Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14148 del 07/06/2017


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Cassazione civile, sez. I, 07/06/2017, (ud. 19/04/2017, dep.07/06/2017),  n. 14148

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DIDONE Antonio – Presidente –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – rel. Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 4646/2015 proposto da:

(OMISSIS) S.a.s., dichiarata fallita, in persona del legale

rappresentante pro tempore, nonchè D.F.V., nella

qualità di socio accomandatario dichiarato fallito in proprio,

elettivamente domiciliati in Roma, Via V. Veneto n.7, presso

l’avvocato Bruno Donato, rappresentati e difesi dall’avvocato

Fauceglia Giuseppe, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Comifar Distribuzione S.p.a., in persona del legale rappresentante

pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via Parigi n.11,

presso l’avvocato Sabelli Luca, che la rappresenta e difende

unitamente all’avvocato Pace Francesca, giusta procura in calce al

controricorso;

– controricorrente –

e contro

Curatela del Fallimento (OMISSIS) S.a.s., nonchè del socio

accomandatario fallito in proprio D.F.V., in persona

del Curatore avv. Tommaso Bartiromo, elettivamente domiciliata in

Roma, Via Nicola Ricciotti n.11, presso l’avvocato Mariosa Fabrizio,

rappresentata e difesa dall’avvocato Di Somma Diego, giusta procura

a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 55/2015 della CORTE D’APPELLO di SALERNO,

depositata il 19/01/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

19/04/2017 dal cons. SCALDAFERRI ANDREA;

lette le conclusioni scritte del P.M., in persona del Sostituto

Procuratore Generale SOLDI Anna Maria, che conclude, in via

principale, per la declaratoria di inammissibilità del ricorso ed,

in subordine, per il suo rigetto.

Fatto

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

1. La s.a.s. (OMISSIS), unitamente a quest’ultimo, ricorre per cassazione contro la sentenza, depositata il 19 gennaio 2015, con cui la Corte di Appello di Salerno ha rigettato il reclamo da essa proposto avverso la sentenza del 18 luglio 2014 con cui il Tribunale di Nocera Inferiore ha dichiarato il suo fallimento. Al ricorso resistono, con distinti controricorsi, la Curatela del fallimento anzidetto e il creditore istante Comifar Distribuzione s.p.a.

2. Il ricorso censura, per violazione di norme di diritto e per vizio afferente la motivazione, la ritenuta sussistenza dello stato di insolvenza. Premesso che il dr. D.F., a decorrere dalla data del 1 dicembre 2011, era rimasto socio unico, e che successivamente – fino alla data della sentenza di fallimento – aveva continuato l’attività di impresa senza che fosse ricostituita la pluralità dei soci, parte ricorrente sostiene che tale fattispecie deve qualificarsi in diritto nel senso che la società, al momento del fallimento, si trovava in stato di scioglimento ex lege (art. 2274 c.c., n. 4) anche in difetto di instaurazione del formale procedimento liquidatorio, e che quindi i giudici di merito avrebbero dovuto compiere una valutazione di tipo “statico” dello stato di insolvenza, limitandosi cioè a verificare se gli elementi dell’attivo presenti nel patrimonio aziendale consentissero di assicurare il soddisfacimento dei creditori sociali (ancorchè l’attivo di bilancio fosse illiquido o immobilizzato) e concludere affermativamente alla luce dello stato patrimoniale depositato. Aggiunge che, anche seguendo la tesi in diritto alternativa a quella della società in liquidazione – secondo cui la continuazione della impresa collettiva da parte del solo dr. D.F. ne avrebbe prodotto la trasformazione in impresa individuale -, i giudici di merito avrebbero dovuto tenere in debita considerazione non solo l’intero patrimonio della sciolta società, ma anche quello personale del dr. D.F., alla luce delle visure patrimoniali che attestano un patrimonio idoneo a soddisfare le pretese in questione. Lamenta quindi che il tribunale abbia, con riguardo allo stato di insolvenza, omesso di compiere la suddetta valutazione con criterio “statico” del patrimonio sociale, e d’altra parte non abbia considerato in tale valutazione il patrimonio del D.F.; e che la corte d’appello abbia rigettato tali doglianze.

3. Fissata la adunanza in camera di consiglio a norma dell’art. 380 bis.1. c.p.c., il pubblico ministero ha depositato le proprie conclusioni scritte – rilevando l’inammissibilità, e comunque l’infondatezza, del ricorso -, e parte ricorrente ha successivamente depositato memoria difensiva.

4. Preliminarmente all’esame del merito, giova precisare la ininfluenza ai fini della definizione di questo giudizio della recente chiusura del fallimento in questione – della quale ha dato da ultimo notizia parte ricorrente -, che, per consolidata giurisprudenza di questa Corte (cfr. di recente: Cass.n.2399/2016; n.24549/2013), non rende improcedibile l’impugnazione proposta avverso la sentenza dichiarativa.

5. Ritiene il Collegio che il ricorso sia inammissibile, per difetto di interesse. Infatti, come fondatamente esposto dal pubblico ministero nelle sue conclusioni scritte, con riguardo alla prima delle due prospettazioni in diritto sopra riassunte, parte ricorrente ha omesso di impugnare la sentenza nella parte in cui la corte di appello ha ritenuto (cfr. pagg. 10-12 sent.) che lo stato di insolvenza avrebbe dovuto ritenersi sussistente, anche aderendo alla tesi del ricorrente circa la non necessità della instaurazione del procedimento liquidatorio e procedendo quindi ad una valutazione di tipo “statico”, in considerazione della inattendibilità – per più ragioni, puntualmente indicate – dello stato patrimoniale prodotto. Analogamente, con riguardo alla seconda prospettazione in diritto, parte ricorrente non risulta aver censurato la sentenza nella parte in cui (cfr. pag. 14) la corte d’appello sostiene che, anche a voler ritenere configurabile la prosecuzione dell’impresa in forma individuale, lo stato di insolvenza della impresa individuale operativa non avrebbe potuto essere accertato utilizzando il criterio c.d. “statico” previsto per le sole imprese in liquidazione, dovendo invece trovare applicazione il criterio c.d. “dinamico” previsto in generale dalla L. Fall., art. 5, cui ha fatto ricorso il tribunale. La mancata impugnazione di tali due rationes alternative, ciascuna delle quali è idonea a sostenere autonomamente la decisione, rende, per orientamento consolidato nella giurisprudenza di questa Corte (cfr. per tutte Cass. n. 22753/2011), inammissibile, per difetto di interesse, la censura relativa alle altre, la quale, essendo divenuta definitiva l’autonoma motivazione non impugnata, non potrebbe produrre in nessun caso l’annullamento della sentenza.

6. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

PQM

 

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna parte ricorrente al rimborso in favore delle controparti delle spese di questo giudizio di cassazione, che liquida per ciascuna di esse in Euro 3.200,00 (di cui Euro 200,00 per esborsi) oltre spese generali forfetarie e accessori di legge.

Dà inoltre atto, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 19 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 7 giugno 2017

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