Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14156 del 07/06/2017


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Cassazione civile, sez. I, 07/06/2017, (ud. 19/04/2017, dep.07/06/2017),  n. 14156

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPPI Aniello – Presidente –

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Consigliere –

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – rel. Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18495/2015 proposto da:

Fallimento (OMISSIS) S.p.a., in Liquidazione, in persona del curatore

dott.ssa M.N., elettivamente domiciliato in Roma,

Piazza Mazzini n.27, presso l’avvocato Ambrosini Stefano, che lo

rappresenta e difende, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS) S.p.a. in Liquidazione, Procura della Repubblica presso la

Corte di Appello di Venezia, Procura della Repubblica presso il

Tribunale di Rovigo;

– intimate –

avverso la sentenza n. 1720/2015 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 06/07/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

19/04/2017 dal cons. GENOVESE FRANCESCO ANTONIO;

lette le conclusioni scritte del P.M., in persona del Sostituto

Procuratore Generale SALVATO Luigi, che chiede che accolga il

ricorso per quanto di ragione.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Corte d’appello di Venezia, con sentenza del 6 luglio 2015, ha accolto il reclamo, proposto L. Fall., ex art. 18 da (OMISSIS) S.p.A. (d’ora innanzi, per tutti, solo I.Tre) per la revoca del proprio fallimento, dichiarato con sentenza n. 9/2015 dal Tribunale di Rovigo, su istanza del Pubblico Ministero, previo contestuale decreto di inammissibilità del concordato preventivo, la cui proposta era stata depositata in data 24 dicembre 2014, ai sensi della L. Fall., art. 166, comma 6: sentenza dichiarativa che era intervenuta nonostante la rinuncia alla domanda di concordato, formalizzata dalla società all’udienza del 16 gennaio 2015 per presentare un’altra e più soddisfacente proposta, e la richiesta di “fissazione dell’udienza prefallimentare per l’audizione del debitore”, pure avanzata dalla società a seguito dell’istanza del PM.

1.1. Secondo la Corte, per quello che ancora interessa in questa sede, la questione delle conseguenze nascenti dalla rinuncia-ritiro della domanda di concordato, in assenza di istanze dei creditori ed in presenza di un iniziativa del solo PM, doveva essere risolta nel senso di escludere che “la L. Fall., art. 161 e gli altri casi specificamente previsti dalla L. Fall., artt. 173, 179 e 180 costituiscano declinazioni della L. Fall., art. 7, n. 2 ovvero che possa individuarsi una legittimazione generale del PM a tale titolo accanto a tali casi di legittimazione speciale”, non sussistendo, nel caso della comunicazione della domanda L. Fall., ex art. 161 al PM, che sarebbe di tipo automatico, alcuna segnalazione di insolvenza da parte del giudice che l’abbia rilevata nel corso di un procedimento civile.

2. Avverso tale decreto ha proposto ricorso per cassazione la Curatela fallimentare, con due motivi.

3. Il PG, nella persona del dr. Luigi Salvato, ha concluso, ai sensi dell’art. 380-bisc.p.c., comma 1, affinchè la Corte accolga il ricorso.

4. La società appellante non ha svolto attività difensiva.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo mezzo di impugnazione (violazione e falsa applicazione della L. Fall., art. 152, art. 306 c.p.c. e art. 2436 c.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione alla errata valutazione della validità della rinuncia alla domanda di concordato), la curatela ricorrente ha censurato il ragionamento svolto dalla Corte territoriale in quanto – secondo il giudice a quo – il Fallimento sarebbe stato illegittimamente dichiarato in ragione del fatto che il PM sarebbe stato privo della legittimazione a richiedere il fallimento, sia per il difetto dei presupposti di cui alla L. Fall., art. 7 sia perchè, con la rinuncia della debitrice al concordato, sarebbe venuta meno la legittimazione speciale del PM, di cui alla L. Fall., art. 162.

1.1. Secondo la ricorrente, invece, la legittimazione del PM, di cui all’art. 162 menzionato, rientrerebbe nel più ampio genus di quella prevista dalla L. Fall., art. 7 e, del resto la rinuncia sarebbe ictu oculi inefficace, onde il procedimento concordatario si sarebbe arrestato non per suo effetto ma per l’inammissibilità di cui alla L. Fall., art. 162.

2. on il secondo (Violazione e falsa applicazione della L. Fall., artt. 6, 7, 161 e 162, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione all’errata esclusione di una legittimazione generale del PM a richiedere il fallimento nel procedimento di cui alla L. Fall., art. 162), la ricorrente curatela ha censurato il ragionamento svolto dalla Corte d’appello in relazione alla ritenuta insussistenza della legittimazione del PM, in quanto la L. Fall., artt. 6 e 7 circoscriverebbero la legittimazione attiva del PM alle sole due ipotesi tassativamente previste dalla legge (dell’art. 7, nn. 1 e 2).

3. I due motivi possono essere esaminati congiuntamente, perchè hanno in comune la questione relativa alla latitudine della legittimazione del PM a chiedere il fallimento del debitore, come ricavabile dalle previsioni di cui alla L. Fall., artt. 7 e 162.

3.1. Essi sono fondati e devono essere accolti.

3.2. Questa Corte ha già affermato (Sez. 1, Sentenza n. 9574 del 2017) il principio di diritto secondo cui, “alla richiesta di fallimento formulata dal PM ai sensi della L. Fall., art. 162, comma 2, quale conseguenza dell’inammissibilità della proposta di concordato preventivo, non si applica il disposto dell’art. 7, alla cui ratio, peraltro, anche la specifica disciplina della richiesta in questione si conforma”.

3.3. In sostanza, si è già affermato che: a) anche a seguito della comunicazione del decreto con il quale il tribunale abbia revocato l’ammissione al concordato preventivo, il P.M. è legittimato a formulare la richiesta di fallimento, “essendo egli, nel sistema della legge, informato sia della domanda di concordato, ai fini dell’intervento nella procedura e dell’eventuale richiesta di fallimento (L. Fall., art. 161), sia della procedura d’ufficio per la revoca dell’ammissione al concordato (L. Fall., art. 173), onde (il PM) è anche il naturale e legittimo destinatario della comunicazione dell’esito di tale procedimento.” (Sez. 1, Sentenza n. 4209 del 2012);

b) essendo informato non solo della domanda di concordato preventivo, “ai fini dell’intervento nella procedura e dell’eventuale richiesta di fallimento (L. Fall., art. 161)”, ma anche della procedura d’ufficio per la revoca dell’ammissione al concordato (L. Fall., art. 173), oltre che del relativo esito, il PM è, come tale, legittimato (anche a seguito della comunicazione del decreto con il quale il tribunale abbia revocato l’ammissione al concordato preventivo) “a formulare la richiesta di fallimento, anche se la notizia dell’insolvenza non sia stata acquisita nelle forme e secondo le modalità specificamente previste dalla L. Fall., art. 7” (Sez. 1, Sentenza n. 9271 del 2014); c) in ogni caso, “la dichiarazione di fallimento pronunciata su richiesta del P.M. non può essere equiparata alla dichiarazione di fallimento d’ufficio, avendo la legge espressamente previsto un potere pubblico d’iniziativa – doverosa in presenza dei presupposti di cui alla L. Fall., art. 7 – da parte di un soggetto diverso dal giudice, trattandosi altresì di potere autonomo, cosicchè non è necessario che alla richiesta del P.M. si assommino iniziative di altri creditori.” (Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 22062 del 2013).

4. La già (sopra) richiamata Sentenza n. 9574 del 2017 ha, da ultimo, precisato che la richiesta di fallimento avanzata dalla parte pubblica, secondo il portato della L. Fall., art. 162, comma 2, ult. periodo, è il frutto di una specifica disciplina, dettata proprio in materia di concordato preventivo che, pur ispirandosi alla medesima ratio della L. Fall., art. 7, è – rispetto a quest’ultima previsione – completamente autonoma; cosicchè, in base a tale principio, può concludersi per la fondatezza: a) del primo profilo del primo mezzo di cassazione, secondo cui la legittimazione del PM (di cui all’art. 162 menzionato), rientrerebbe nel più ampio genus di quella prevista dalla L. Fall., art. 7; b) del secondo motivo, in quanto la L. Fall., artt. 6 e 7 circoscrivono la legittimazione attiva del PM alle sole due ipotesi tassativamente previste dalla legge (quelle di cui all’art. 7, nn. 1 e 2).

4.1. Non poteva il giudice distrettuale ritenerla, perciò, inapplicabile in base alla considerazione che, con la rinuncia alla domanda di concordato, il procedimento concordatario si sarebbe arrestato e avrebbe riportato all’indietro le lancette della procedura che, nel difetto di istanze di fallimento da parte del ceto creditorio, non avrebbe potuto portare neppure la parte pubblica a instare per la dichiarazione dello stato d’insolvenza.

4.2. Una conclusione, del tutto esclusa dall’esegesi normativa, quale si è già formata con i richiamati principi di diritto, incentrati tutti sulla regula iuris secondo cui:

“nell’ambito della procedura concordataria, ai sensi del,la L. Fall., art. 162, ove a seguito della sua partecipazione necessaria, il PM rilevi la sussistenza di uno stato d’insolvenza del debitore istante, può legittimamente richiedere al Tribunale il fallimento del proponente senza che rilevino le scansioni e le vicende del procedimento concordatario, come la rinuncia alla proposta concordataria, anche in difetto di convergenti istanze volte alla dichiarazione dell’insolvenza del debitore, da parte del ceto creditorio”.

4.3. Se ne ricava la piena fondatezza anche del secondo profilo del primo mezzo di cassazione e, pertanto, dell’intero ricorso in esame. 5.In conclusione, il ricorso va accolto, la sentenza cassata e la causa decisa nel merito (per le ragioni già illustrate e secondo la tecnica decisoria già impiegata da Cass. Sez. 1, Sentenza n. 17191 del 2014), ai sensi dell’art. 384 c.p.c., respingendo il reclamo proposto avverso la decisione dichiarativa del fallimento pronunciato dal Tribunale di Rovigo.

6. Le spese dell’intero giudizio vanno compensate per la complessità della vicenda non priva di profili di novità.

PQM

 

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e decidendo la causa nel merito respinge il reclamo proposto avverso la sentenza dichiarativa del fallimento della (OMISSIS) S.p.A. da parte del Tribunale di Rovigo.

Compensa le spese dell’intero giudizio fra le parti.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della sezione prima civile della Corte di cassazione, dai magistrati sopra indicati, il 19 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 7 giugno 2017

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