Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14156 del 08/07/2020

Cassazione civile sez. VI, 08/07/2020, (ud. 13/02/2020, dep. 08/07/2020), n.14156

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. GORGONI Marilena – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 35678-2018 proposto da:

CITTA’ METROPOLITANA DI MESSINA, in persona del Sindaco pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI

CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato ANTONINO PARISI;

– ricorrente –

contro

F.L., F.S., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA

GIOVANNI PIERLUIGI DA PALESTRINA 63, presso lo studio dell’avvocato

UGO DI PIETRO, rappresentati e difesi dall’avvocato NELLO CASSATA;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 798/2018 della CORTE D’APPELLO di MESSINA,

depositata il 17/09/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 13/02/2020 dal Consigliere Relatore Dott. MARILENA

GORGONI.

Fatto

RILEVATO

che:

La Città Metropolitana di Messina ricorre per la cassazione della sentenza n. 798/2018 della Corte d’Appello di Messina, pubblicata il 17 settembre 2018, articolando un solo motivo.

Resistono con controricorso F.L. e F.S..

La Città Metropolitana di Messina espone in fatto che gli odierni controricorrenti l’avevano convenuta in giudizio dinanzi al Tribunale di Patti, sez. distaccata di Sant’Agata di Militello, al fine di sentirla condannare al risarcimento dei danni patiti in seguito al sinistro stradale verificatosi il (OMISSIS), asserendo che esso fosse stato causato dall’omessa manutenzione della strada provinciale (OMISSIS).

Costituitasi in giudizio, l’odierna ricorrente chiedeva il rigetto delle domande proposte e, in via subordinata, nell’ipotesi di accoglimento delle domande attoree, chiedeva di accertare la misura della responsabilità della conducente del mezzo in ordine alla causazione del sinistro.

Con sentenza n. 427/2015, la Città Metropolitana di Messina veniva riconosciuta responsabile esclusiva del sinistro e condannata all’integrale risarcimento dei danni e al pagamento delle spese processuali.

La Corte d’Appello di Messina, investita del gravame dall’odierna ricorrente, rigettava, con la sentenza qui impugnata, l’appello, confermava la decisione di prime cure e condannava l’appellante al pagamento delle spese processuali.

Avendo ritenuto sussistenti le condizioni per la trattazione ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., il relatore designato ha redatto proposta, che è stata ritualmente notificata, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza della Corte.

Entrambe le parti hanno depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con un articolato motivo di ricorso la Città Metropolitana di Messina deduce l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio e oggetto di discussione fra le parti di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, riproponendo la censura già formulata innanzi Giudice d’Appello e cioè che il giudice non avesse tenuto conto che le condizioni del manto stradale, rese particolarmente vischiose per la presenza di strati di fango e di fogliame, non erano da imputarsi a cattiva manutenzione, ma alle avverse condizioni meteorologiche del giorno dell’incidente, e che la conducente dell’auto, F.L., si trovava in prossimità di una curva pericolosa appositamente segnalata, aveva violato i limiti di velocità e non aveva adeguato la velocità di marcia alle caratteristiche, allo stato dei luoghi, al carico dei veicoli, alle condizioni del traffico in modo da evitare ogni pericolo per la sicurezza delle persone e delle cose, come prescritto dall’art. 141 C.d.S..

Tale omesso esame dei fatti storici avrebbe precluso alla Corte territoriale di ravvisare nel comportamento negligente della conducente gli estremi del caso fortuito con le inevitabili implicazioni sulla applicazione della responsabilità per cose in custodia.

Il motivo è, inammissibile per plurime ragioni.

In primo luogo, la ricostruzione dei fatti di causa risulta alquanto carente e non ha garantito che in parte a questa Corte di avere una chiara e completa cognizione del fatto sostanziale e processuale che ha originato la controversia, senza dover ricorrere ad altre fonti o atti in suo possesso, compresa la stessa sentenza impugnata (Cass., Sez. Un. 18/05/2006, n. 11653). Per soddisfare il requisito imposto dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, è necessario che il ricorso per cassazione contenga, sia pure in modo non analitico o particolareggiato, l’indicazione sommaria delle reciproche pretese delle parti, con i presupposti di fatto e le ragioni di diritto che le hanno giustificate, delle eccezioni, delle difese e delle deduzioni di ciascuna parte in relazione alla posizione avversaria, dello svolgersi della vicenda processuale nelle sue articolazioni e, dunque, delle argomentazioni essenziali, in fatto e in diritto, su cui si è fondata la sentenza di primo grado, delle difese svolte dalle parti in appello, ed in fine del tenore della sentenza impugnata.

Nel ricorso la dinamica del sinistro non è ricostruita che parzialmente, le motivazioni della sentenza di primo grado sono assenti, le domande e le eccezioni della controparte con gli argomenti a supporto non sono state riportate.

Poi, va considerato il regime processuale applicabile quanto al vizio di motivazione.

La disposizione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, è stata oggetto di modifiche plurime con finalità delimitativa del ricorso al vizio logico alla motivazione in facto, da circoscrivere al controllo sulla decisione in fatto della sentenza di merito strettamente funzionale alla tutela del valore costituzionale della motivazione e all’esercizio della funzione.

In particolare, ai fini che qui interessano, il D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, comma 1, lett. b, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, recante Misure urgenti per la crescita del Paese (c.d. decreto sviluppo), ha proceduto alla riformulazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5, facendo riferimento all’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti ed ha introdotto due ipotesi in cui non è possibile invocare il vizio in oggetto, definite, rispettivamente, dal quarto e dall’art. 348-ter c.p.c., comma 5, introdotto dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, comma 1, lett. a), ipotesi accomunabili nel riferimento alla minore impugnabilità della c.d. doppia conforme.

Delle due, a rilevare nel caso di specie è quella che riguarda la sentenza d’appello che conferma la decisione di primo grado. Ai sensi del D.L. n. 83 del 2012, art. 54, comma 2, le regole sulla doppia conforme si applicano ai giudizi di appello introdotti con ricorso depositato o con citazione di cui sia stata richiesta la notificazione dal trentesimo giorno successivo a quello di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto (id est, ai giudizi di appello introdotti dal giorno 11 settembre 2012). Ai sensi del D.L. n. 83 del 2012, art. 54, comma 3, la riformulazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5, si applica alle sentenze pubblicate dal trentesimo giorno successivo a quello di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto (id est, alle sentenze pubblicate dal giorno 11 settembre 2012).

Quando dunque la sentenza di appello sia conforme in facto (fondata sulle stesse ragioni, inerenti alle questioni di fatto, poste a base della decisione impugnata) a quella di prime cure non è deducibile il vizio di cui all’art. 360, n. 5.

Nella specie la decisione della Corte di merito, nel confermare integralmente la sentenza del Tribunale, ha condiviso la valutazione sui fatti compiuta dal giudice di prime cure, perciò, per le ragioni esposte, il ricorso, per la parte relativa al dedotto vizio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, deve essere dichiarato inammissibile.

Al fine di evitare tale conclusione, parte ricorrente avrebbe dovuto, confrontando le ragioni di fatto poste a fondamento della decisione di primo grado con quelle poste a fondamento della sentenza di rigetto del gravame, dimostrarne la diversità.

Va altresì aggiunto che l’ubi consistam della censura formulata è chiaramente individuabile in una diversa ricostruzione dei fatti di causa a fronte di una sentenza che ha fondato l’accertamento della responsabilità esclusiva della Città Metropolitana di Messina su una serie di circostanze che non sono state confutate dall’odierna ricorrente: la relazione d’intervento redatta dai Carabinieri della stazione di Longi, la relazione del Ctp, i riscontri nelle dichiarazioni dei testi escussi.

La ricorrente pretende da questa Corte un diverso accertamento in ordine al comportamento tenuto dalla conducente del mezzo che la sentenza impugnata ha ritenuto “non solo sfornita di prova ma finanche smentita dalle risultanze istruttorie del giudizio”. E’ sufficiente ribadire, a tal fine, che contrasta con i limiti morfologici e funzionali del giudizio di legittimità sollecitare una nuova valutazione dei fatti di causa, perchè l’accoglimento di tale richiesta implicherebbe la trasformazione del processo di cassazione in un terzo giudizio di merito, nel quale ridiscutere il contenuto di fatti e di vicende del processo e dei convincimenti del giudice maturati in relazione ad essi – evidentemente non graditi – al fine di ottenere la sostituzione di questi ultimi con altri più collimanti con propri desiderata, rendendo, in ultima analisi, fungibile la ricostruzione dei fatti e le valutazioni di merito con il sindacato di legittimità avente ad oggetto i provvedimenti di merito.

2. Ne consegue che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

3. Il controricorso di F.S. e F.L. risulta notificato il 24 gennaio 2019, quindi, tardivamente, atteso che il ricorso è stato notificato il 23 novembre 2018. Ciò preclude l’esame di esso e delle memorie (Cass. 14/03/2017, n. 6563; Cass. 20/10/2017, n. 24835; Cass. 30/04/2005, n. 9023).

4. Nulla, pertanto, deve liquidarsi per le spese.

5. Si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Nulla liquida per le spese.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1 bis.

Depositato in Cancelleria il 8 luglio 2020

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