Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14153 del 08/07/2020

Cassazione civile sez. VI, 08/07/2020, (ud. 13/02/2020, dep. 08/07/2020), n.14153

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. GORGONI Marilena – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 34367-2018 proposto da:

CORTI FEUDALI DI C.M. E DI G.G. SOCIETA’

AGRICOLA, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI

CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato VITTORIO D’ANGELO;

– ricorrente –

contro

CIIP – CICLI INTEGRATI IMPIANTI PRIMARI SPA, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, LARGO

DELLA GANCIA 1, presso lo studio dell’avvocato ROMOLO DONZELLI,

rappresentata e difesa dall’avvocato MERI COSSIGNANI;

– controricorrente –

contro

IMPRESA S.N. E FIGLIO SRL;

– intimata –

avverso la sentenza n. 571/2018 del TRIBUNALE di ASCOLI PICENO,

depositata il 18/05/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 13/02/2020 dal Consigliere Relatore Dott. MARILENA

GORGONI.

Fatto

RILEVATO

che:

La ditta Corti Feudali di C.M. e Di G.G. ricorre per la cassazione della sentenza n. 571/2018 del Tribunale di Ascoli Piceno, pubblicata il 18 maggio 2018, articolando due motivi, illustrati con memoria.

Resiste con controricorso CIIP – Cicli Integrati Impianti Primari S.p.a.

La ricorrente espone in fatto che la CIIP – Cicli Idrici Integrati primari aveva ottenuto un decreto con cui le aveva ingiunto il pagamento di Euro 4.554,51, oltre alle spese legali, per la fornitura idrica delle fatture (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), che aveva chiesto, in sede di opposizione dinanzi al Giudice di Pace di Ascoli Piceno, che fase dichiarata la nullità, l’inefficacia o comunque la revoca del decreto ingiuntivo assumendo che il credito sulla scorta del quale era stato emesso era compensato con un suo controcredito derivante da un danno cagionatole nell’esecuzione di lavori alle condutture idriche su un fondo di sua proprietà, in subordine, spiegava domanda riconvenzionale per l’accertamento del danno e la condanna risarcitoria della (OMISSIS). Quest’ultima chiamava in giudizio la ditta S.e e Figlio esecutrice materiale del lavoro che chiedeva il rigetto dell’opposizione.

Il Giudice di Pace di Ascoli Piceno, con sentenza n. 150/2017, rigettava l’opposizione sia con riferimento all’avvenuta compensazione del credito sia quanto alla domanda riconvenzionale.

Il Tribunale di Ascoli Piceno, con la sentenza oggetto dell’odierna impugnazione, investito del gravame dalla ricorrente, lo respingeva, ritenendolo inammissibile per violazione dell’art. 342 c.p.c., ed evidenziava che non risultava neppure rispettato il dettato normativo di cui all’art. 163 c.p.c., là dove nelle conclusioni dell’atto d’appello non risultava richiesta la riforma della sentenza, ma erano richiamate le conclusioni di primo grado, e condannava l’appellante alle spese di lite.

Avendo ritenuto sussistenti le condizioni per la trattazione ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., il relatore designato ha redatto proposta, che è stata ritualmente notificata, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza della Corte.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo la ditta ricorrente deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione degli artt. 342,156 e 112 c.p.c., nonchè, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, l’error in procedendo in relazione agli artt. 342,156 e 112 c.p.c..

La tesi sostenuta è che i capi della sentenza impugnata siano stati indicati puntualmente quanto alla proprietà del piazzale, alla data del fatto, al luogo dell’evento, all’attendibilità dei testimoni, alla prova del danno, al rigetto dell’eccezione di compensazione e della domanda riconvenzionale, che, pertanto, il Tribunale di Ascoli Piceno abbia erroneamente interpretato l’art. 342 c.p.c., privilegiandone un’interpretazione meramente formale, in contrasto con gli insegnamenti di questa Corte regolatrice che impongono di verificare l’ammissibilità dell’impugnazione avendo a mente la sostanza e il contenuto effettivo dell’atto.

2. Con il secondo motivo la ricorrente censura la sentenza gravata per violazione e falsa applicazione degli artt. 163 e 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, e per omessa valutazione di un fatto decisivo, quale la dicitura effettivamente riportata nelle conclusioni dell’atto d’appello “in riforma della sentenza impugnata”, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Trascrivendo le conclusioni dell’atto di appello, la ditta ricorrente lamenta che il Giudice a quo abbia svolto una valutazione del tutto errata e superficiale dell’atto di appello interposto, non esaminandolo comunque tralasciando di leggervi quanto scritto.

3. Il primo motivo merita accoglimento.

4. Il Tribunale di Ascoli Piceno ha reso una decisione del tutto scarna e basata su una lettura dell’art. 342 c.p.c., smentita dalla più recente giurisprudenza: Cass., Sez. Un., n. 27199 del 2017, a mente della quale gli artt. 342 e 434 c.p.c., nel testo formulato dal D.L. n. 83 del 2012, conv. con modif. dalla L. n. 134 del 2012, vanno interpretati nel senso che l’impugnazione deve contenere, a pena di inammissibilità, una chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata e, con essi, delle relative doglianze, affiancando alla parte volitiva una parte argomentativa che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo giudice, senza che occorra l’utilizzo di particolari forme sacramentali o la redazione di un progetto alternativo di decisione da contrapporre a quella di primo grado, tenuto conto della permanente natura di “revisio prioris instantiae” del giudizio di appello, il quale mantiene la sua diversità rispetto alle impugnazioni a critica vincolata.

Il secondo motivo, essendosi la sentenza espressa con la declaratoria di inammissibilità ex 342 c.p.c., pone una questione che concerne una ratio decidendi inesistente, se non come interna a quella basata sulla violazione dell’art. 342 c.p.c., Quand’anche così non fosse la sentenza non trae conclusioni circa la violazione del 163 c.p.c., che, in ogni caso, con riferimento all’art. 164 c.p.c., non è prevista come causa di nullità della citazione e non può essere causa di nullità neppure dell’atto di appello, se non nei limiti indicati dall’art. 342 c.p.c., comma 2, intesi nel senso indicato dalla decisione n. 27199 del 2017.

In definitiva il secondo motivo non censura una ratio decidendi.

Pertanto, in accoglimento del primo motivo, la sentenza viene cassata e la controversia rimessa al Tribunale di Ascoli Piceno in persona di altro magistrato appartene te al medesimo Ufficio giudiziario che considererà inammissibile l’appello ed all’esito regolerà anche le spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo, cassa la decisione in relazione al motivo accolto, rinvia la controversia al Tribunale di Ascoli Piceno in persona di altro magistrato appartenente al medesimo Ufficio giudiziario che provvederà anche a liquidare le spese del presente giudizio di legittimità.

Depositato in Cancelleria il 8 luglio 2020

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