente –

Dott. PETITTI Stefano – Consigliere –

Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

COMUNE DI BUONALBERGO, in persona del Sindaco pro tempore,

rappresentato e difeso dall’Avvocato Prozzo Roberto per procura

speciale a margine del ricorso, elettivamente domiciliato in Roma,

via Merulana n. 234, presso lo studio dell’Avvocato Giuliano Bologna;

– ricorrenti –

contro

M.M., rappresentato e difeso dall’Avvocato Pepe Franco per

procura speciale a margine del controricorso, elettivamente

domiciliato in Roma, via di Villa Massimo n. 33, presso lo studio

dell’Avvocato Francesco Malatesta;

– controricorrente –

avverso la sentenza del Giudice di pace di San Giorgio La Molara n.

63/05, depositata in data 30 novembre 2005;

Udita, la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

28 gennaio 2010 dal Consigliere relatore Dott. Stefano Petitti;

lette le conclusioni del P.M., in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. UCCELLA Fulvio, il quale ha chiesto l’accoglimento del

ricorso per manifesta fondatezza dei motivi;

sentito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale in

persona del dott. LECCISI Giampaolo che si è riportato alle

conclusioni scritte.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza depositata in data 30 novembre 2005, il Giudice di pace di San Giorgio La Molara accoglieva l’opposizione proposta da M.M. avverso il verbale di accertamento della violazione dell’art. 142 C.d.S., comma 8, elevato nei suoi confronti dalla Polizia municipale del Comune di Buonalbergo, che aveva proceduto all’accertamento a mezzo di apparecchio traffipax speedophot.

Il Giudice di pace riteneva fondato il motivo di opposizione con il quale il M. aveva dedotto la illegittimità del verbale opposto per la mancanza di garanzia di legalità e obiettività nell’accertamento, con riferimento alla partecipazione della So.E.S. s.r.l. alla erogazione delle sanzioni. In proposito, il Giudice rilevava che dalla convenzione stipulata tra il Comune di Buonalbergo e la indicata società emergeva come quest’ultima non solo collaborasse con la polizia municipale nelle operazioni di rilevazione delle infrazioni con il supporto delle apparecchiature e delle competenze tecniche, ma provvedesse altresì, dopo lo sviluppo delle foto, a trasmettere al Comune la documentazione necessaria per effettuare le contestazioni solo in relazione alle foto “valide per sanzione”; emergeva, cioè, che era la società privata a verificare quali fossero le foto valide per sanzione e, quindi, ad accertare in quali casi vi fosse la violazione. Il fatto che alla società fosse demandata detta verifica, ad avviso del Giudice di pace, proiettava un’ombra di illegittimità anche su tutti gli altri interventi della medesima società (programmazione e custodia dell’apparecchiatura di rilevazione; intervento tecnico per il funzionamento dell’apparecchio nel momento degli accertamenti; messa a disposizione di un’apposita auto aziendale debitamente predisposta per le rilevazioni; sviluppo delle foto scattate; materiale compilazione dei verbali di accertamento) che di per sè potevano non inficiare la riferibilità dell’atto ad un organo di polizia stradale, ma che nel contesto descritto contribuivano a fondare la convinzione che il verbale opposto non provenisse da un organo competente, ma piuttosto da un soggetto privato a ciò non legittimato.

Per la cassazione di questa sentenza ricorre il Comune di Buonalbergo sulla base di un unico complesso motivo; l’intimato resiste con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Deve preliminarmente disattendersi l’eccezione di inammissibilità del ricorso formulata dal ricorrente per mancata formulazione dei quesiti di diritto ex art. 366-bis cod. proc. civ., giacchè la sentenza impugnata è stata depositata il 30 novembre 2005 e quindi prima della entrata in vigore della citata disposizione, la quale trova applicazione con riferimento ai ricorsi proposti avverso decisioni depositate dopo il 2 marzo 2006.

Con l’unico complesso motivo, il Comune ricorrente deduce “Violazione dei limiti interni della giurisdizione. Violazione e/o falsa applicazione della L. 20 marzo 1865, n. 2248, artt. 4 e 5, all. E, e della L. n. 689 del 1981, artt. 22 e 23. Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 142 C.d.S. e art. 345 reg. C.d.S.. Falsa applicazione del principio di imparzialità. Violazione dell’art. 2700 c.c.. Omessa o insufficiente motivazione ed omesso esame di un documento decisivo”, rilevando che quella che il Giudice di pace ha qualificato come ingerenza nello svolgimento della funzione pubblica altro non sarebbe che un mero compimento di attività materiali, propedeutiche all’espletamento del servizio o alla contestazione delle violazioni, laddove il servizio di vigilanza è svolto dalla Polizia Municipale, la quale provvede anche ad elevare i verbali. E ciò, afferma il Comune, sarebbe desumibile dalla convenzione intercorsa tra esso ricorrente e la citata società.

Il ricorso è manifestamente fondato e va quindi accolto.

Questa Corte, con sentenza n. 22816 del 2008, pronunciando su ricorso in tutto analogo (per quanto qui rileva) del medesimo Comune di Buonalbergo avverso sentenza, del pari analoga, del Giudice di pace di S. Giorgio la Molara, ha accolto il ricorso; e a soluzione analoga ritiene il Collegio debba pervenirsi nel presente giudizio.

Il Giudice di pace ha invero accolto l’opposizione ritenendo che la regolamentazione in atto tra il Comune e la S.r.l. So.E.S. comporti una ingerenza del privato nell’attività di rilevazione e contestazione delle violazioni al codice della strada, con conseguente violazione dell’art. 345 reg. esec. C.d.S.. In particolare, due sarebbero i vizi riscontrabili nell’atto impugnato:

1) il completo affidamento al privato della gestione dell’apparecchiatura; 2) l’ulteriore affidamento al privato della materiale disponibilità del supporto fotografico e della successiva attività di sviluppo e stampa dello stesso, con trasmissione al Comune delle sole fotografie valide per la sanzione.

Una simile conclusione, peraltro, non trova conforto nella indicata convenzione, i cui tratti salienti, come riferiti dal Comune ricorrente in ossequio al principio di autosufficienza del ricorso, sono i seguenti: “La Società metterà a disposizione della Polizia Municipale del Comune una vettura completamente attrezzata, condotta da tecnico specializzato, di dipendenza della Società, che accompagnerà il personale della Polizia Municipale di servizio nei luoghi dove saranno effettuati i rilevamenti (…). Il misuratore di velocità, installato preventivamente in una vettura della Società, viene verificato dal tecnico specializzato all’inizio di ogni servizio e sarà dato perfettamente funzionante a disposizione del vigile responsabile per le rilevazioni (…). Durante il periodo di locazione il tecnico della Società dovrà provvedere ad accendere e spegnere l’apparecchiatura su ordine del P.U., ad istruire il P.U. sull’impostazione dei limiti di rilevamento (…)”.

Come si è chiarito nella richiamata decisione, invero, l’assistenza tecnica del privato operatore, limitata all’installazione ed all’impostazione dell’apparecchiatura secondo le indicazioni del pubblico ufficiale, non interferisce sull’attività d’accertamento poi direttamente svolta da quest’ultimo e, anzi, offre agli utenti della strada una più sicura garanzia di precisione nel funzionamento degli strumenti di rilevazione ove tenuti sotto sorveglianza da parte di personale tecnico specializzato; ond’è che la decisione in esame, con la quale si è ritenuto invalido l’accertamento in quanto la convenzione intercorsa tra il Comune di Buonalbergo e la società privata comporterebbe che il verbale opposto proverrebbe non dall’organo competente ma da un soggetto privato a ciò non legittimato, opera un’interpretazione restrittiva dell’art. 345 reg.

esec. C.d.S., comma 4, nonchè del combinato disposto degli artt. 11 e 12 C.d.S., che riserva ai pubblici ufficiali i servizi di polizia stradale, non consentita nè dal tenore letterale nè dalla ratio delle citate disposizioni.

Se, invero, il citato art. 345 reg. esec. C.d.S. prevede che le apparecchiature d’accertamento delle infrazioni devono essere gestite direttamente dagli organi di polizia stradale e devono essere nella disponibilità degli stessi, non si vede come tali condizioni di legittima operatività dell’apparecchiatura, normativamente prescritte, possano essere escluse nel caso in esame, laddove, per espressa previsione contrattuale, tutte le attività d’installazione ed utilizzazione dell’apparecchiatura stessa si svolgono alla presenza del pubblico ufficiale preposto al servizio – ed, anzi, con la diretta utilizzazione da parte del medesimo, ad essa istruito dal tecnico di supporto – al quale soltanto è demandato disporne la messa in funzione ed al cui allontanamento, anche occasionale, ne è connessa l’immediata disattivazione.

Inoltre si deve rilevare che, nel caso in esame, il verbale opposto attestava che l’accertamento dell’infrazione era stato effettuato direttamente dal pubblico ufficiale presente in loco e preposto all’utilizzazione dell’apparecchiatura, onde, poichè dall’impugnata sentenza non risulta che l’opponente avesse sollevato alcuna contestazione specifica al riguardo – peraltro da farsi valere mediante querela di falso, trattandosi d’attestazione relativa ad attività svolta di persona dal verbalizzante (Cass., S.U., n. 17355 del 2009) – il giudice a quo neppure avrebbe potuto prendere in considerazione la questione. Come già evidenziato da questa Corte (e pluribus, Cass. n. 22816 del 2008 cit., in motivazione, e sentenze ivi citate), “in sede d’opposizione L. n. 689 del 1981, ex art. 22 o art. 204-bis C.d.S., non può annullarsi il provvedimento sanzionatorio in base ad un’illegittimità desunta non dall’atto ma dalle modalità, esterne ad esso, con le quali era stato organizzato il servizio di rilevazione ed accertamento delle violazioni, mediante un sindacato sulle scelte tecniche ed organizzative del servizio, trattandosi di valutazione che, se effettuata, configura un’inammissibile ingerenza nel modus operandi della Pubblica Amministrazione, in linea di principio non sindacabile dal giudice ordinario. Questi può, se del caso, disapplicare, in via incidentale, l’atto presupposto, ma, a tal fine, può sindacarne solo i possibili vizi di legittimità – incompetenza, violazione di legge ed eccesso di potere – estendendo il proprio controllo alla rispondenza delle finalità perseguite dall’Amministrazione con quelle indicate dalla legge, ma non ha il potere di sostituirsi all’Amministrazione stessa negli accertamenti e valutazioni di merito, quali sono quelli inerenti alla scelta in concreto degli strumenti adeguati per assicurare gli interessi generali contemplati dalla legge, o nella valutazione delle situazioni di fatto in funzione dell’applicabilità o meno delle misure previste dalla legge, che sono d’esclusiva competenza degli organi ai quali è attribuito il potere di perseguire in concreto le finalità di pubblico interesse normativamente determinate, operando un sindacato di merito di tipo sostitutivo del giudizio espresso dall’Amministrazione”.

E’ del tutto evidente come, nel caso in esame, il giudice di pace abbia esorbitato dai propri poteri, in violazione della L. 20 marzo 1865, n. 2248, art. 5, all. E, non solo omettendo d’identificare e valutare incidentalmente l’atto presupposto, ma, ove ciò avesse fatto per implicito, invadendo la sfera delle attribuzioni riservate all’Amministrazione, nella formazione dell’atto stesso convergendo, all’evidenza, una pluralità di valutazioni, da parte dei competenti uffici ed organi comunali, di natura non solo strettamente tecnica, ma anche ampiamente discrezionale, in quanto da formularsi sulla base di apprezzamenti ponderati sia delle situazioni di fatto, sia delle molteplici esigenze, relative alle risorse umane ed economiche a disposizione dell’ente, da prendersi in considerazione al fine di regolare il traffico nell’ambito della gestione complessiva della circolazione stradale sul territorio.

Quanto alla seconda ragione di illegittimità del provvedimento impugnato deve rilevarsi che questa Corte ha ripetutamente evidenziato come, nel caso di violazione delle norme sui limiti di velocità nella circolazione stradale accertata a mezzo di strumento omologato, il momento essenziale dell’accertamento stesso sia quello del rilevamento fotografico, cui deve necessariamente presiedere uno dei soggetti ai quali, come già visto in precedenza, l’art. 12 C.d.S. demanda l’espletamento dei servizi di polizia stradale, e che non può essere effettuato in via esclusiva da soggetti privati;

come, pertanto, la fonte principale di prova delle risultanze dello strumento elettronico essendo costituita dal negativo della fotografia, quale documento che individua il veicolo e ne consente la rapportabilità alle circostanze di fatto, di tempo e di luogo rappresentatevi, la successiva fase dello sviluppo e della stampa del negativo rappresenti il semplice espletamento di un’attività meramente materiale, cui non deve necessariamente attendere, nè presenziare, il pubblico ufficiale rilevatore dell’infrazione od altro dei soggetti indicati nel citato art. 12.

In altri termini, la validità dell’accertamento non è data dalla presenza del pubblico ufficiale all’attività tecnica svolta in laboratorio, ma dalla rispondenza a realtà del rilievo fotografico, ossia dalla coincidenza tra il negativo ed il veicolo, anche in relazione agli altri elementi indicati, quali il luogo, il momento della rilevazione e la velocità (Cass., n. 22816 del 2008, cit., in motivazione, e sentenze ivi richiamate).

L’impugnata sentenza va, dunque, cassata e la causa, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto posto che il giudice di pace ha già esaminato e respinto le ulteriori ragioni proposte a fondamento dell’opposizione, può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384 cod. proc., civ., con il rigetto dell’opposizione.

In applicazione del criterio della soccombenza, il M. va condannato al pagamento delle spese dell’intero giudizio, liquidate come da dispositivo.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e decidendo sul merito, rigetta l’opposizione; condanna il resistente al pagamento delle spese dell’intero giudizio, liquidate, per il merito, in Euro 450,00, di cui Euro 50,,00 per spese, 220,00 per diritti ed Euro 180,00 per onorari, e, per la fase di legittimità, in Euro 600,00, di cui Euro 400,00 per onorario, oltre alle spese generali e agli accessori di legge per entrambe le fasi.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Seconda Sezione Civile della Corte suprema di cassazione, il 28 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 12 giugno 2010

 

 

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