Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14161 del 11/06/2010

Cassazione civile sez. trib., 11/06/2010, (ud. 03/03/2010, dep. 11/06/2010), n.14161

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Presidente –

Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – rel. Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato e presso

la stessa domiciliata in Roma in Via dei Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

M.M.;

– intimato –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio

n. 234/36/07, depositata il 4 dicembre 2007.

Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 3

marzo 2010 dal Relatore Cons. Dott. Antonio Greco.

La Corte:

 

Fatto

RITENUTO IN FATTO

che, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., è stata depositata in cancelleria la seguente relazione:

“L’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione nei confronti della sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio n. 234/36/07, depositata il 4 dicembre 2007, che, rigettando l’appello dell’Agenzia delle entrate, Ufficio di Albano Laziale, ha riconosciuto a M.M. il diritto al rimborso dell’IRAP versata per gli anni 1998, 1999 e 2000, ritenendo privo di pregio il rilievo dell’amministrazione appellante secondo cui l’essersi avvalso il contribuente della definizione agevolata prevista dalla L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 9, comportava la cessazione della materia del contendere nel giudizio in corso e la preclusione del rimborso richiesto.

Nei confronti della decisione l’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione.

Il contribuente non ha svolto attività nella presente sede.

Il ricorso contiene due motivi.

Con il primo l’Agenzia delle entrate censura la sentenza per non aver rilevato d’ufficio l’estinzione del giudizio per intervenuto condono;

con il secondo, denunciando violazione della L. n. 289 del 2002, art. 9, deduce che il condono determina l’estinzione dell’eventuale diritto al rimborso di somme corrisposte in eccesso, in relazione alle annualità di imposta oggetto di definizione; con il terzo motivo denuncia violazione della normativa istitutiva dell’IRAP sotto il profilo del presupposto impositivo costituito dalla sussistenza di autonoma organizzazione; con il quarto, vizio di motivazione.

I motivi rispondono ai requisiti prescritti dall’art. 366 bis cod. proc. civ..

Questa Corte ha affermato che, con riferimento alla definizione automatica prevista dalla L. n. 289 del 2002, art. 9, l’esercizio della facoltà di ottenere la chiusura delle liti fiscali pendenti, pagando una somma correlata al valore della causa, produce un effetto estintivo del giudizio, che opera anche in relazione alle domande giudiziali riguardanti le richieste di rimborso d’imposta (nella specie, IRAP), con la conseguenza che l’intervenuta proposizione della relativa istanza, palesandosi come questione officiosa, di ordine pubblico, deve essere rilevata d’ufficio dal giudice prima di ogni altra (Cass. n. 25239 del 2007).

Ed ha altresì affermato che, con riferimento alla definizione automatica prevista dalla L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 9, la presentazione della relativa istanza preclude al contribuente ogni possibilità di rimborso per le annualità d’imposta definite in via agevolata, ivi compreso il rimborso di imposte asseritamente inapplicabili per assenza del relativo presupposto (nella specie, IRAP): il condono, infatti, in quanto volto a definire transattivamente la controversia in ordine all’esistenza di tale presupposto, pone il contribuente di fronte ad una libera scelta tra trattamenti distinti e che non si intersecano tra loro, ovverosia coltivare la controversia nei modi ordinar, conseguendo se del caso il rimborso delle somme indebitamente pagate, oppure corrispondere quanto dovuto per la definizione agevolata, ma senza possibilità di riflessi o interferenze con quanto eventualmente già corrisposto in via ordinaria ( Cass. n. 3682, n. 6504, n. 25239 del 2007).

In conclusione, si ritiene, che, ai sensi dell’art. 375 cod. proc. civ., comma 1, n. 5, e art. 380 bis cod. proc. civ., il primo ed il secondo motivo di ricorso possano essere decisi in Camera di consiglio in quanto manifestamente fondati, assorbito l’esame degli altri motivi”;

che la relazione è stata comunicata al Pubblico Ministero e notificata agli avvocati delle parti costituite;

che non sono state depositate conclusioni scritte nè memorie.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che il Collegio, a seguito della discussione in Camera di consiglio, condivide i motivi in fatto e in, diritto esposti nella relazione e pertanto, ribaditi i principi di diritto sopra enunciati, i primi due motivi del ricorso devono essere accolti, assorbito l’esame del terzo e del quarto, la sentenza impugnata va cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384 cod. proc. civ., comma 1, con il rigetto del ricorso introduttivo del contribuente;

che sussistono giusti motivi per disporre la compensazione delle spese dell’intero giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo del contribuente.

Compensa le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, il 3 marzo 2010.

Depositato in Cancelleria il 11 giugno 2010

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