Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14156 del 11/06/2010

Cassazione civile sez. trib., 11/06/2010, (ud. 03/03/2010, dep. 11/06/2010), n.14156

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Presidente –

Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – rel. Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato e presso

la stessa domiciliata in Roma in Via dei Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

F.G.;

– intimato –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale

dell’Emilia Romagna, sezione 13, n. 79, depositata il 20 novembre

2007;

Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 3

marzo 2010 dal Relatore Cons. Dott. Antonio Greco.

La Carte:

 

Fatto

RITENUTO IN FATTO

che, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., è stata depositata in cancelleria la seguente relazione:

“L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione nei confronti della sentenza della Commissione Tributaria Regionale dell’Emilia Romagna, sezione 13, n. 79, depositata il 20 novembre 2007, che, accogliendo l’appello di F.G., esercente l’attività di selezione, ricerca e collocamento del personale, gli ha riconosciuto il diritto al rimborso dell’IRAP versata per gli anni 1999, 2000, 2001, 2002 e 2003.

Il contribuente non ha svolto attività nella presente sede.

Il ricorso contiene un motivo, rispondente ai requisiti prescritti dall’art. 366 bis cod. proc. civ., con il quale l’amministrazione ricorrente, denunciando in relazione all’art. 360 cod. proc. civ., n. 5, “omessa motivazione in ordine ad un punto decisivo della controversia,” costituito dal fatto che il contribuente abbia o meno una propria organizzazione che lo supporti nell’esercizio dell’attività professionale, si duole che il giudice d’appello, pur essendo emerso dagli atti che il contribuente sì avvale di personale terzo e di beni rilevanti, abbia omesso di motivare in ordine alla rilevanza dell’apporto dei servizi resi da terzi e dall’impiego di capitale non esiguo, ritenendo nondimeno insussistente il presupposto dell’autonoma organizzazione.

Costituisce orientamento consolidato nella giurisprudenza di questa Corte quello secondo cui, a norma del combinato disposto del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 2, comma 1, primo periodo, e art. 3, comma 1, lett. c), l’esercizio delle attività di lavoro autonomo di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 49, comma 1, è escluso dall’applicazione dell’imposta soltanto qualora si tratti di attività non autonomamente organizzata: il requisito della “autonoma organizzazione”, il cui accertamento spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato, ricorre quando il contribuente: a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione, e non sia quindi inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l’id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui; costituisce poi onere del contribuente che richieda il rimborso fornire la prova dell’assenza delle condizioni anzidette (ex plurimis, Cass. n. 3676, n. 3673, n. 3678, n. 3680 del 2007).

La decisione impugnata incorre nel vizio denunciato, in quanto pur risultando dalla sentenza stessa che nell’atto di appello il contribuente ha affermato “che l’attività è svolta in modo preponderante con il proprio lavoro, il personale dipendente è limitato ad una segretaria e non è in grado di svolgere l’attività di selezione (del personale) esercitata dal contribuente”, si è nondimeno ritenuto che l’attività viene svolta “in assenza di capitali e lavoro altrui… in quanto il contribuente ha sufficientemente provato… tale assenza, avendo esercitato la propria attività in via quasi esclusivamente personale”, sicchè “manca…, il presupposto impositivo”. Una siffatta affermazione è al tempo stesso apodittica ed equivoca (“in via quasi esclusivamente personale”), ed in definitiva inidonea a dare conto della ritenuta insussistenza del presupposto impositivo.

In conclusione, si ritiene che, ai sensi dell’art. 375 cod. proc. civ., comma 1, n. 5, e art. 380 bis cod. proc. civ., il ricorso possa essere deciso in Camera di consiglio in quanto appare manifestamente fondato”;

che la relazione è stata comunicata al Pubblico Ministero e notificata agli avvocati delle parti costituite;

che non sono state depositate conclusioni scritte nè memorie.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che il Collegio, a seguito della discussione in Camera di consiglio, condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e pertanto, ribaditi i principi di diritto sopra enunciati, il ricorso deve essere accolto, la sentenza impugnata va cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384 cod. proc. civ., comma 1, con il rigetto del ricorso introduttivo del contribuente;

che sussistono giusti motivi per disporre la compensazione delle spese dell’intero giudizio.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo del contribuente.

Compensa le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, il 3 marzo 2010.

Depositato in Cancelleria il 11 giugno 2010

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