Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14147 del 11/07/2016
Cassazione civile sez. VI, 11/07/2016, (ud. 15/06/2016, dep. 11/07/2016), n.14147
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –
Dott. CARACCIOLO Giuseppe – rel. Consigliere –
Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –
Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –
Dott. VELLA Paolo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 4742-2014 proposto da:
TECNOEDIL DI ZONCASA GIANLUIGI & C SNC IN LIQUIDAZIONE, in
persona
del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in
ROMA, CORSO D’ITALIA 19, presso lo studio dell’avvocato BARBARA
SANTESE, rappresentata e difesa dall’avvocato LUCA CICCARELLI
giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, (OMISSIS), in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,
presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e
difende ope legis;
– resistente –
avverso la sentenza n. 77/13/2013 della COMMISSIONE TRIBUTARIA
REGIONALE di MILANO del 05/06/2013, depositata il 26/06/2013;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
15/06/2016 dal Consigliere Relatore Dott. GIUSEPPE CARACCIOLO;
udito l’Avvocato LUCA CICCARELLI, difensore del ricorrente, che
deposita copia della sentenza di dichiarazione di fallimento emessa
dal Tribunale di Lodi e chiede il rinvio.
Fatto
FATTO E DIRITTO
La Corte:
ritenuto che, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., è stata depositata in cancelleria la seguente relazione:
Il relatore cons. Giuseppe Caracciolo, letti gli atti depositati, osserva:
La CTR di Milano ha accolto l’appello dell’Agenzia – appello proposto contro la sentenza n. 26/01/2012 della CTP di Lodi che aveva parzialmente accolto il ricorso della “Tecnoedil snc” – ed ha così confermato il rigetto dell’impugnazione della cartella di pagamento (concernente IRAP-IVA-IRES) per il periodo di imposta 2007, siccome adottata all’esito del controllo automatizzato D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36 bis, cartella che il contribuente aveva impugnato sostenendone la nullità per non essere stata inviata la previa comunicazione di irregolarità.
La predetta CTR – dopo avere dato atto che nel fascicolo di causa “risulta una ricevuta di raccomandata inviata dall’Ufficio al contribuente, con la quale si comunicava l’avvenuto controllo della dichiarazione e l’irregolarità in essa riscontrata” – ha rilevato che “il contribuente non si è fatto parte attiva alla rettifica….e l’Ufficio è stato costretto ad emettere cartella di pagamento….non pagata entro i termini previsti per poter beneficiare della riduzione ad un terzo delle sanzioni…per cui il contribuente è decaduto da detto beneficio”.
La parte contribuente ha interposto ricorso per cassazione affidato a due motivi. L’Agenzia non si è difesa.
Il ricorso – ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. assegnato allo scrivente relatore, componente della sezione di cui all’art. 376 c.p.c. – può essere definito ai sensi dell’art. 375 c.p.c..
Infatti, con il primo motivo di impugnazione (fondato su: “difetto, insufficienza e contraddittorietà della motivazione”) e con il secondo motivo (complesso ed articolato in: violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 26; violazione della L. n. 890 del 1982, art. 3 e del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60; violazione della L. n. 212 del 2000, art. 6, comma 5) la parte ricorrente si duole in sostanza sia del fatto che il giudicante “non ha assolutamente motivato in ordine alla idoneità di una raccomandata inviata con compiuta giacenza”, sia del fatto che la notifica dell’avviso non poteva avvenire a norma dell’art. 26 (riferito ad altri atti) ma doveva avvenire a norma della L. n. 890 del 1982 concernente gli atti giudiziari ovvero a norma della regola generale prevista nel D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60. D’altronde, la L. n. 212 del 2000, art. 6 pretende che la notifica debba essere effettivamente ricevuta, nell’ottica della “effettiva conoscenza degli atti”.
La prima doglianza appare inammissibilmente formulata, le altre appaiono manifestamente infondate.
La prima, anzitutto, perchè fa riferimento all’archetipo del vizio disciplinato dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, non più in vigore (alla data di deposito della sentenza qui impugnata: 26.6.2013) a decorrere dalla novella recata dal D.L. n. 82 del 2012. La seconda, perchè incoerente con la disciplina normativa presupposta.
A tale proposito appare utile rammentare che le norme che reggono la condotta dell’Agenzia nella presente fattispecie prevedono che:
“l’esito della liquidazione è comunicato al contribuente o al sostituto d’imposta per evitare la reiterazione di errori e per consentire la regolarizzazione degli aspetti formali” (D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 bis); ovvero che, qualora sussistano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione, l’amministrazione finanziaria deve invitare il contribuente, a mezzo del servizio postale o con mezzi telematici, a fornire i chiarimenti necessari o a produrre i documenti mancanti entro un termine congruo e comunque non inferiore a trenta giorni dalla ricezione della richiesta” (L. 212 del 2000, art. 6).
Già da quanto trascritto risulta quindi chiaro che nessuna procedura di “notifica” è imposta dalla legge (nell’ipotesi regolata dall’art. 36 bis, neppure a pena di nullità) perchè è la legge stessa che parla di “comunicazione” e di “invito…a mezzo del servizio postale”.
Ne consegue che la parte ricorrente non ha alcuna ragione di dolersi di vizi della procedura di notifica a proposito di una comunicazione che doveva avvenire (come è avvenuta) con le modalità di cui si è detto.
Men che meno la parte ricorrente ha ragione di dolersi della mancata conoscenza dell’atto oggetto della comunicazione, atteso che la comunicazione risulta regolarmente indirizzata al contribuente e che è stata poi rispedita al mittente “per compiuta giacenza”, cioè per omesso ritiro da parte del destinatario, che quindi può imputare solo a sè stesso il difetto della conoscenza effettiva dell’atto.
Consegue da quanto si è detto che la pronuncia impugnata non appare passibile di cassazione.
Pertanto, si ritiene che il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio per inammissibilità e manifesta infondatezza.
Roma, 30 luglio 2015.
ritenuto inoltre:
che la relazione è stata notificata agli avvocati delle parti;
che non sono state depositate conclusioni scritte, nè memorie;
che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione (evidenziando che non può trovare rilievo alcuno la pronuncia dichiarativa del fallimento della società ricorrente che è stata depositata all’udienza di discussione, siccome nel procedimento di legittimità non si realizza l’effetto interruttivo tipico dei gradi di merito) e, pertanto, il ricorso va rigettato;
che le spese di lite non vanno regolate, non essendosi difesa la parte vittoriosa.
PQM
La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, il 15 giugno 2016.
Depositato in Cancelleria il 11 luglio 2016