Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14159 del 07/06/2017


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Cassazione civile, sez. I, 07/06/2017, (ud. 10/02/2017, dep.07/06/2017),  n. 14159

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI PALMA Salvatore – Presidente –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – rel. Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 12361/2016 proposto da:

T.E.M., elettivamente domiciliato in Roma, Via S. Tommaso

d’Aquino n. 116, presso l’avvocato De Sena Plunkett Girolamo

Oliviero, rappresentato e difeso dall’avvocato Maiellaro Michele,

giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministro dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore, Questura

di Foggia, in persona del Questore pro tempore, domiciliati in Roma,

Via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato,

che li rappresenta e difende ope legis;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 1848/2015 della CORTE D’APPELLO di BARI,

depositata il 17/11/2015;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

10/02/2017 dal Cons. Dott. ACIERNO MARIA;

udito, per il ricorrente, l’Avvocato MICHELE MAIELLARO che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale CERONI

Francesca, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Al cittadino marocchino T.E.M. è stato negato il permesso di soggiorno per motivi familiari che era stato da lui richiesto in qualità di marito convivente con una cittadina italiana. Il giudice di primo grado adito dal richiedente ha rigettato il ricorso. Il provvedimento di rigetto è stato confermato dalla Corte d’Appello.

A sostegno della decisione la Corte territoriale ha preliminarmente rilevato, in ordine all’eccezione di nullità della comparsa di costituzione e risposta dell’Avvocatura di Stato che tale difetto è stato tempestivamente regolarizzato su sollecitazione del giudice; è stata rilevata la piena validità del provvedimento di diniego sottoscritto dalla Dr.ssa L.M. dirigente dell’ufficio immigrazione, dotata di ampia delega del Questore in ordine alla sottoscrizione degli atti amministrativi relativi agli stranieri. In ordine al merito è stato rilevato che sussiste al condizione ostativa al rilascio costituita dalla pericolosità sociale. I precedenti di spaccio attenuato di droga e furto aggravato, commessi a notevole distanza di tempo sono indicatori della propensione a delinquere. Il secondo reato è stato commesso proprio mentre era in itinere la richiesta di permesso per motivi familiari. A tale quadro deve aggiungersi la reiterata inosservanza ai provvedimenti espulsivi. Non sono irrilevanti i precedenti per ricettazione e spaccio di droga del suocero. In conclusione il quadro probatorio evidenzia una personalità proclive a commettere reati ed indifferente ai provvedimenti dell’autorità pubblica.

La mancanza di convivenza, infine, è stata accertata dai Carabinieri. Avverso questa pronuncia ha proposto ricorso il cittadino straniero con quattro motivi. Ha resistito con controricorso il Ministero dell’Interno.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Nel primo motivo si contesta la validità della costituzione dell’Avvocatura dello Stato dal momento che la comparsa è priva di sottoscrizione dell’Avvocato dello Stato e come tale affetta da nullità non sanabile ex art. 182 c.p.c..

Il primo motivo è manifestamente infondato in quanto la nullità rilevata è stata, secondo l’insindacabile accertamento di fatto svolto dalla Corte d’Appello, tempestivamente sanata, così rientrando pienamente nell’ambito di applicazione dell’art. 182 c.p.c.. Peraltro che si tratti di vizio di nullità sanabile anche per raggiungimento dello scopo lo indica la sentenza n. 11410 del 1998, citata anche nella sentenza impugnata.

Nel secondo motivo viene dedotta la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19, comma 2, lett. c), nonchè dell’art. 112 c.p.c., censurato ex art. 360 c.p.c., n. 4.

Osserva la parte ricorrente che il provvedimento di diniego di rilascio del permesso di soggiorno si è fondato sul giudizio di pericolosità sociale del ricorrente, senza mettere in discussione la condizione di coniuge convivente con cittadina italiana del richiedente. Da tale premessa consegue l’inespellibilità del D.Lgs. n. 286 del 1998, ex art. 19, comma 2, lett. c), salvo la ricorrenza dei motivi di ordine pubblico e sicurezza dello Stato indicati nel D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13 comma 1.

La censura è fondata.

Il provvedimento del Questore di diniego del permesso di soggiorno per motivi familiari, riprodotto nell’esposizione sommaria dei fatti contenuta nel ricorso (pag. 2) si fonda esclusivamente sulla pericolosità sociale del richiedente.

Nella parte descrittiva del predetto provvedimento viene fatta espressa menzione dell’avvenuto accertamento della convivenza del ricorrente con la moglie cittadina italiana, presso l’abitazione dei genitori di lei ed anzi tale condizione, come si evince dalla parte decisoria del provvedimento costituisce, secondo la Questura, un indice di pericolosità.

Deve, pertanto, rilevarsi che oggetto del sindacato giurisdizionale sono le ragioni del diniego, non potendo essere accertate cause e condizioni diverse da quelle poste a base del provvedimento amministrativo. Il principio, del tutto consolidato in tema di sanzioni amministrative (Cass. 232 del 2016) e di provvedimenti espulsivi di cittadini stranieri (Cass. 9499 del 2002, 9088 del 2003, 24271 del 2008), deve ritenersi applicabile anche al decreto dedotto in giudizio, non rilevando, ai fini della fondatezza del rilievo di extrapetizione, il fatto che oggetto del giudizio sia il rapporto instaurato con la p.a. e non l’atto in sè. Tale corretta indicazione incide soltanto sull’ambito della cognizione del giudice del merito, incontestatamente non limitata alla legittimità formale dell’atto, ma non può condurre ad un accertamento di condizioni di diniego del permesso di soggiorno, trattandosi, in tale ipotesi, dell’esercizio di un potere di accertamento, sostanzialmente sostitutivo di quello proprio della funzione amministrativa.

Il permesso di soggiorno per motivi familiari previsto dal D.P.R. n. 394 del 1999, art. 28, trae origine dall’accertamento preventivo dell’esistenza dei requisiti normativi e fattuali d’inespellibilità stabiliti al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19, comma 2, lett. c) e, conseguentemente dalla preesistenza di un provvedimento espulsivo. Al riguardo deve osservarsi che proprio tale ultima condizione porta ad escludere che si possa applicare nella specie la disciplina normativa complessivamente derivante dal D.Lgs. n. 30 del 2007, che, come affermato dalla giurisprudenza di questa Corte, si estende anche ai familiari stranieri provenienti da Stati non appartenenti all’Unione Europea che siano coniugati con cittadini italiani. Tale ultimo sistema normativo regola le condizioni d’ingresso e di soggiorno dei predetti cittadini stranieri salve le limitazioni previste dall’art. 20 (motivi di sicurezza dello Stato, motivi imperativi di pubblica sicurezza, altri motivi di ordine pubblico e di sicurezza) e dell’art. 21 (perdita delle condizioni, diverse da quelle riguardanti il profilo della pericolosità sociale, che determinano le condizioni di soggiorno) ma non contempla le ipotesi in cui il cittadino straniero sia stato attinto da un provvedimento di espulsione e circoli e soggiorni illegalmente nel territorio italiano.

Questa peculiare ipotesi non è equiparabile all’ accertamento delle condizioni di rinnovo del permesso di soggiorno per motivi familiari, incontestatamente rientranti nell’ambito di applicazione del D.Lgs. n. 30 del 2007. La diversità è facilmente rilevabile nella preesistenza di una situazione di circolazione e soggiorno non irregolare quanto meno fino alla scadenza temporale del primo permesso o fino all’accertamento, medio tempore, di condizioni legittimanti la revoca.

Invece, per la fattispecie dedotta nel presente giudizio, il sistema normativo di riferimento è il T.U. n. 286 del 1998, anche in considerazione del rinvio, operato dall’art. 28 comma 2, del medesimo T.U. per i familiari stranieri dei cittadini italiani, al regime giuridico più favorevole tra quelli astrattamente applicabili.

In particolare, poichè il permesso di soggiorno per motivi familiari oggetto del presente giudizio costituisce una conseguenza del divieto di espulsione previsto dal T.U. n. 286 del 1998, art. 19 comma 2, lett. c), è a tale paradigma normativo che occorre riferirsi nell’individuazione delle ragioni ostative al rilascio iniziale del predetto permesso del D.P.R. n. 394 del 1999, ex art. 28, specificamente denominato: “permessi di soggiorno per gli stranieri per i quali sono vietati l’espulsione ed il respingimento”.

Non trova peraltro applicazione neanche il D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 30, che disciplina le ipotesi di rilascio di permesso di soggiorno per motivi familiari di cittadini stranieri che siano in possesso dei requisiti d’ingresso o siano già soggiornanti ad altro titolo. Tale norma contempla, alla lett. b), l’ipotesi dello straniero che abbia contratto matrimonio con cittadino italiano ma ne richiede la precondizione del soggiorno regolare ad altro titolo per almeno un anno.

Deve, conseguentemente, concludersi che al cittadino straniero che soggiorna irregolarmente in quanto già attinto da un provvedimento espulsivo o perchè privo dei requisiti per un diverso titolo di soggiorno, si applica il combinato disposto del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19, comma 2, lett. c) e del D.P.R. n. 394 del 1999, art. 28.

Il regime giuridico applicabile in ordine al riscontro di condizioni ostative riferibili al canone della pericolosità sociale è nettamente più favorevole sia di quello relativo al visto per il ricongiungimento familiare (D.Lgs. n. 286 del 1998, ex art. 4, commi 3 e 5 bis) sia di quello desumibile dal D.Lgs. n. 30 del 2007, art. 20, riguardante, come già osservato, la verifica delle condizioni per il rinnovo dei permessi e degli altri titoli giustificati dal diritto all’unità familiare e riguardanti familiari stranieri di cittadini italiani. In queste ultime due ipotesi la valutazione relativa alla pericolosità sociale non ha come parametro soltanto l’ordine pubblico e la sicurezza dello Stato ma anche la commissione di reati gravi ma comuni che vengano ritenuti indicatori di pericolo per la pubblica sicurezza, salvo sempre l’accertamento da svolgersi in concreto e caso per caso.

L’art. 19, capoverso, invece, stabilisce che “non è consentita l’espulsione, salvo che nei casi previsti dall’art. 13, comma 1” nei confronti del cittadino straniero che conviva con il coniuge di nazionalità italiana.

Il D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13 comma 1, indica come parametri di pericolosità sociale soltanto “i motivi di ordine pubblico o sicurezza dello Stato”.

Ne consegue che, ancorchè limitatamente al primo rilascio del permesso di soggiorno derivante dall’accertamento della condizione d’inespellibilità stabilita nel D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19, comma 2, la condizione ostativa al rilascio del permesso di soggiorno per motivi familiari, costituita dalla “pericolosità sociale” può essere desunta esclusivamente dal parametro normativo costituito dall’art. 13, comma 1.

La situazione muta sia in relazione alla revoca che al rinnovo del predetto permesso di soggiorno ai quali si applica, invece, il parametro di cui al D.Lgs. n. 30 del 2007, art. 20, per le ragioni ampiamente argomentate nelle sentenze n. 12071 del 2013 e 19937 del 2016, ferma la necessità di una valutazione effettiva e concreta del requisito della pericolosità sociale.

Infine, deve osservarsi che anche in relazione al primo rilascio devono distinguersi sia la richiesta del nulla osta per il ricongiungimento familiare (D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 29) che quella volta ad ottenere il permesso di soggiorno secondo i requisiti e le condizioni stabiliti nel D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 30, dalla situazione del cittadino straniero, irregolarmente soggiornante perchè colpito da provvedimento di espulsione che ottenga per la prima volta il permesso per motivi familiari, per essere inespellibile del D.Lgs. n. 286 del 1998, ex art. 19, comma 2, lett. c), per il quale si incontra, sotto il profilo della pericolosità sociale soltanto il limite dell’ordine pubblico e della sicurezza dello Stato.

Nella specie, i precedenti descritti nella sentenza impugnata,non sono indicatori di questo peculiare profilo di pericolosità, trattandosi di reati comuni, nè il contesto relazionale induce ad una prognosi di pericolosità per l’ordine pubblico e sicurezza dello Stato. Ne consegue l’accoglimento del secondo motivo e l’assorbimento dei successivi. Non essendo necessario alcun ulteriore accertamento di fatto deve dichiararsi la nullità del provvedimento impugnato. Le difficoltà interpretative dovute alla astratta concorrenza delle fonti applicabili determina la compensazione delle spese di lite di tutti i gradi del giudizio.

PQM

 

Accoglie il ricorso. Cassa e decidendo nel merito, annulla il provvedimento di diniego del permesso di soggiorno a carico di T.E.M. n. 12 del 2014 emesso il 13/5/2014 dal Dirigente dell’Ufficio Immigrazione della Questura di Foggia.

Compensa le spese processuali dei giudizi di merito e del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 10 febbraio 2017.

Depositato in Cancelleria il 7 giugno 2017

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