Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14162 del 27/06/2011

Cassazione civile sez. lav., 27/06/2011, (ud. 05/05/2011, dep. 27/06/2011), n.14162

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio – Presidente –

Dott. LA TERZA Maura – rel. Consigliere –

Dott. CURCURUTO Filippo – Consigliere –

Dott. FILABOZZI Antonio – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 5968-2007 proposto da:

ARIN AZIENDA RISORSE IDRICHE DI NAPOLI, ARIN S.P.A., in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliati in ROMA,

PIAZZA DEL PARADISO 55, presso lo studio dell’avvocato DELLA CHIESA

D’ISASCA FLAMINIA, rappresentati e difesi dall’avvocato RIZZO NUNZIO,

giusta delega in atti;

– ricorrenti –

contro

A.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CAVOUR 211,

presso lo studio dell’avvocato CAPECCI FRANCESCO, rappresentato e

difeso dall’avvocato FERRARA GIOVANNI, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1661/2006 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 24/03/2006 R.G.N. 1269/03;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

05/05/2011 dal Consigliere Dott. LA TERZA Maura;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SEPE Ennio Attilio che ha concluso per il rigetto, in subordine

accoglimento per quanto di ragione.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con la sentenza impugnata la Corte d’appello di Napoli confermava l’accoglimento della domanda proposta da A.A. nei confronti dell’ARIN per ottenere le differenze della pensione aziendale con il computo della maggiore retribuzione spettante, conseguente al riconoscimento giudiziale al superiore inquadramento, nonchè il compenso per lavoro festivo, notturno reso nelle festività, per indennità Lufrano, indennità di galleria e buono pasto.

La Corte negava in primo luogo che la domanda fosse preclusa dal giudicato formatosi in altro giudizio, perchè questo aveva un diverso oggetto, trattandosi della legittimità di una delibera dell’Arin ritenuta conforme alla L. n. 449 del 1997, art. 59, comma 4, che impediva di tenere conto dell’adeguamento delle pensioni alla evoluzione della retribuzione dei dipendenti in servizio, mentre nella specie si trattava di differenze pensionistiche conseguenti alla inclusione di alcune indennità nella base di calcolo della pensione medesima. Era incontestato che tutte le indennità richieste erano state percepite con carattere fisso e continuativo. La Corte territoriale disattendeva la ” tesi dell’Arin per cui con la Delib.

n. 404 del 1987 era stata decisa la inclusione nella pensione aziendale solo delle indennità computabili nella pensione CPDEL, facendo riferimento alla giurisprudenza di legittimità in tal senso.

Parimenti da includere era sia la maggiorazione dell’8% in quanto derivante dalla contrattazione collettiva nazionale, sia la maggior retribuzione spettante in forza del superiore inquadramento riconosciuto in sede giudiziale. Avverso detta sentenza l’Arin ricorre con tre motivi, Resiste l’ A. con controricorso, illustrato da memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo si censura la sentenza per violazione dell’art. 2909 cod. civ. perchè avrebbe disatteso il giudicato concernente la riliquidazione della pensione sulla base della evoluzione retributiva del personale in servizio, giudicato che coprirebbe il dedotto ed il deducibile e quindi anche in merito al computo della pensione aziendale.

Con il secondo motivo si censura la sentenza per violazione degli artt. 102, 107 e 337 c.p.c. e per difetto di motivazione, perchè i Giudici d’appello non si sarebbero pronunziati in ordine alla richiesta di integrazione del contraddittorio con l’Inpdap, influendo l’ammontare della pensione aziendale su quella obbligatoria erogata dall’Inpdap. Con il terzo motivo, lamentando violazione del D.L. n. 55 del 1983, art. 30 convertito in L. n. 131 del 1983, della L. n. 379 del 1955, art. 12, della L. n. 335 del 1995, art. 1, comma 9, dell’art. 1362 c.c. e di varie disposizioni del Regolamento del personale Arian del 1945, degli accordi sindacali del 1974 e del 1991 e della Commissione Amministratrice n. 1 del 1968 e del Commissario prefettizio n. 404/87, nonchè difetto di motivazione, si censura la sentenza per avere affermato che, essendo da parificare la pensione CPDEL e quella aziendale, in quest’ultima si dovrebbero computare tutte le voci retributive. Al contrario, sostiene il ricorrente con la Delib. del 1987 del Commissario prefettizio si era deciso di includere nella pensione aziendale tutti gli emolumenti computabili nella pensione CPDEL la quale a sua volta, ai sensi della L. n. 131 del 1983, art. 30 si calcola includendo solo gli emolumenti previsti dalla legge, da decreti o dai contratti collettivi nazionali; la sentenza impugnata avrebbe omesso di considerare che “la maggior parte delle indennità in oggetto” derivano da accordi sindacali aziendali e non da un contratto collettivo nazionale, onde le medesime non dovevano entrare a far parte nè della pensione CPDEL, nè di quella aziendale. Il ricorso non merita accoglimento.

Quanto al primo motivo, esso è improcedibile, ai sensi dell’art. 369 c.p.c., n. 4 che impone il deposito, unitamente al ricorso, degli atti processuali, dei documenti oltre che dei contratti e accordi collettivi, su cui il ricorso si fonda, e poichè la censura concerne la violazione del giudicato, questo doveva necessariamente essere allegato al ricorso, oppure essere indicato espressamente in quale parte dei fascicoli di merito esso era reperibile, perchè solo disponendo di quel giudicato si poteva accertare se la odierna domanda fosse preclusa. Parimenti infondato è il secondo motivo sulla omissione di pronunzia.

E’ stato infatti affermato (Cass. n. 2313 del 01/02/2010 e n. 5139/2011) che “Alla luce dei principi di economia processuale e della ragionevole durata del processo come costituzionalizzato nell’art. 111 Cost., comma 2, nonchè di una lettura costituzionalmente orientata dell’attuale art. 384 cod. proc. civ. ispirata a tali principi, una volta verificata l’omessa pronuncia su un motivo di appello, la Corte di cassazione può omettere la cassazione con rinvio della sentenza impugnata e decidere la causa nel merito allorquando la questione di diritto posta con il suddetto motivo risulti infondata, di modo che la pronuncia da rendere viene a confermare il dispositivo della sentenza di appello (determinando l’inutilità di un ritorno della causa in fase di merito), sempre che si tratti di questione che non richiede ulteriori accertamenti di fatto”.

Nella specie sarebbe stata del tutto inutile la chiamata in causa dell’Inpdap in quanto completamente estraneo a tutte le questioni riguardanti la pensione aziendale, giacchè detto ente è deputato alla erogazione della pensione obbligatoria. Nessuna domanda è stata spiegata nei suoi confronti, onde si tratterebbe in sostanza di una chiamata a scopo istruttorio per accertare quali somme sono da escludere dal computo della pensione erogata che, si assume in ricorso, dovrebbero parimenti essere escluse dalla pensione aziendale. Una chiamata di tal fatta è inammissibile.

Infondato è anche il terzo motivo, perchè, anche a seguire il ragionamento svolto in ricorso, per cui nella pensione aziendale dovrebbero essere inclusi solo gli emolumenti contemplati dalla legge e dai contratti collettivi nazionali di lavoro, nel medesimo ricorso non si precisa se e quali dei molteplici emolumenti riconosciuti come computabili dalla sentenza impugnata (lavoro festivo, notturno reso nelle festività, indennità Lufrano, indennità di galleria e buono pasto) non siano previsti dalla contrattazione collettiva nazionale e dovrebbero quindi essere esclusi dal computo della pensione aziendale. Conclusivamente il ricorso va rigettato. Le spese, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese liquidate in Euro 20,00 per esborsi ed in duemila Euro per onorari, oltre spese generali, Iva e CPA. Così deciso in Roma, il 5 maggio 2011.

Depositato in Cancelleria il 27 giugno 2011

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