Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14146 del 11/06/2010

Cassazione civile sez. I, 11/06/2010, (ud. 11/05/2010, dep. 11/06/2010), n.14146

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –

Dott. DI PALMA Salvatore – rel. Consigliere –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 8544/2009 proposto da:

P.G., elettivamente domiciliata in ROMA, presso la

CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avv. FERRANTE

Mariano, giusta procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende, ope

legis;

– resistente –

avverso il decreto n. 54317/06 della CORTE D’APPELLO di ROMA del

16.7.07, depositato il 25/03/2008;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio

dell’11/05/2010 dal Consigliere Relatore Dott. SALVATORE DI PALMA.

E’ presente il P.G. in persona del Dott. RENATO FINOCCHI GHERSI.

 

Fatto

RITENUTO IN FATTO

che P.G., con ricorso del 2 aprile 2009, ha impugnato per cassazione – deducendo numerosi motivi di censura -, nei confronti del Ministro della giustizia, il decreto della Corte d’Appello di Roma depositato in data 25 marzo 2008, con il quale la Corte d’appello, pronunciando sul ricorso della P. – volto ad ottenere l’equa riparazione dei danni patrimoniali e non patrimoniali ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 2, comma 1 -, in contraddittorio con il Ministro della giustizia – il quale, costituitosi nel giudizio, ha concluso per l’inammissibilità o l’infondatezza del ricorso -, ha respinto la domanda ed ha condannato la ricorrente al rimborso delle spese del giudizio nei confronti del Ministro della giustizia;

che il Ministro della giustizia, ritualmente intimato, ha depositato memoria di costituzione;

che, in particolare, la domanda di equa riparazione del danno non patrimoniale – richiesto per l’irragionevole durata del processo presupposto – proposta con ricorso del 20 luglio 2006, era fondata sui seguenti fatti: a) la P., asseritamente creditrice di differenze previdenziali per invalidità civile, avevano proposto – con ricorso del 2 ottobre 2002 – la relativa domanda dinanzi al Tribunale di Nola in funzione di giudice del lavoro; b) il Tribunale adito aveva deciso la causa con sentenza del 4 ottobre 2005;

che la Corte d’Appello di Roma, con il suddetto decreto impugnato – dopo aver affermato che la durata ragionevole del processo deve stimarsi in tre anni, due anni ed un anno, rispettivamente, per il processo di primo grado, per il processo d’appello e per il processo di legittimità, e che ai fini del riconoscimento dell’equa riparazione occorre riferirsi al periodo eccedente tale ragionevole durata – ha respinto la domanda, osservando che: “nella fattispecie non è dato nemmeno rilevare alcuna eccedenza indennizzabile alla stregua dei parametri di riferimento sopra indicati”.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che con i motivi di censura – i quali possono essere esaminati per gruppi di questioni -, vengono denunciati come illegittimi: a) la considerazione del solo periodo eccedente la ragionevole durata del processo presupposto (tre anni), anzichè l’intera durata dello stesso; b) l’omessa applicazione di un parametro di liquidazione dell’indennizzo ingiustificatamente inferiore a quello indicato dalla Corte europea dei diritti dell’uomo; c) il mancato riconoscimento del diritto al supplemento di indennizzo per il danno non patrimoniale, in relazione al bonus forfetario dovuto in ragione della materia previdenziale trattata nel processo presupposto; d) l’omessa compensazione delle spese di giudizio di merito;

che il ricorso non merita accoglimento;

che, in particolare, la censura sub a) è infondata, perchè, secondo il costante orientamento di questa Corte, la L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 3, lett. a), con una chiara scelta non incoerente rispetto alle finalità sottese all’art. 6 della CEDU, impone di correlare l’indennizzo al solo periodo eccedente la ragionevole durata di tale processo, eccedente cioè il periodo di tre anni per il giudizio di primo grado, quale quello di specie (cfr., ex plurimis, le sentenze nn. 8714 del 2006, 14 del 2008, 10415 del 2009);

che la censura sub b) non è fondata, perchè i Giudici a quibus non si sono sostanzialmente discostati dal consolidato orientamento di questa Corte che consente il riconoscimento del diritto all’equa riparazione per il danno non patrimoniale di cui alla L. n. 89 del 2001, art. 2, soltanto per il periodo eccedente i tre anni di ragionevole durata per il giudizio di primo grado;

che la censura sub c) è infondata alla luce del consolidato orientamento di questa Corte, secondo cui, in tema di equa riparazione per violazione del termine di ragionevole durata del processo, ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, l’inclusione delle cause di lavoro e di quelle previdenziali nel novero di quelle per le quali la Corte EDU ha ritenuto che la liquidazione dell’indennizzo per il danno non patrimoniale possa giungere fino a 2000,00 Euro per anno, in ragione della particolare importanza della controversia, non significa che dette cause debbano necessariamente considerarsi particolarmente importanti, con la conseguente automatica liquidazione del predetto maggior indennizzo, potendo il giudice del merito tener conto della particolare incidenza del ritardo sulla situazione delle parti, che la natura giuslavoristica della controversia comporta, nell’ambito della valutazione concernente la liquidazione del danno, senza che ciò comporti uno specifico obbligo di motivazione al riguardo, nel senso che il mancato riconoscimento del maggior indennizzo si traduce nell’implicita esclusione della particolare rilevanza della controversia (cfr., ex plurimis, la sentenza n. 17684 del 2009);

che la censura sub d) non è fondata, perchè la compensazione delle spese di lite è attribuita al potere discrezionale del giudice del merito che, se non reputa di disporla applicando il principio della soccombenza, non è neanche obbligato a motivare sul punto, tale obbligo sussistendo soltanto se disponga la compensazione;

che non sussistono i presupposti per pronunciare sulle spese del presente grado del giudizio, tenuto conto che il Ministro della giustizia, depositando soltanto memoria di costituzione con la quale si riserva l’eventuale partecipazione all’udienza di discussione, non ha svolto difese di merito.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Struttura centralizzata per l’esame preliminare dei ricorsi civili, il 11 maggio 2010.

Depositato in Cancelleria il 11 giugno 2010

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