Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1416 del 21/01/2011

Cassazione civile sez. III, 21/01/2011, (ud. 15/12/2010, dep. 21/01/2011), n.1416

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FILADORO Camillo – Presidente –

Dott. MASSERA Maurizio – rel. Consigliere –

Dott. AMENDOLA Adelaide – Consigliere –

Dott. ARMANO Uliana – Consigliere –

Dott. LANZILLO Raffaella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

M.R., (OMISSIS), D.M.,

(OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA BELLINI

14, presso lo studio dell’avvocato PERNA DOMENICO, che li rappresenta

e difende giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

CREDIT BANCA SPA, (OMISSIS), in persona del Suo legale

rappresentante pro tempore Sig. D.G.F., elettivamente

domiciliato in ROMA, LUNG.TEVERE A. DA BRESCIA 9-10, presso lo studio

dell’avvocato FIORETTI ANDREA, che lo rappresenta e difende

unitamente agli avvocati DE SIMONE MARIA ROSARIA, DE SIMONE GAETANO

giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

e contro

BANCA NAPOLI SPA;

– intimato –

avverso la sentenza n. 3659/2005 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

Sezione Terza Civile, emessa il 09/11/2005, depositata il 22/12/2005;

R.G.N. 782/2002;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

15/12/2010 dal Consigliere Dott. MAURIZIO MASSERA;

udito l’Avvocato FIORETTI ANDREA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

RUSSO Rosario Giovanni che ha concluso per il rigetto del ricorso e

condanna alle spese.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza in data 31 agosto 2001 il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere dichiarava inefficace nei confronti di Credito Italiano S.p.A. e, per esso, del Banco di Napoli, l’atto con cui il debitore D.M. e il coniuge M.R. avevano costituito un immobile in fondo patrimoniale.

Con sentenza in data 9 novembre – 22 dicembre 2005 la Corte d’Appello di Napoli rigettava il gravame proposto dal D. e dalla M. nei confronti del Credito Italiano (ora Unicredit Banca) mentre dichiarava la nullita’ del giudizio di primo grado quanto al rapporto processuale relativo alla domanda proposta dal Banco di Napoli e, disposta la separazione delle cause, rimetteva al primo giudice quella concernente detta domanda.

La Corte territoriale osservava per quanto interessa: l’ambito della pronuncia era segnato dai motivi specifici addotti, con conseguente inammissibilita’ di ogni questione ulteriore; la notificazione dell’atto introduttivo del giudizio di primo grado alla M., genericamente contestata, risultava regolare; invece la comparsa d’intervento del Banco di Napoli non era stata notificata alla medesima M., rimasta contumace; il credito azionato risultava sorto ben prima della costituzione del fondo patrimoniale; era irrilevante che detto credito non inerisse a necessita’ della famiglia e che il fondo fosse limitato al solo diritto di abitare la casa da parte della famiglia; l’azione revocatoria era esperibile anche nei confronti della M..

Avverso la suddetta sentenza D. e M. hanno proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi.

Unicredit Banca S.p.A. ha resistito con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1 – Il primo motivo denuncia violazione e falsa applicazione dei principi di cui agli artt. 101, 161, 115, 102, 140, 170, 342 c.p.c., artt. 74 e 87 disp. att. c.p.c., omessa e contraddittoria motivazione sui punti decisivi della controversia. Si assume che i giudici di appello avevano omesso di esaminare i documenti, legittimamente acquisiti al processo e non contestati, comprovanti la residenza della M. a (OMISSIS).

2- Il secondo motivo ipotizza violazione dei principi di cui alle norme gia’ indicate e richiamate sotto il profilo della violazione e falsa applicazione del procedimento di notifica degli atti ex artt. 138 – 139 c.p.c.; omessa motivazione su un punto decisivo della controversia prospettato dall’appellante e rilevabile d’ufficio.

3 – Le due censure, la cui connessione consente la trattazione comune, sono inammissibili per una pluralita’ di ragioni. In primo luogo difettano di autosufficienza poiche’ non indicano quando siano stati prodotti i documenti e non ne riferiscono il contenuto, in tal modo impedendo alla Corte, che non ha accesso diretto agli atti, di eseguire le necessarie verifiche.

In secondo luogo le argomentazioni poste a rispettivo sostegno non dimostrano la violazione delle numerose norme indicate, ne’ delle asserite omissioni e contraddittorieta’ motivazionali, in contrasto con il disposto dell’art. 366 c.p.c., n. 4.

In terzo luogo gli argomenti addotti implicano l’interpretazione dei documenti (in particolare della relata di notifica) che e’ attivita’ riservata al giudice di merito e, pur accennandone, sostanzialmente prescindono dalla motivazione della Corte territoriale (genericita’ della censura sottoposta al suo esame, tardivita’ della produzione documentale) e, in particolare, dalla circostanza determinante che la M. sottoscrisse l’avviso di ricevimento della raccomandata con cui veniva informata dell’esecuzione della notificazione ai sensi dell’art. 140 c.p.c. 4 – Il terzo motivo lamenta violazione e falsa applicazione dei principi degli artt. 103, 11.1, 112, 279, 354, 161, 105 e 346 c.p.c. Si assume che i giudici di merito hanno errato nel ritenere che si versasse nell’ipotesi di cause riunite dal primo giudice, mentre Invece il Banco di Napoli era stato definito successore a titolo particolare, quindi parte e non terzo interventore.

La censura soffre delle medesime caratteristiche negative evidenziate a proposito della precedente: mancanza di autosufficienza e inidoneita’ delle argomentazioni addotte per dimostrare le numerose violazioni e false applicazioni delle norme di diritto indicate.

Ragioni di completezza impongono di sottolineare che, in ogni caso, lo scopo finale perseguito dai ricorrenti (la declaratoria di nullita’ del giudizio di primo grado anche nei confronti del rapporto processuale con il Credito Italiano) non potrebbe conseguire neppure all’accoglimento della censura.

5 – Il quarto motivo denuncia violazione e falsa applicazione dei principi di cui agli artt. 91 e 92 c.p.c.; erronea e omessa motivazione in ordine alla compensazione delle spese processuali. La censura attiene alla condanna in favore del Credito Italiano, che i ricorrenti assumono non essere stata parte autonoma del processo per la cessione del credito ritenuta dal primo giudice.

A tacer d’altro, e’ sufficiente rilevare che il Credilo Italiano ha introdotto il giudizio di primo grado, che esso e’ stato citato in appello proprio dal D. e dalla M., che alcune statuizioni della sentenza impugnata hanno riguardato specificamente la posizione del medesimo.

6 – Pertanto il ricorso va rigettato con aggravio per i soccombenti delle spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Condanna i ricorrenti al pagamento in solido delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 4.200,00, di cui Euro 4.000,00 per onorari, oltre spese generali e accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 15 dicembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 21 gennaio 2011

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