Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14164 del 08/07/2015


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Civile Sent. Sez. L Num. 14164 Anno 2015
Presidente: MACIOCE LUIGI
Relatore: PATTI ADRIANO PIERGIOVANNI

SENTENZA

sul ricorso 19774-2009 proposto da:
IPOST

ISTITUTO

POSTELEGRAFONICI

GESTIONE

COMMISSARIALE FONDO BUONUSCITA POSTE ITALIANE S.P.A.,
in persona del legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliato in ROMA, VIA FULCIERI
PAOLUCCI D2 CALBOLI 5, presso lo studio dell’avvocato
2015
1956

DARIO BUZZELLI, che lo rappresenta e difende, giusta
delega in atti;
– ricorrente contro

PRATO MARIA GRAZIA;

Data pubblicazione: 08/07/2015

- intimata avverso la sentenza n. 880/2008 della CORTE D’APPELLO
di TORINO, depositata il 22/09/2008 R.G.N. 1218/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 05/05/2015 dal Consigliere Dott. ADRIANO

udito l’Avvocato COLAIACONO GIUSEPPE per delega
BUZZELLI DARIO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIANFRANCO SERVELLO che ha concluso
per l’accoglimento del primo motivo, inammissibilità
in subordine rigetto del secondo motivo.

PIERGIOVANNI PATTI;

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La Corte d’appello di Torino, in parziale riforma della sentenza di primo grado (che aveva
condannato Ipost — Gestione Commissariale Fondo Buonuscita Lavoratori Poste Italiane s.p.a.
al pagamento della somma di € 7.402,77, oltre interessi dal 30 gennaio 2007, in favore di

pubblico economico e quindi (il 28 febbraio 1998) in s.p.a., fino al 30 aprile 2006, per
riliquidazione a tale data dell’indennità di buonuscita sulla base della retribuzione goduta alla
data di cessazione del rapporto, anzichè al 28 febbraio 1998, compensando le spese di
giudizio), con sentenza 22 settembre 2008, riduceva detta condanna alla somma netta di €
4.330,00, oltre interessi dal 30 aprile 2006; in accoglimento dell’appello incidentale della
lavoratrice, condannava Ipost alla rifusione ad essa delle spese dei due gradi in misura di due
terzi, compensando il terzo residuo e poneva quelle di C.t.u. a carico solidale delle parti.
A fronte della possibile alternativa interpretazione della liquidazione dell’indennità di
buonuscita per il periodo lavorativo antecedente alla data di trasformazione del rapporto sulla
base dell’ultimo stipendio spettante a tale data (secondo la locuzione di corresponsione
dell’indennità maturata, ai sensi dell’art. 53, sesto comma l. 449/1997) ovvero alla cessazione
del rapporto di lavoro (secondo il riferimento all’ultimo stipendio ai sensi dell’art. 3, terzo
comma d.p.r. 1032/73), la Corte territoriale riteneva corretta la seconda interpretazione,
costituzionalmente compatibile e di maggiore equità, così come il Tribunale, rettificandone
solo la condanna nel quantum, per la contestazione da Ipost del conteggio della lavoratrice,
sulla base della disposta C.t.u. contabile.
Con atto notificato il 14 settembre 2009 Ipost s.p.a. ricorre per cassazione con due motivi,
illustrati da memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c.; Maria Prato resta intimata.

MOTIVI DELLA DECISIONE
11 collegio ha autorizzato la redazione della motivazione in forma semplificata.
Con il primo motivo, la società ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 53,
sesto comma 1. 449/1997 e 3, terzo comma d.p.r. 1032/1973, in relazione all’art. 360, primo
comma, n. 3 c.p.c., per il corretto calcolo dell’indennità di buonuscita spettante ai dipendenti
postali cessati dal servizio dopo la trasformazione dell’Ente Poste in Poste Italiane s.p.a. (28

Maria Prato, dipendente dell’amministrazione delle Poste, trasformatasi prima in ente

febbraio 1998) sulla base dello stipendio goduto a tale data e non di quello percepito alla data
di cessazione del servizio, eventualmente incrementato da miglioramenti stipendiali
successivi.
Con il secondo, la società ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 3,
primo, secondo e quarto comma d.l. 79/1997, conv. in 1. 140/1997, in relazione all’art. 360,

servizio per motivi diversi dal raggiungimento dei limiti di età, dalla inabilità o dal decesso,
dei soli interessi sull’indennità di buonuscita non erogata a partire dal nono mese successivo
alla cessazione del servizio e non da tale momento.
Il primo motivo, relativo a violazione e falsa applicazione degli artt. 53, sesto comma 1.
449/1997 e 3, terzo comma d.p.r. 1032/1973, per il corretto calcolo dell’indennità di
buonuscita spettante ai dipendenti postali cessati dal servizio dopo la trasformazione dell’Ente
Poste in Poste Italiane s.p.a. sulla base dello stipendio goduto a tale data, è fondato.
Reputa il collegio di dare continuità, per la sua condivisibile correttezza, all’ormai consolidato
indirizzo di questa Corte, secondo cui i dipendenti di Poste italiane s.p.a., collocati a riposo
dopo la data di costituzione di quest’ultima, hanno diritto, per il servizio prestato fino al 28
febbraio 1998, all’indennità di buonuscita, calcolata nell’ammontare sulla base della
retribuzione corrisposta a tale data: dovendosi ritenere che la trasformazione dell’Ente Poste
italiane in società per azioni e il conseguente assoggettamento del rapporto al diverso regime
giuridico, nel quale un ruolo significativo è assegnato alla contrattazione collettiva, abbia
cristallizzato la determinazione dell’ammontare dell’indennità in questione (pur restandone
l’esigibilità legata alla cessazione del rapporto), senza che assumano rilievo i successivi
incrementi collegati alla dinamica salariale.
L’art. 53, sesto comma 1. 449/1997 ha, infatti, previsto che “a decorrere dalla data di
trasformazione dell’Ente Poste Italiane in società per azioni… al personale dipendente della
società medesima spettano: a) il trattamento di fine rapporto di cui all’art. 2120 c.c., e, per il
periodo lavorativo antecedente, l’indennità di buonuscita maturata, secondo la normativa
vigente prima della data di cui all’alinea del presente comma” (ossia 28 febbraio 1998).

La formulazione della norma esclude la condivisibilità del percorso argomentativo e delle
conclusioni della sentenza impugnata. L’aggettivo “maturata” indica ciò che ha finito di
crescere, che è giunto a compimento: sicchè il riferimento alla buonuscita di una tale qualità

primo comma, n. 3 c.p.c., per la spettanza al dipendente di Poste Italiane s.p.a. cessato dal

significa che essa è ben definita, non suscettibile di ulteriore incremento nel suo ammontare,
pur se esigibile al termine del rapporto. D’altronde, se il legislatore ha inteso distinguere tra
prima e dopo il 28 febbraio 1998, disponendo che da tale data in poi vada applicata la
disciplina prevista dall’art. 2120 c.c., non è logicamente ipotizzabile, nel complessivo sistema
introdotto con la 1. 297/1982, che quella indennità possa subire incrementi per effetto della

l’indennità di anzianità maturata al 30 maggio 1982 debba essere calcolata nel suo ammontare
a tale data e quindi accantonata, per essere poi concretamente corrisposta alla risoluzione del
rapporto, insieme con gli accantonamenti annualmente contabilizzati dopo quella data. Sícchè,
se con la modifica apportata da tale legge si è inteso cristallizzare l’ammontare del maturato al
30 maggio 1982, non si comprende perché con l’art. 53 richiamato il legislatore dovrebbe
avere disposto altrimenti: pure dato atto del non previsto meccanismo di rivalutazione
periodica della buonuscita, a differenza di quanto invece stabilito per il T.f.r. dall’art. 2120
c.c. (con ravvisata infondatezza del dubbio di legittimità prospettato, secondo Corte cost. 25
ottobre 2006 n. 366 e 27 dicembre 2007 n. 444). Una diversa regola di disciplina non
riuscirebbe ragionevolmente comprensibile, anche considerata la natura pubblica dell’ente
prima della privatizzazione, che imponeva una diversità di trattamento (Cass. 5 aprile 2013, n.
8444; Cass. 6 agosto 2009, n. 17987; Cass. 26 novembre 2008, n. 28281).
Anche il secondo motivo, relativo a violazione e falsa applicazione degli artt. 3, primo,
secondo e quarto comma d.l. 79/1997, conv. in 1. 140/1997, per la spettanza al dipendente di
Poste Italiane s.p.a. cessato dal servizio per motivi diversi dal raggiungimento dei limiti di età,
dalla inabilità o dal decesso, dei soli interessi sull’indennità di buonuscita non erogata a
partire dal nono mese successivo alla cessazione del servizio, è fondato.
Ed infatti, in tema di indennità di buonuscita dei dipendenti postali cessati dal servizio dopo il
28 febbraio 1998, a norma dell’art. 3, secondo comma d.l. 79/1997, conv. con rnod. in I.
140/1997, l’ente erogatore provvede alla liquidazione dei trattamenti di fine servizio,
comunque denominati, decorsi sei mesi dalla cessazione del rapporto di lavoro e alla
corresponsione entro i successivi tre mesi, decorsi i quali sono dovuti gli interessi: dovendosi
ritenere, in relazione alla natura pubblica di Ipost (preposto per legge al pagamento della quota
di trattamento di fine rapporto, costituita dall’indennità di buonuscita maturata alla data del 28
febbraio 1998, in esito ad un formale procedimento di liquidazione), sussistenti i presupposti

dinamica salariale: con l’art. 5 di detta legge, infatti, è stato stabilito espressamente che

previsti dalla normativa per la sua applicazione, senza che siano fondati i dubbi di legittimità
rispetto all’art. 3 Cost., tenuto conto della peculiarità della vicenda del rapporto di lavoro dei
dipendenti postali, il cui datore si è trasformato da amministrazione statale ad ente pubblico
autonomo fino ad assumere la forma di società per azioni, e della persistenza, sia pure pro
quota, del precedente sistema della buonuscita in ragione della pregressa natura pubblica del

agosto 2009, n_ 17987).
Sicchè, in accoglimento del ricorso, la sentenza impugnata deve essere cassata: con rinvio
alla Corte d’appello di Torino che, in diversa composizione, procederà all’accertamento
dell’esatto ammontare dell’indennità di buonuscita da corrispondere a Maria Prato, sulla base
del trattamento retributivo in godimento al 27 febbraio 1998 e all’esame della sua domanda
subordinata di rivalutazione della predetta indennità così liquidata, in applicazione del
principio di diritto ribadito in accoglimento del secondo motivo, oltre che alla regolazione
delle spese dell’odierno giudizio di legittimità.

P.Q.M.
La Corte
accoglie entrambi i motivi di ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese
del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Torino, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 5 maggio 2015

Il Presi nte

datore di lavoro (Cass. 18 settembre 2013, n. 21257; Cass. 5 aprile 2013, n. 8444; Cass. 6

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