Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14152 del 08/07/2015


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Civile Sent. Sez. L Num. 14152 Anno 2015
Presidente: MACIOCE LUIGI
Relatore: PATTI ADRIANO PIERGIOVANNI

SENTENZA

sul ricorso 23662-2008 proposto da:
COSTANZO ANTONINO C.F. CSTNNN48H13A098Y, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA DI VILLA EMILIANI 27, presso
lo studio degli avvocati PULVIRENTI ROSARIA MARIA e
GIUSEPPE CINTI, che lo rappresentano e difendono
unitamente agli avvocati SALVATORE SPINELLO, PIETRO
2015

MARIA MELA, giusta delega in atti;
– ricorrente –

1802

contro

MINISTERO DELL’ ISTRUZIONE, DELL’ UNIVERSITA’ E DELLA
RICERCA, ISTITUTO PROFESSIONALE DI STATO PER I SERVIZI

Data pubblicazione: 08/07/2015

COMMERCIALI E TURISTICI “G. MAGNO”;
– intimati –

avverso la sentenza n. 276/2007 della CORTE D’APPELLO
di CALTANISSETTA, depositata il 04/10/2007 R.G.N.
515/2006;

udienza del 23/04/2015 dal Consigliere Dott. ADRIANO
PIERGIOVANNI PATTI;
udito l’Avvocato MELA PIETRO MARIA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. CARMELO CELENTANO, che ha concluso per
il rigetto del ricorso.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza 4 ottobre 2007, la Corte d’appello di Caltanissetta rigettava l’appello di
Antonino Costanzo (docente a tempo indeterminato presso l’Istituto Professionale di Stato per
i Servizi Commerciali e Turistici “G. Magno”, che aveva ottenuto il passaggio di cattedra

settimanali più una di approfondimento con distribuzione su due classi, quindi portata a
diciotto ore settimanali su tre classi) avverso la sentenza di primo grado, che aveva respinto la
sua domanda di diversa distribuzione delle materie assegnate.
Preliminarmente ritenuta la nullità della costituzione dell’Istituto Professionale nel giudizio di
primo grado (e pertanto la sua contumacia) per difetto di ius postulandi del difensore del
libero foro, nominato in violazione della prescrizione obbligatoria di difesa delle
amministrazioni scolastiche dall’Avvocatura di Stato, la Corte territoriale escludeva nel
merito la fondatezza della pretesa, per difetto di prova della violazione dei criteri, non soltanto
di continuità didattica, ma anche concorrenti (professionalità, competenze acquisite, anzianità
di servizio) di assegnazione delle classi e delle materie, pure in via comparativa con gli altri
docenti; neppure, in ogni caso, avendo il ricorrente dimostrato il danno professionale, non
ravvisabile in re ipsa.
Con atto notificato il 3 ottobre 2008 Antonino Costanzo ricorre per cassazione con due
motivi; restano intimati il MIUR e l’Istituto Professionale.

MOTIVI DELLA DECISIONE
Il collegio ha autorizzato la redazione della motivazione in forma semplificata.
Con il primo motivo, il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 7, secondo
comma, lett. b), 10, quarto comma, 396, secondo comma, lett. d) (1.1g. 297/1994 e dei principi
in materia di prova, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c., per insussistente
necessità di dimostrazione della violazione dei criteri di assegnazione delle classi diversa da
quella documentale offerta, risultante dalle stesse disposizioni normative sulla ripartizione di
competenze tra Consiglio d’Istituto, Consiglio docenti e Dirigente.

dalla classe di concorso A060 a quella A058, con assegnazione di cattedra con diciassette ore

Con il secondo, il ricorrente deduce violazione dei principi in tema di risarcimento del danno
professionale, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c., per la sussistenza del danno

in re ipsa.
Il primo motivo, relativo a violazione e falsa applicazione degli artt. 7, secondo comma, lett.
b), 10, quarto comma, 396, secondo comma, lett. d) dig. 297/1994 e dei principi in materia di

classi diversa da quella documentale, è inammissibile.
Esso è, infatti, carente di adeguata confutazione, tanto meno specifica, delle argomentazioni di
negativa valutazione probatoria della Corte d’appello (a pgg. 7 e 8 della sentenza): così
rivelandosi generico, in violazione dell’art. 366, primo comma, n. 4 c.p.c., per l’omessa
indicazione delle considerazioni che, in relazione al motivo come espressamente indicato
nella rubrica, giustificano la cassazione della sentenza (Cass. 19 agosto 2009, n. 18421; Cass.
17 luglio 2007, n. 15952), nell’esigenza della prova del fatto, per la sua corretta sussunzione
nell’ipotesi normativa denunciata, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c.
Ma esso è pure valutativo, avendo il ricorrente contestato l’affermazione della Corte
territoriale, per la quale sarebbe occorsa una prova testimoniale “per dimostrare l’illegittimità

del trattamento a lui riservato rispetto a quello degli altri docenti” (così al primo capoverso
di pg. 7 della sentenza), con la sola allegazione dei propri dati fattuali a favore della continuità

didattica e della anzianità specifica, senza indicazione di averli rappresentati nel merito, né
formulazione di idonea censura di vizio di motivazione, ai sensi dell’art. 360, primo comma,
n. 5 c.p.c., sul presupposto di un apprezzamento della Corte nissena fondato su una
valutazione omessa, ridondante in un implicito apprezzamento negativo della rilevanza del
fatto prospettato o comunque insufficiente o illogica (Cass. 27 luglio 2005, n. 15672).
Il secondo motivo, relativo a violazione dei principi in tema di risarcimento del danno
professionale, è assorbito per difetto di prova del fatto generatore del danno, in conseguenza
dell’inammissibilità del primo. Ma in ogni caso esso pure inammissibile, per la genericità del
suo contenuto (Cass. 22 settembre 2014, n. 19959), in riferimento alla aspecificità della
prospettazione di un danno professionale risarcibile, tenuto conto della non automaticità di
tale pregiudizio in conseguenza di ogni comportamento illegittimo rientrante nella suindicata
categoria, sicché non è sufficiente dimostrare la mera potenzialità lesiva della condotta

prova, per insussistente necessità di prova della violazione dei criteri di assegnazione delle

datoriale, incombendo sul lavoratore l’onere di fornire la prova del danno e del nesso di
causalità con l’inadempimento datoriale (Cass. 26 gennaio 2015, n. 1327).
Dalle superiori argomentazioni discende allora il rigetto del ricorso, senza assunzione di
provvedimenti sulle spese per la mancata costituzione in giudizio della parte vittoriosa.

La Corte
rigetta il ricorso; nulla sulle spese.

Così deciso in Roma, il 23 aprile 2015

Il Pres dente

P.Q.M.

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