Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1417 del 26/01/2010

Cassazione civile sez. trib., 26/01/2010, (ud. 02/12/2009, dep. 26/01/2010), n.1417

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUPI Fernando – Presidente –

Dott. D’ALESSANDRO Paolo – Consigliere –

Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –

Dott. VIRGILIO Biagio – rel. Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

B.L., elettivamente domiciliata in Roma, via Marianna

Dionigi n. 57, presso l’avv. BEVILACQUA Anna, rappresentata e difesa

dall’avv. RIZZOGLIO Mirco giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Lombardia n. 60/05/07, depositata il 25 giugno 2007;

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 2

dicembre 2009 dal Relatore Cons. Dott. VIRGILIO Biagio;

udito l’avv. Franco Bracciale (per delega) per la ricorrente;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. DE

NUNZIO Wladimiro, il quale dichiara di non avere nulla da osservare

in ordine alla relazione ex art. 380 bis c.p.c..

La Corte:

Fatto

RITENUTO IN FATTO

che, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., è stata depositata in cancelleria la seguente relazione:

“1. B.L. propone ricorso per Cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia n. 60/05/07, depositata il 25 giugno 2007, con la quale, rigettando l’appello della contribuente, è stata confermata la legittimità dell’avviso di accertamento emesso nei suoi confronti, D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 38 per IRPEF relativa all’anno 1999: in particolare, il giudice a quo ha ritenuto assorbente di ogni altra considerazione (pur poi svolta, ma evidentemente ad abundantiam) il rilievo secondo cui “la documentazione prodotta dalla contribuente nel corso della fase contenziosa è inutilizzabile a norma del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, comma 3 non essendo stata a suo tempo esibita o trasmessa all’Ufficio che ne aveva fatto esplicita richiesta”.

L’Agenzia delle entrate resiste con controricorso.

2. Il ricorso contiene quattro motivi, con i quali si denuncia, rispettivamente: a) violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57 ponendo il quesito se il divieto di domande nuove in appello ivi stabilito debba ritenersi (o meno) inoperante nel caso in cui, nel giudizio di appello, il contribuente appellante, mantenendo inalterata la consistenza giuridica della propria domanda (di annullamento dell’avviso di accertamento notificatole) si limiti, come nel caso di specie, a meglio precisare i contorni, le dinamiche e gli sviluppi rispetto a quanto effettuato nel giudizio di primo grado; b) violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32 e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 58 chiedendo a questa Corte se il contribuente che non abbia prodotto nelle precedenti fasi del giudizio, amministrativa e contenziosa, i documenti a suffragio della propria domanda, possa produrli nell’ambito del giudizio di appello, come è avvenuto nel caso di specie”; c) omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione della sentenza, là dove non ha attribuito efficacia probatoria alla documentazione prodotta dalla contribuente in appello; d) violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, comma 6 nella parte in cui il giudice d’appello non ha ritenuto vinta la presunzione di maggior reddito, avendo la contribuente dimostrato, con la documentazione prodotta, che l’acquisto di un bene immobile era stato effettuato non con redditi propri, ma con altre fonti.

Il ricorso appare inammissibile, perchè nessuno dei motivi anzidetti investe la fondamentale ratio decidendi della sentenza impugnata, sopra riportata, da sola idonea a sorreggere la decisione.

Si ritiene, pertanto, che il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio.”;

che la relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata agli avvocati delle parti;

che non sono state presentate conclusioni scritte da parte del p.m., mentre ha depositato memoria la ricorrente.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione, aggiungendo, comunque, anche tenuto conto delle argomentazioni svolte in memoria in ordine al secondo motivo di ricorso, che l’accertamento del giudice d’appello, secondo cui la contribuente “non ha fornito alcuna giustificazione” circa la ricorrenza – nella specie – dei requisiti per l’applicabilità del quarto comma del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32 (che esclude l’inutilizzabilità di cui al comma precedente qualora il contribuente dimostri di non aver potuto adempiere alle richieste dell’Ufficio per causa a lui non imputabile), è contestato nel ricorso in modo assolutamente generico e privo di autosufficienza;

che, in conclusione, il ricorso deve essere complessivamente rigettato;

che la ricorrente va conseguentemente condannata alle spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano in dispositivo.

P.Q.M.

LA CORTE Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle spese, che liquida in Euro 2200,00, di cui Euro 2000,00 per onorari, oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 2 dicembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 26 gennaio 2010

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