Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14166 del 08/07/2020

Cassazione civile sez. VI, 08/07/2020, (ud. 20/02/2020, dep. 08/07/2020), n.14166

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – rel. Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sui ricorso 27806-2018 proposto da:

COMUNE DI ANDRIA, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE MAZZINI 73 SCALA B INT 2,

presso lo studio dell’avvocato AUGUSTO VINCENZO, rappresentato e

difeso dall’avvocato DE CANDIA GIUSEPPE;

– ricorrenti –

contro

P.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CORSEMI 2,

presso il Dott. PLACIDI ALFREDO, rappresentato e difeso

dall’avvocato LUIG I MASTROMAURO;

– controricorrente

avverso la sentenza n. 317/2018 della CORTE D’APPELLO di BARI,

depositata il 20/02/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 20/02/2020 dal Consigliere Relatore Dott. CIRILLO

FRANCESCO MARIA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Panico Antonio, nella qualità di genitore esercente la potestà sul figlio minore P.A., convenne in giudizio, davanti al Tribunale di Trani, Sezione distaccata di Andria, il Comune di Andria, chiedendo che fosse condannato al risarcimento dei danni subiti dal figlio minore il quale, mentre stava giocando all’interno di un parco gestito dal convenuto, era caduto da una panca inclinata che aveva un’altezza di m 1,20 dal suolo, riportando la frattura scomposta dell’omero sinistro.

Si costituì in giudizio il Comune convenuto, chiedendo il rigetto della domanda.

Il Tribunale rigettò la domanda e condannò l’attore al pagamento delle spese di giudizio.

2. La pronuncia è stata impugnata dall’attore soccombente e la Corte d’appello di Bari, con sentenza del 20 febbraio 2018, ha accolto il gravame e, in riforma della sentenza del Tribunale, ha condannato il Comune appellato al risarcimento dei danni liquidati nella somma complessiva di Euro 11.399, con interessi e con il carico delle spese dei due gradi di giudizio.

Ha osservato la Corte territoriale che era rimasto accertato che il Comune di Andria era custode della villa comunale all’interno della quale si era verificata la caduta. Dall’espletata istruttoria era emerso che alla base dei giochi dai quali era caduto il piccolo vi era solo un prato di erba sintetica; in base alla normativa Uni En 1176 e 1177, la sicurezza all’interno dei parchi giochi deve essere realizzata calcolando il punto di possibile caduta e la sua distanza da terra. Ora, la superficie di prato sintetico esistente in loco era adatta a tenere indenni i bambini dalle cadute verificatesi dall’altezza massima di un metro; nella specie, quindi, poichè il bambino era caduto da una panca ad un’altezza maggiore, il Comune avrebbe dovuto collocare sul posto un diverso materiale in grado di ammortizzare la caduta, materiale che pacificamente non c’era. Non era stato dimostrato, del resto, alcun uso anomalo della struttura ed il padre era presente, per cui nessun rimprovero di omissione poteva essere mosso a suo carico; e d’altra parte il bambino, che aveva cinque anni all’epoca dei fatti, stava utilizzando uno strumento ludico assolutamente adatto alla sua età.

3. Contro la sentenza della Corte d’appello di Bari ricorre il Comune di Andria con atto affidato a due motivi.

Resiste con controricorso P.A., frattanto divenuto maggiorenne.

Il ricorso è stato avviato alla trattazione in camera di consiglio, sussistendo le condizioni di cui agli artt. 375,376 e 380-bis c.p.c., e il controricorrente ha depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e5, violazione e falsa applicazione dell’art. 2051 c.c., dell’art. 112 c.p.c. per travisamento dei fatti ed omessa motivazione circa un fatto decisivo, nonchè dell’art. 2697 c.c. e dell’art. 115 c.p.c. per radicale travisamento delle risultanze istruttorie.

Rileva il Comune che l’accesso al parco comunale era consentito solo previa registrazione e rilascio della tessera di accesso al parco giochi, cui corrispondeva una polizza di assicurazione; che, nella specie, non era stata rilasciata in favore del P.. Non era stata dimostrata in alcun modo la situazione di irregolarità della panca dalla quale il bambino era caduto, nè la sussistenza di un qualche indizio di pericolosità; mentre sarebbe evidente che un genitore che accompagna il figlio in un parco giochi con attrezzi deve avere presenti i pericoli che ciò comporta e non può invocare una situazione di pericolo presunto.

1.1. Il motivo è inammissibile.

E’ evidentemente inammissibile la prima parte della doglianza, nella quale si pongono questioni – quale l’esistenza di una polizza di assicurazioni e la necessità della previa iscrizione, con rilascio di apposita tessera – che esigerebbero indagini di merito di sicuro incompatibili con il giudizio di legittimità.

Ciò premesso, la Corte osserva che la sentenza impugnata è pervenuta alla decisione di condanna richiamando le normative Uni En 1176 e 1177 sulla sicurezza per le attrezzature di gioco riservate ai bambini ed ha rilevato che nella specie esse non erano state rispettate.

La censura nulla dice su questo punto, nè evidenzia quale potrebbe essere l’errore in diritto commesso dalla sentenza impugnata; il ricorrente osserva soltanto che lo scivolo non era dotato di pericolosità intrinseca (punto che è però irrilevante rispetto a quanto rilevato dalla sentenza) e che il padre avrebbe dovuto vigilare sul comportamento del bambino, senza tuttavia considerare che la sentenza impugnata ha compiuto un accertamento sulla correttezza del comportamento del genitore, non più discutibile in sede di legittimità. Ne consegue che, pacifico essendo l’obbligo di custodia a carico del Comune ricorrente, rimane non superato l’accertamento compiuto dalla sentenza secondo cui il Comune non ha dimostrato l’esistenza del caso fortuito, unico elemento che avrebbe potuto escludere la sua responsabilità.

2. Con il secondo motivo di ricorso si lamenta un errore giuridico nell’applicazione dell’art. 2697 c.c., sostenendo che nessuna prova sarebbe stata fornita dal danneggiato circa l’esistenza della presunta irregolarità nel prato sintetico esistente per la protezione dalle cadute.

2.1. Il motivo è inammissibile, vuoi per l’evidente genericità vuoi perchè tende a sollecitare il riesame del merito.

3. Il ricorso, pertanto, è dichiarato inammissibile.

A tale esito segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate ai sensi del D.M. 10 marzo 2014, n. 55.

Sussistono, inoltre, le condizioni di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 2.200, di cui Euro 200 per spese, oltre spese generali ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza delle condizioni per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta Sezione Civile – 3, il 20 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 8 luglio 2020

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