Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14165 del 07/06/2017


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Cassazione civile, sez. I, 07/06/2017, (ud. 04/04/2017, dep.07/06/2017),  n. 14165

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TIRELLI Francesco – Presidente –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna – Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. FRAULINI Paolo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 5847/2012 R.G. proposto da:

AZIENDA SANITARIA LOCALE DI LECCE, rappresentata e difesa dall’avv.to

Vito Aurelio Pappalepre, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI SAN PIETRO IN LAMA, rappresentato e difeso dall’avv.

Ernesto Sticchi Damiani, giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Lecce n. 674/11

depositata in data 1 settembre 2011.

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 4 aprile 2017

dal Consigliere Dott. Paolo Fraulini;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. SORRENTINO Federico, che ha concluso chiedendo il

rigetto del ricorso.

uditi gli Avv. Carlo Albini per la ricorrente e Francesco Mangazzo

per il controricorrente.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Corte di appello di Lecce ha respinto l’appello proposto dalla AZIENDA SANITARIA LOCALE DI LECCE avverso la sentenza con cui il Tribunale di Lecce ha dichiarato il diritto di proprietà del COMUNE DI SAN PIETRO IN LAMA su una porzione di immobile sito in (OMISSIS), condannando la ASL alla retrocessione dell’immobile in quanto detenuto senza alcun titolo.

2. Il giudice di appello, ritenendo applicabile alla fattispecie il D.Lgs n. 229 del 1999, art. 5, comma 1, ha statuito che il bene oggetto di lite era di proprietà del Comune che lo aveva costruito su suolo di sua proprietà, non essendo stato trasferito alla ASL per effetto di legge o di provvedimento amministrativo, ma essendo anzi rimasto nella disponibilità di fatto dell’ente per l’esercizio della propria attività sanitaria. Ne derivava che, per potersi considerare validamente acquisito al patrimonio aziendale, l’immobile necessitava di uno dei modi di acquisto della proprietà previsti dalla legge, nella specie non verificatisi, non essendo a tal fine sufficiente la mera destinazione dell’immobile allo svolgimento delle finalità istituzionali dell’azienda.

3. Avverso tale sentenza la AZIENDA SANITARIA LOCALE DI LECCE ricorre con due motivi, resistiti dal COMUNE DI SAN PIETRO IN LAMA con controricorso. La ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il ricorso lamenta:

1.1. Primo motivo: “Violazione e falsa applicazione ed interpretazione del D.Lgs. 30 dicembre 1992, art. 5, n. 502 (sia nella sua formulazione originaria che nel testo risultante dalle modifiche operate con il D.Lgs. n. 517 del 1993 e con il D.Lgs. n. 229 del 1999) nonchè della L.R. Puglia 16 gennaio 1981, n. 8, art. 69, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3; insufficienza e contraddittorietà della motivazione circa un fatto decisivo del giudizio in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5” deducendo l’erroneità della sentenza impugnata per non avere applicato il D.Lgs. n. 502 del 1992, art. 5, nella sua formulazione originaria, laddove prevedeva la natura meramente ricognitiva dl patrimonio della ASL al momento della sua costituzione, come peraltro confermato anche dalla L.R. Puglia n. 8 del 1981, art. 69, comma 1. In ogni caso erronea era la considerazione su cui la corte territoriale ha fondato la sua pronuncia basata sull’affermazione che per aversi un valido trasferimento patrimoniale alle ASL non sarebbe sufficiente il vincolo di destinazione allo svolgimento della relativa attività istituzionale, posto che proprio e solo su tale vincolo il legislatore del 1992 avrebbe fondato il discrimine per l’identificazione del patrimonio da destinare alle ASL dopo la loro privatizzazione, da ritenersi pertanto affidato alla sola ricognizione della preesistenza del vincolo di destinazione all’entrata in vigore della riforma del 1992. La ricorrente aggiunge che di tale alterità anche il Comune controricorrente sarebbe stato avvertito, tanto da aver proposto alla ASL con Delib. 20 gennaio 2000 il trasferimento della proprietà dell’immobile per cui è causa; circostanza che il giudice di primo grado avrebbe erroneamente qualificato come proposta di acquisto e che il giudice di appello avrebbe totalmente omesso di esaminare.

1.2. Secondo motivo: “Violazione e falsa applicazione della L.R. Puglia 30 dicembre 1994, n. 38, nonchè degli artt. 826 e 828 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1; omessa motivazione circa un fatto decisivo del giudizio in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5” deducendo l’erroneità della sentenza nella parte in cui ha pronunciato la retrocessione del bene al Comune, posto che tale pronuncia sarebbe inibita dal disposto della L.R. Puglia 30 dicembre 1994, n. 38, art. 49, come puntualmente eccepito dalla ASL nell’atto di appello, a tenore del quale i beni appartenenti alle Aziende sanitarie sarebbero indisponibili e come tali su di essi non sarebbe possibile operare alcuna forma di mutamento della destinazione sino alla cessazione del vincolo di indisponibilità.

2. Il ricorso è infondato e va respinto.

2.1. Il primo motivo di ricorso è infondato. Ai fini della soluzione della questione vengono in rilievo la L. n. 833 del 1978, art. 66 e il D.Lgs. n. 502 del 1992, art. 66. L’art. 66 stabilisce che: a) i beni mobili ed immobili e le attrezzature degli enti ospedalieri sono trasferiti al patrimonio del Comune in cui sono collocati con vincolo di destinazione alle Unità sanitarie locali; b) i rapporti giuridici relativi alle attività di assistenza sanitaria attribuita alle unità sanitarie locali sono trasferiti ai Comuni competenti per territorio; c) alle Unità sanitarie locali è affidata la gestione dei beni e delle attrezzature destinati ai servizi igienico-sanitari dei Comuni e all’esercizio di tutte le funzioni dei Comuni in materia igienico-sanitaria; d) le Regioni adottano gli atti legislativi ed amministrativi necessari per realizzare i trasferimenti e regolare i rapporti patrimoniali degli enti ed istituti ospedalieri soppressi. L’art. 5, prima della sua riforma ad opera della L. n. 229 del 1999, prevedeva che i beni mobili, immobili, compresi quelli da reddito, e le attrezzature che alla data di entrata in vigore del presente decreto (1992) facevano parte del patrimonio dei Comuni e delle Province con vincolo di destinazione alle U.S.L. erano trasferiti al patrimonio delle U.S.L. e delle Aziende ospedaliere con provvedimento regionale. Dopo la sua sostituzione ad opera del citato Decreto n. 229 del 1999, il medesimo articolo prevede ora che il trasferimento dei beni al patrimonio delle Aziende sanitarie avviene in virtù di leggi (statali e/o regionali), provvedimenti amministrativi, nonchè ove detti beni siano comunque acquisiti nell’esercizio della attività dell’ente o a seguito di liberalità.

La corretta ricostruzione della disciplina del trasferimento può quindi così riassumersi:

a) a seguito della soppressione delle Unità sanitarie locali, i beni già di proprietà dei disciolti Enti ospedalieri ed oggetto di trasferimento, ai sensi del sopra trascritto della L. n. 833 del 1978, art. 66, al patrimonio del Comune ove detti beni sono ubicati, con vincolo di destinazione in favore delle USL medesime, concorrono a formare il patrimonio delle Aziende Ospedaliere subentrate agli enti originariamente espropriati, automaticamente ai sensi del D.Lgs. n. 502 del 1992, art. 5, nella sua originaria formulazione, o a seguito di atto espresso, per effetto della novella del 1999; in tali casi, ove cioè i beni appartenessero alle USL e fossero transitati agli enti locali, il ritrasferimento è automatico o comunque deve ritenersi avvenuto ope legis (Cass., Sez. 2, Sentenza n. 21298 del 20/10/2016);

b) ove invece i beni non siano stati di proprietà dell’Ente ospedaliero o della USL, ma di proprietà ab origine del Comune (o di altro ente pubblico), il presupposto per il trasferimento si rinviene nel D.Lgs. n. 502 del 1992, citato art. 5 e quindi avviene in via automatica ove sia applicabile ratione temporis l’originaria formulazione dell’art. 5 del citato decreto, ovvero per effetto di atto espresso ove di applichi la norma nella sua versione successiva alla novella del 1999. Ma in entrambi i casi è necessario che sia operante il vincolo di destinazione sull’immobile in favore della Azienda sanitaria, per effetto di un provvedimento regionale che abbia imposto il diritto conformativo sulla proprietà come conseguenza del riconoscimento della funzione socialmente rilevante dell’attività ivi espletata (Cass., Sez. 1, Sentenza n. 5038 del 08/03/2005; Sez. 3, Sentenza n. 15761 del 12/07/2006; Sez. 3, Sentenza n. 12936 del 04/06/2007);

2.2. Con tali premesse, nella fattispecie oggetto della presente controversia va osservato che:

2.2.1 L’immobile per cui è causa è stato costruito ex novo dal Comune resistente nel 1982, dunque dopo la riforma del servizio sanitario nazionale del 1978. E’ pertanto di originaria proprietà comunale, come affermato dalla Corte di appello (cfr. pag. 7 sentenza impugnata); tale affermazione, che costituisce il fondamento della ratio decidendi – posto che da tale premessa il giudice di appello ha ritenuto carente la allegazione e la prova di un qualsiasi evento traslativo della proprietà del bene – non risulta censurata dalla ricorrente, che si diffonde nella ricostruzione normativa del fenomeno successorio della ASL per effetto della normativa di settore, ma non contrasta la circostanza in fatto che l’immobile oggetto di lite non appartenesse al patrimonio delle soppresse Aziende ospedaliere o delle Unità sanitarie locali previste dalla legislazione del 1978.

2.2.2. Ne deriva che la fattispecie rientra nella fattispecie esaminata al superiore punto 2.1., sub lettera b): perchè si verifichi il trasferimento è necessario dimostrare l’esistenza di un provvedimento amministrativo impositivo del vincolo di destinazione sull’immobile, e ciò sia che si ritenga applicabile del D.Lgs. n. 502 del 1992, art. 5, nella sua formulazione originaria o in quella novellata.

2.2.3 Nel caso di specie la ricorrente omette di allegare, ancor prima che di provare, tale circostanza, posto che l’affermazione, contenuta a pag. 12 del ricorso, che al 1 gennaio 1993 l’immobile fosse già sottoposto per esplicita volontà del Comune, oltre che per espressa disposizione della L.R. n. 8 del 1981, art. 69, a vincolo di destinazione d’uso in favore della ASL sin dal 1982, va ritenuta inammissibile per violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 6, non indicando la ricorrente quando e dove questa allegazione sia stata introdotta e provata nelle fasi di merito del processo, nelle quali di tale circostanza non v’è traccia.

2.2.4 Parimenti inammissibile è il motivo nella parte in cui lamenta il vizio di motivazione, posto che la questione dell’interpretazione della Delib. Comunale 20 gennaio 2000, n. 13, è stata oggetto di pronuncia da parte del solo giudice di primo grado; prima di lamentare l’omessa pronuncia sul punto da parte del giudice di appello, la ricorrente avrebbe dovuto indicare nella censura quando e dove la questione sia stata sottoposta al giudice di appello, apparendo evidente che il vizio di omessa motivazione può sussistere solo ove la questione sia stata sottoposta all’attenzione del giudice e che certamente questa Corte non può censurare un’affermazione contenuta nella sentenza di primo grado.

2.3 Infondato è parimenti il secondo motivo di ricorso. Il motivo non trascrive nè allega l’atto di appello ove asserisce di avere fatto riferimento all’applicazione della L.R. Puglia n. 38 del 1994, di cui lamenta l’omessa motivazione da parte del giudice di appello, per cui già per tale circostanza potrebbe essere dichiarato inammissibile ai sensi dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6.

In ogni caso, quand’anche volesse ritenersi sufficiente il rinvio all’atto di citazione in appello, va rilevato che la L.R. Puglia n. 38 del 1994, art. 49, fa testuale riferimento ai beni appartenenti alle USL e alle Aziende sanitarie ospedaliere; nella specie si è già argomentato come non si sia in presenza di tale fattispecie, bensì di un bene originariamente di proprietà del Comune, di talchè la norma citata non appare applicabile e non inficia quindi in alcun modo le conclusioni cui è pervenuta la sentenza impugnata, sì da far ritenere insussistente la denunciata omissione di motivazione sul punto.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento in favore del controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 4 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 7 giugno 2017

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