Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14154 del 23/05/2019

Cassazione civile sez. VI, 23/05/2019, (ud. 22/01/2019, dep. 23/05/2019), n.14154

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. LEONE Margherita Maria – rel. Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5264-2018 proposto da:

B.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLA

GIULIANA 101, presso lo studio dell’avvocato MARIO PISELLI, che lo

rappresenta e difende unitamente agli avvocati MORENO PESARESI,

MARCO BOLDRINI;

– ricorrente –

contro

CASSA NAZIONALE DI PREVIDENZA E ASSISTENZA A FAVORE DEI RAGIONIERI E

PERITI COMMERCIALI, in persona del Procuratore Speciale pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ANTONIO BERTOLONI 44/46,

presso lo studio dell’avvocato MATTIA PERSIANI, che la rappresenta e

difende unitamente all’avvocato GIOVANNI BERETTA;

– controricorrente

avverso la sentenza n. 1340/2017 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 07/12/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 22/01/2019 dal Consigliere Relatore Dott. MARGHERITA

MARIA LEONE.

Fatto

RILEVATO

Che:

con sentenza del 7 dicembre 2017, la Corte di Appello di Bologna, in riforma della decisione del Tribunale di Rimini, dichiarava l’inesistenza del diritto di B.G. di procedere ad esecuzione forzata e privo di effetto il precetto notificato dal predetto alla Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza a favore dei Ragionieri e Periti Commerciali (d’ora in avanti: Cassa) con il quale era stato intimato il pagamento della complessiva somma di Euro 996.598,44 in esecuzione della sentenza n. 76/2014 del Tribunale di Rimini di condanna della Cassa a corrispondere al B. le differenze dei ratei arretrati di pensione di anzianità, oltre interessi legali ed eventuale rivalutazione monetaria;

che, ad avviso della Corte territoriale e contrariamente a quanto ritenuto dal primo giudice, la sentenza n. 76/2014 cit. era di condanna generica e non costituiva valido titolo esecutivo non essendo la misura della prestazione riconosciuta al B. suscettibile di quantificazione mediante semplici operazioni aritmetiche difettando di dati essenziali (quali, ad esempio, quello sul massimale pensionistico);

che per la cassazione di tale decisione propone ricorso il B. affidato a due motivi cui resiste la Cassa con controricorso;

che è stata depositata la proposta del relatore ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio;

che entrambe le parti depositavano memoria successiva.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

con il due motivi di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 474 c.p.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) per avere la Corte d’appello:

– violato il principio secondo cui la portata percettiva di una pronuncia giurisdizionale va individuata coordinando le statuizioni contenute nel dispositivo con quelle contenute nella motivazione in quanto nella sentenza n. 76/2014, il Tribunale, dopo aver affermato che la pensione al B. doveva essere calcolata con le modalità del testo previgente dell’art. 49, comma 2, del Regolamento della Cassa (quindi con il più favorevole criterio), aveva condannato quest’ultima alla corresponsione in favore del predetto delle differenze dei ratei arretrati di pensione assumendo quale base di riferimento il trattamento pensionistico di Euro 141.533,00 e mensile di Euro 10.886,31 oltre interessi in misura legale ed eventuale rivalutazione monetaria e, dunque, coordinando la parte motiva con il dispositivo era facilmente individuabile il concreto comando giudiziale e, quindi, il credito riconosciuto al B. era liquidabile con un semplice calcolo aritmetico (primo motivo);

– erroneamente affermato che la sentenza n. 76/2014 non conteneva alcun elemento utile per la quantificazione della somma spettante al B., stante anche l’impossibilità di poter operare una interpretazione extra testuale in base agli atti del giudizio ritualmente acquisiti laddove, invece, siffatta interpretazione era consentita e, se effettuata, avrebbe portato ad una conclusione opposta a quella cui era giunta la Corte d’appello;

che il primo motivo è infondato avendo il giudice del gravame correttamente applicato il principio secondo cui ” La sentenza con la quale il giudice abbia dichiarato il diritto dell’assicurato ad ottenere la pensione di anzianità e abbia condannato l’ente previdenziale al pagamento dei relativi ratei “nei modi e nella misura di legge” oppure “con la decorrenza di legge”, senza precisare in termini monetari l’ammontare del credito complessivo già scaduto o quello dei singoli ratei già maturati, deve essere definita generica e non costituisce valido titolo esecutivo qualora la misura della prestazione spettante all’interessato, non suscettibile di quantificazione mediante semplici operazioni aritmetiche eseguibili sulla base di elementi di fatto contenuti nella medesima sentenza, debba essere effettuata per mezzo dell’ulteriore intervento di un giudice diverso, che proceda, previa applicazione delle norme di legge che regolano la materia, all’acquisizione dei dati riguardanti sia la retribuzione percepita dall’assicurato, sia il periodo di contribuzione assicurativa. ” (n. 14374 del 14/07/2016 n. 16259 del 29/10/2003); ed infatti, la Corte territoriale ha precisato come le indicazioni contenute nella motivazione della sentenza n. 76/2014 posta a fondamento del precetto opposto non potessero essere ritenute sufficienti a determinare, sulla scorta di un mero calcolo aritmetico – l’ammontare del credito, difettando di dati essenziali (quali quello sul massimale pensionistico);

che, diversamente, fondato e da accogliere è il secondo motivo avendo la Corte d’appello omesso di procedere alla interpretazione extratestuale del titolo esecutivo giudiziale (la sentenza n. 76/2014 cit.) in violazione del principio più volte affermato da questa Corte secondo cui ” Il titolo esecutivo giudiziale, ai sensi dell’art. 474 c.p.c., comma 2, n. 1, non si esaurisce nel documento giudiziario in cui è consacrato l’obbligo da eseguire, in quanto è consentita l’interpretazione extratestuale del provvedimento sulla base degli elementi ritualmente acquisiti nel processo in cui esso si è formato, purchè le relative questioni siano state trattate nel corso dello stesso e possano intendersi come ivi univocamente definite, essendo mancata, piuttosto, la concreta estrinsecazione della soluzione come operata nel dispositivo o perfino nel tenore stesso del titolo. (Cass. n. 14356 del 05/06/2018; Cass. n. 26567 del 21/12/2016; Cass. n. 19641 del 01/10/2015);

che, pertanto, in adesione alla proposta del relatore, va accolto il secondo motivo di ricorso, rigettato il primo, l’impugnata sentenza cassata con rinvio alla Corte d’Appello di Bologna in diversa composizione anche per le spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte, accoglie il secondo motivo e rigetta il primo motivo. Cassa la sentenza con riguardo al motivo accolto e rinvia alla Corte di appello di Bologna, in diversa composizione, anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 22 gennaio 2019.

Depositato in Cancelleria il 23 maggio 2019

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