Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14159 del 08/07/2020

Cassazione civile sez. VI, 08/07/2020, (ud. 20/02/2020, dep. 08/07/2020), n.14159

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCODITTI Enrico – Presidente –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – rel. Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25064-2018 proposto da:

F.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA TARANTO, 95

LOTTO C SCALA A, presso lo studio dell’avvocato DONATO CICENIA, che

lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

Contro

ENEL ENERGIA S.P.A., in persona della sua procuratrice pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ALESSANDRIA 208, presso lo

studio dell’avvocato MASSIMILIANO CARDARELLI, che la rappresenta e

difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 111/2018 del TRIBUNALE di AVELLINO, depositata

il 22/01/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 20/02/2020 dal Consigliere Relatore Dott. FRANCESCO

MARIA CIRILLO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. F.A. convenne in giudizio la s.p.a. Enel energia davanti al Giudice di pace di Calitri e – sulla premessa di essere titolare di un’utenza di gas nel suo appartamento – chiese che la società fornitrice fosse condannata alla rideterminazione di due fatture asseritamente errate, nonchè al risarcimento del relativo danno.

Si costituì in giudizio la società convenuta, chiedendo il rigetto della domanda dell’attore e proponendo domanda riconvenzionale per il pagamento della somma complessiva di Euro 1.215,55.

Espletata istruttoria con lo svolgimento di una c.t.u., il Giudice di pace accolse la domanda, condannò la società Enel energia a rideterminare l’importo delle due fatture contestate ed al risarcimento del danno esistenziale liquidato nella somma di Euro 1.000, con il carico delle spese di lite.

2. La pronuncia è stata impugnata in via principale dalla società soccombente e in via incidentale dal F. e il Tribunale di Avellino, con sentenza del 22 gennaio 2018, in totale riforma di quella di primo grado, ha accolto l’appello principale, ha rigettato quello incidentale, ha rigettato la domanda proposta in primo grado dal F. e l’ha condannato alla rifusione delle spese di entrambi i gradi di giudizio.

3. Contro la sentenza del Tribunale di Avellino ricorre F.A. con atto affidato a cinque motivi.

Resiste la s.p.a. Enel energia con controricorso.

Il ricorso è stato avviato alla trattazione in camera di consiglio, sussistendo le condizioni di cui agli artt. 375,376 e 380-bis c.p.c., e il ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso si lamenta error in procedendo, error in indicando e violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), sul rilievo che la copia dell’atto di appello a lui notificata era da ritenere nulla perchè non conforme all’originale, perchè in essa non risultava la procura alle liti conferita al difensore.

1.1. Il motivo non è fondato.

Il Tribunale ha correttamente osservato che l’atto di appello conteneva l’indicazione del mandato in calce, mandato che effettivamente esisteva ed era stato depositato in giudizio unitamente all’originale; la procura era anteriore alla proposizione dell’impugnazione e presentava tutti i requisiti per il raggiungimento dello scopo, scopo che era stato raggiunto. Non sussisteva, quindi, alcuna nullità a causa della mancata allegazione della procura alla copia notificata.

La censura, peraltro erroneamente prospettata in termini di vizio di motivazione, è comunque priva di fondamento, posto che la giurisprudenza di questa Corte ha anche di recente ribadito che ai fini della validità dell’atto d’appello, è sufficiente che l’originale della procura sia contenuto in uno degli atti depositati dei quali la controparte abbia possibilità di prendere visione, al fine di verificare che la procura sia stata rilasciata in data anteriore alla costituzione in giudizio della parte rappresentata (sentenza 23 marzo 2018, n. 7286; v. pure l’ordinanza 26 gennaio 2018, n. 1981).

2. Con il secondo motivo di ricorso si lamenta error in procedendo, error in indicando e violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), sul rilievo che l’appello avrebbe dovuto essere dichiarato inammissibile ai sensi dell’art. 342 c.p.c..

2.1. Il motivo è inammissibile.

La censura, infatti, non indica per quale motivo l’appello sarebbe stato da ritenere generico nè riporta, almeno in parte, il contenuto delle doglianze che il Tribunale ha accolto, per cui è inammissibile alla luce della precedente giurisprudenza di questa Corte (sentenza 20 settembre 2006, n. 20405, e ordinanza 29 settembre 2017, n. 22880).

3. Con il terzo motivo di ricorso si lamenta error in procedendo, error in iudicando e violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), sul rilievo che il Tribunale non avrebbe valutato l’eccepita violazione dell’art. 348-bis c.p.c., in relazione al contenuto dell’appello.

3.1. Il motivo è palesemente infondato; è evidente che il giudice di appello, avendo constatato la fondatezza del gravame, non era certamente tenuto a dire per quale ragione lo stesso aveva ragionevoli probabilità di essere accolto.

4. Con il quarto motivo di ricorso sì lamenta error in procedendo, error in iudicando e violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), rilevando che la sentenza non avrebbe motivato in modo congruo sul perchè aveva ritenuto di decidere la causa in senso opposto a quello del giudice di primo grado.

4.1. Il motivo, quando non inammissibile, è privo di fondamento.

Ed invero il Tribunale, con una motivazione supportata dall’analisi dei documenti e dell’espletata c.t.u., ha spiegato che era risultato dimostrato che i conteggi eseguiti dalla società fornitrice erano corretti e che non vi era stata alcuna duplicazione delle somme nelle contestate fatture. Per la stessa ragione, poi, il Tribunale ha accolto la domanda riconvenzionale avanzata dalla società Enel energia in primo grado.

A fronte di tale accertamento in fatto, sul quale questa Corte non ha alcuna possibilità di intervenire, il motivo di ricorso, erroneamente proposto in termini di vizio di motivazione, maschera, in realtà, il tentativo di ottenere in questa sede un nuovo e non consentito esame del merito.

5. Con il quinto motivo di ricorso si lamenta error in procedendo, error in iudicando e violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), sostenendo che il Tribunale avrebbe errato nel rigettare l’appello incidentale del F., sul rilievo che la contestazione della c.t.u. era stata sollevata tardivamente.

5.1. Il motivo, quando non inammissibile, è privo di fondamento.

Osserva la Corte che la censura è posta con una tecnica non rispettosa dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6), dato che contiene una serie di richiami ad atti processuali, fra i quali una c.t. di parte, senza nulla dire sul se e sul dove tali atti siano stati messi a disposizione di questo Collegio.

Tanto premesso, il motivo è comunque infondato. La sentenza impugnata ha osservato che l’appello incidentale – avente ad oggetto la presunta omessa valutazione dell’incidenza degli scaglioni di calcolo tariffario sulla determinazione del costo dell’energia, con conseguente errato calcolo delle somme portate dalle fatture – non poteva essere esaminato perchè tale questione era stata proposta solo dopo l’espletamento della consulenza tecnica. In tal modo, quindi, veniva messo in discussione un profilo non esaminato dal c.t.u. e introdotto tardivamente.

Rispetto a tale motivazione la censura non è conferente, perchè in sostanza ammette che la sentenza ha ricostruito in modo esatto lo svolgimento del processo, e pretende di sostenere che la questione sarebbe insorta solo in una fase successiva del processo.

E’ evidente, perciò, che in tal modo si chiede alla Corte, peraltro in modo del tutto generico, un nuovo esame del merito.

6. Il ricorso, pertanto, è rigettato.

A tale esito segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate ai sensi del D.M. 10 marzo 2014, n. 55.

Sussistono, inoltre, le condizioni di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 1.800, di cui Euro 200 per spese, oltre spese generali ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza delle condizioni per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sesta Sezione Civile – 3, il 20 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 8 luglio 2020

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