Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14166 del 24/05/2021

Cassazione civile sez. VI, 24/05/2021, (ud. 12/11/2020, dep. 24/05/2021), n.14166

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ACIERNO Maria – Presidente –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA INTERLOCUTORIA

sul ricorso 26781-2019 proposto da:

FALLIMENTO (OMISSIS) SRL IN LIQUIDAZIONE, in persona del curatore pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA VESCOVIO 21,

presso lo studio dell’avvocato TOMMASO MANFEROCE, che lo rappresenta

e difende unitamente all’avvocato RENATO PASTORELLI;

– ricorrente –

contro

PENELOPE SPV SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA L. BISSOLATI 76, presso lo

studio dell’avvocato TOMMASO SPINELLI GIORDANO, che la rappresenta e

difende;

– controricorrente –

avverso il decreto n. R.G. 842/2019 del TRIBUNALE di TREVISO,

depositato il 09/07/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 12/11/2020 dal Consigliere Relatore Dott. ALDO

ANGELO DOLMETTA.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

1. – La s.r.l. Penelope SPV (come allora diversamente denominata) ha presentato domanda di ammissione in via di privilegio ipotecario al passivo del fallimento della s.r.l. (OMISSIS) (dichiarato in data (OMISSIS)) per la complessiva somma di Euro 2.659100,43. La domanda è stata formulata per i crediti derivanti – in linea capitale, come pure in linea interessi – da due mutui agrari stipulati (l’uno nel dicembre 2001; l’altro nell’agosto 2004) con la società poi fallita.

2. – Il giudice delegato ha disposto di ammettere la domanda nei limiti della somma di Euro 2.418.041,51.

3. – Con ricorso L. Fall., ex artt. 98 e ss., la società ha proposto opposizione avanti al Tribunale di Treviso, in relazione alla “illegittima e ingiustificata esclusione dallo stato passivo delle “quote interessi corrispettivi” concernenti le rate scadute il (OMISSIS), il (OMISSIS), il (OMISSIS), il (OMISSIS)”, per un montante complessivo pari a Euro 146.561,49.

Nel contesto dell’atto di opposizione, la società ha anche ribadito che la domanda di ammissione delle richiamate quote era formulata per il grado ipotecario; ha pure puntualizzato che le quote venivano “calcolate al tasso convenzionale iscritto indicato nei contratti di mutuo e nelle note di iscrizione ipotecaria”.

4. – Con decreto comunicato nel giugno 2013, il Tribunale ha dichiarato l’inammissibilità dell’opposizione perchè presentata oltre il termine di legge.

5. – Nei confronti di questo provvedimento la società ha presentato il ricorso per cassazione.

Con ordinanza del 7 novembre 2018 n. 28430, questa Corte ha cassato il decreto impugnato, con rinvio al Tribunale trevigiano per l’esame del merito.

6. – Con decreto depositato in data 9 luglio 2019, il Tribunale ha accolto il ricorso, disponendo l’ammissione al passivo in grado ipotecario delle “quote interessi corrispettivi delle rate scadute il (OMISSIS), il (OMISSIS), il (OMISSIS), il (OMISSIS) calcolate al tasso convenzionale iscritto indicato nei contratti di mutuo e nelle note di iscrizione ipotecaria”.

7. – “Alla componente interessi spetta il rango ipotecario” – così ha ritenuto il decreto – “per effetto dell’estensione del privilegio ipotecario agli interessi compensativi dovuti ex art. 2855 c.c., comma 2”.

Detta norma fa riferimento – si è puntualizzato – agli “interessi dovuti”: e tali sono in ogni caso da intendere quelli “risultanti dal piano di ammortamento in relazione alla rate scadute nel limite del biennio”. Sì che non può comunque prendere rilevanza la specifica composizione delle rate che nel concreto venga configurata dal piano di ammortamento (nella specie, “una parte di capitale e una parte di interessi compensativi in rapporto variabile nella successione delle rate”, secondo il metodo del c.d. ammortamento “alla francese”). Secondo una prospettiva di cui, del resto, la “Corte di Cassazione con la pronuncia n. 10070/1999 ha incidentalmente riconosciuto la correttezza”.

D’altra parte – – si è pure aggiunto -, non sarebbe corretto ritenere che, “per effetto della risoluzione ex lege determinata dalla dichiarazione di fallimento, venga posto nel nulla il piano di ammortamento del mutuo. Lo scioglimento ex lege opera per il futuro, cancellando ex nunc gli effetti del contratto stipulato”.

8. – Ciò posto, il Tribunale ha altresì rilevato che, nella specie, “nessuna specifica censura è stata coltivata con riferimento alla misura e alle modalità di conteggio degli interessi, che vanno quindi ammessi al passivo nell’importo richiesto dalla Banca”.

9. – Avverso questo provvedimento il Fallimento della s.r.l. (OMISSIS) ha proposto ricorso per cassazione, affidandolo a due motivi.

Ha resistito, con controricorso, la s.r.l. Penelope SPV. Entrambe le parti hanno anche depositato memorie.

10. – Il primo motivo di ricorso lamenta la violazione delle norme L. Fall., artt. 54 e 55, e dell’art. 2855 c.c.

La norma della L. Fall., art. 55 – si osserva – “impedisce che il contratto di mutuo originariamente stipulato possa trovare applicazione”. Stabilire che i debiti pecuniari del fallito si considerano scaduti alla data della dichiarazione implica che al creditore non siano riconosciuti gli interessi che erano destinati a offrire una remunerazione del capitale parametrata all’originaria durata del contratto di mutuo. “All’originaria composizione contrattuale si sostituisce la norma inderogabile di legge”: in particolare, la norma dell’art. 2855 c.c., come pure espressamente richiamata dall’art. 54 L. Fall.

Ne deriva che “potranno trovare collocazione privilegiata ipotecaria solo gli interessi maturati sulle quote di capitale scadute e insolute nei due anni antecedenti alla dichiarazione di fallimento”. Nella specie, tuttavia, il piano di ammortamento è stato configurato “alla francese” sia per l’uno, che per l’atro mutuo. Esso risulta quindi “composto da una quota capitale crescente nel tempo e di una quota interessi decrescente”: “ogni rata, in sostanza, incorpora interessi corrispettivi non ancora maturati”. Che, come tali, non sono da riconducibili alla norma dell’art. 2855 c.c..

11. – Col secondo motivo, il ricorrente assume la nullità del decreto per violazione dell’art. 112 c.p.c..

Non è vero – si precisa – che il Fallimento non ha contestato la “misura e le modalità di conteggio degli interessi”, secondo quanto asserito dal decreto. Nel giudizio di opposizione è stato puntualmente rilevato che i “tassi convenzionali, individuati nel rispetto delle condizioni contrattuali sono sostanzialmente diversi dal tasso del 6,02%”, che il creditore ha indicato.

12. – Con riferimento al primo motivo di ricorso, si deve osservare che il tema, così specificamente proposto all’esame, viene a concentrarsi sull’interpretazione da assegnare all’espressione “interessi dovuti”, che è contenuta nella norma dell’art. 2855 c.c., comma 2. In particolare, se tale formula rinvii agli interessi divenuti esigibili (ovvero scaduti), stando a quanto stabilito dal piano di ammortamento pattuito, nelle due annate anteriori a quella in cui è caduta la sentenza dichiarativa del fallimento, secondo quanto ritenuto dal decreto del Tribunale trevigiano; o se, invece, rinvii agli interessi che siano anche (e anzi, a ben vedere, prima di tutto) maturati nel corso di tale periodo di tempo, come per contro viene affermato dal ricorrente.

Il divario che può effettivamente intercorrere tra le opzioni interpretative appena segnalate – va subito messo in chiaro – emerge, e si apprezza, in ragione del fatto che, secondo quanto incontestato in causa, i due contratti di mutuo hanno predisposto un piano di rientro dell’erogato, che risulta articolato secondo il sistema dell’ammortamento “alla francese”.

13. – La struttura di questo tipo di ammortamento prevede come ha per l’appunto rilevato il Tribunale – che lo stesso sia composto da quote di (restituzione del) capitale e quote di (pagamento degli) interessi compensativi “in rapporto variabile nella successione delle rate”: e così a muovere, più precisamente, dalle rate iniziali, in cui la misura assegnata agli interessi è preponderante, e comunque superiore, rispetto a quella che viene imputata al capitale ancora da restituire; secondo una dinamica in via progressiva decrescente col susseguirsi delle rate; sino a invertire il rapporto quantitativo tra le quote di interessi e di capitale nelle rate inerenti alla fase terminale del previsto rientro.

Ne segue che detto tipo di ammortamento comporta – per propria conformazione strutturale, seppur con intensità maggiore o minore a seconda delle fattispecie che nel concreto lo realizzino – che una parte degli interessi posti a remunerazione del mutuo erogato divengano esigibili prima che siano maturati, per maturare in epoca successiva alla scadenza fissata per relativo pagamento. Secondo il principio espresso nell’art. 820 c.c., (comma 3), e nell’art. 821 c.c., (comma 3), infatti, gli interessi – quali frutti civili del capitale dato in “godimento” “si acquistano”, e cioè maturano, “giorno per giorno, in ragione della durata del diritto”.

14. – Ciò posto, va ora rilevato che la pronuncia n. 10070 de11999 che il decreto del Tribunale chiama a sostegno della tesi, per cui la norma dell’art. 2855 c.c., comma 2, si richiama agli interessi esigibili nelle due annate anteriori alla dichiarazione di fallimento, non appare così univoca.

In realtà, questa sentenza si limita a stabilire che il patto di estensione del privilegio ipotecario ad annate ulteriori rispetto alle due stabilite dalla legge è da ritenere senz’altro “inefficace” (cfr., in proposito, la parte finale dell’art. 2855 c.c., comma 2). Oltre ad affermare che il rango del privilegio, di cui alla norma, riguarda unicamente gli interessi compensativi, con esclusione di quelli moratori (secondo quello che rappresenta uno orientamento stabile di questa Corte: cfr., tra le altre, Cass., 15 gennaio 2013, n. 775). Non può esservi dubbio, peraltro, che agli interessi compensativi si attagli tanto la nozione di “interesse esigibile”, quanto pure quella di “interesse maturato”.

15. – Non pertinente si manifesta, poi, l’ulteriore rilievo del Tribunale, per cui l’incidenza del sopravvenuto fallimento sui rapporti di mutuo in corso di esecuzione vale solo ex nunc, senza venire a “mettere nel nulla” il piano di ammortamento originariamente stabilito tra le parti (cfr. sempre nel precedente n. 7).

Nei fatti, il tema, che occorre risolvere, attiene, si è visto, non già al valore – maggiore o minore – da assegnare al piano pattizio di ammortamento, quanto piuttosto all’interpretazione da dare alla norma dell’art. 2855 c.c. (ferma naturalmente restando l’imperatività di questa disposizione, secondo una prospettiva che peraltro rimane estranea ai concreti contorni della presente controversia).

16. – Da chiedersi è, piuttosto, se la disposizione dell’art. 2855 c.c., comma 3, non venga a orientare l’interpretazione della formula “interessi dovuti” nel senso di riferirla agli interessi che vengono a maturare nelle due annate anteriori alla dichiarazione di fallimento e a quella in corso. Prescrive tale norma che “l’iscrizione del capitale fa pure collocare nello stesso grado gli interessi maturati dopo il compimento dell’annata in corso alla data del pignoramento, però soltanto nella misura legale e fino alla data della vendita”.

Per le annate successive a quella della dichiarazione, il riferimento agli interessi “maturati” è, dunque, testuale. Potrebbe sembrare non congruo, in effetti, che per le annate anteriori al fallimento e per quelle successive allo stesso siano adottati criteri diversi e discontinui.

Soprattutto, è da osservare che predicare l’effettiva sussistenza di una simile discontinuità comporta, per sè, la produzione di una conseguenza che, per contro, sembrerebbe consentita: quella per cui gli interessi – divenuti esigibili nelle due annate anteriori alla dichiarazione di fallimento o in quella in corso, ma maturati in una annata a questo successiva – verrebbero nel contempo a ricadere tanto nel disposto del comma 2, (quali crediti già esigibili ovvero scaduti) quanto nel disposto dell’art. 2855 c.c., comma 3 (perchè crediti maturati nelle relative annate di riferimento).

17. – A confortare in via ulteriore la prospettiva ricostruttiva appena accennata si pone, inoltre, la sentenza di Cass., 28 luglio 2014, n. 17044, pur se non inerente alla peculiare fattispecie di “ammortamento alla francese”.

Tale pronuncia ha infatti precisato in via espressa che “devono considerarsi assistiti dal privilegio ipotecario”, di cui all’art. 2855 c.c., a) il capitale iscritto (nei limiti dell’iscrizione e del credito effettivamente esistente); b) gli interessi corrispettivi maturati sul capitale iscritto nell’anno in corso al momento del pignoramento e nel biennio anteriore, purchè ne sia enunciata la misura; c) gli interessi legali maturati successivamente all’anno in corso e sino alla vendita del bene”.

18. – Fermato quest’insieme di rilievi, il Collegio non può non constatare, in via ulteriore, la mancanza di precedenti in termini nell’ambito della giurisprudenza della Corte. Nè si potrebbe, per altro verso, trascurare l’impatto che la soluzione dell’indicata questione di diritto è potenzialmente destinata a riflettere sulla diffusa operatività del mutuo ipotecario.

A norma dell’art. 380 bis c.p.c., comma 3, il Collegio ritiene, pertanto, di non potere ravvisare evidenze decisorie tali da consentire la definizione del ricorso presso la c.d. sezione filtro, sicchè lo stesso deve essere avviato alla discussione in pubblica udienza presso la sezione che è tabellarmente competente.

PQM

La Corte dispone la rimessione del ricorso alla pubblica udienza della Sezione Prima.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sesta Sezione civile, il 12 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 24 maggio 2021

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