Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14146 del 08/07/2015


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Civile Sent. Sez. L Num. 14146 Anno 2015
Presidente: MACIOCE LUIGI
Relatore: AMENDOLA FABRIZIO

SENTENZA

sul ricorso 11678-2009 proposto da:
AZIENDA OSPEDALIERA OSPEDALE CIRCOLO MELEGNANO C.F.
12319420159, in persona del legale rappresentante pro
tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
SABOTINO

2-A,

presso

lo

studio

dell’avvocato

VALENTINO VULPETTI, che la rappresenta e difende
2015
1747

unitamente all’avvocato ORAZIO SAVIA giusta delega in
atti;
– ricorrente contro

CAMUTO

CARMELA

C.F.

CMTCML51B51B2020,

AIOLFI

Data pubblicazione: 08/07/2015

FRANCESCA
t.

LEAFNC70S59E648E,

L FAPRZ77R66M102Y,

BELLONI

PATRIZIA

AIOLFI

MARA

BLLMRA71P48M102S,

BIGGIOGERO SUSANNA BGGSNN66H53F100Y, BOLOGNESI ROSA
TERESA BLGRTR58E49L285K, BOLZONI VIOLA
BLZVLI8OL47C816S, CALEFFI CARMELA CLFCLM72C70M102F,

CHPDNL60L47F205I,

COLELLA ADELE CLLDLA74R70M102 D,

CURRO ‘ STEFANO CRRDEN81A22M102P,

DE ZOLT PONTE

LETIZIA DZLLTZ76C64F205W, DE ZOLT PONTE LUCILLA, DI
GIOIA LINA DGILNI67D67F205Q, FAVINI SILVIA
FVNSLV64D66F205L, FECAROTTA SILVANA FRCSVN59M69G273A,
FRANZONI NADIA FRNNDA66R43F205L , ILIE DANIELA
LI I DNL75A57Z129C , LAZZARI LAURA LZZLRA65S49F100E, LO
MONACO ANGELA LMNNGL73B5 O F158A, LOMART IRE GEMMA
GENOVEFFA LMRMGN64A41L304L, MAZZA GIULIANO
MZZGLN80D11M102D, MORO

STABILINI

GIUDITTA

MRSGTT8OL5012740, MUZ ZANI EMILIA LUCIANA
MZZMLC72M531274G, NEGRI ALESSANDRA NGRLSN77M69M102A,
PACE CLAUDIA PCACLD73E52F205Z, PAOLI ASSUNTA
PLASNT71M41F537U,

,
,

RANERI

CARLA

LETIZIA

RNRCRL68M66F1000, RANETTI MASSIMO RNTMSM82C19F205M,
RICCI ISABELLA RCCSLL71H42M102F, RUBUANO MARIA
RBNMGR70C57G371H, RUFFINI GIORGIO RFFGRG59T29A944J,
SCHIEPPAT I SIMONETTA SCHMSN58S48G388C, SIGNORINI IVAN
SGNVNI83E03M102M, TOSI DANIELA TSODNL68A46F100W,
TROLVI

LUCIA

TRLLCU90L51C523T ,

VASI

RITA

CASELLA ROBERTA CSLRRT71D66F205K, CHIAPPA DANILA

i

VSARTI55M50H850M, VISCIO MELISSA VSCMSS82M52M102L,
tutti elettivamente domiciliati in ROMA, VIA
GERMANICO 172, presso lo studio dell’avvocato PIER
LUIGI PANICI, che li rappresenta e difende unitamente
all’avvocato GIOVANNI GIOVANNELLI, giusta delega in

– controricarrenti nonchè contro

BOCCALARI

CLAUDIA,

MENNELLI

CARMELA,

ZUCCOTTI

VALERIO, D’ALESSANDRO VIVIANA, GRANDINI BRUNA,
RANIERI VALENTINA, PLACENTI SABRINA, MASULLI ADRIANA,
COOPERATIVA SOCIALE LA SOLIDARIETA’ A.R.L.;
– intimati –

avverso la sentenza n. 539/2009 della CORTE D’APPELLO
di MILANO, depositata il 07/05/2008 R.C.N. 988/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 21/04/2015 dal Consigliere Dott. FABRIZIO
AMENDOLA;
udito l’Avvocato VULPETTI VALENTINO;
udito l’Avvocato GIOVANNELLI GIOVANNI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. RITA SANLORENZO che ha concluso per
inammissibilità.

atti;

P

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sezione Lavoro

-t

..

Svolgimento del processo

1.— Con sentenza del 7 maggio 2008, la Corte di Appello di Milano, in riforma
sul punto delle pronunce di primo grado, ha condannato, in solido, l’Azienda
Ospedaliera Ospedale Circolo di Melegnano e la Cooperativa Sociale La Solidarietà
a r.l. a corrispondere a Carmela Camuto e agli altri dipendenti della Cooperativa

le differenze tra quanto dovuto sulla base del contratto collettivo del settore
Sanità del 7 aprile 1999 e quanto effettivamente percepito dalla Cooperativa.
In sintesi, la Corte territoriale ha ritenuto operante nella fattispecie concreta
l’art. 3 della I. n. 1369 del 1960, assumendo che la disposizione troverebbe
applicazione anche per gli appalti di servizi da parte di enti pubblici e
considerando in fatto che, “pur avendo l’Azienda ospedaliera natura di ente
pubblico non economico con finalità di assistenza sanitaria, essa risulta
organizzata con criteri imprenditoriali, in quanto gestita secondo il principio
dell’economicità, da intendersi come astratta idoneità dell’attività a coprire i costi
..
e a raggiungere il pareggio di bilancio, anche tramite l’ausilio di finanziamenti
pubblici”.

2.— Per la cassazione di tale sentenza l’Azienda Ospedaliera ha proposto
ricorso del 5 maggio 2009 affidato a tre motivi, conclusi ai sensi dell’art. 366 bis
c.p.c. pro tempore vigente. Ad esso hanno resistito con controricorso i lavoratori
epigrafati, depositando memoria ex art. 378 c.p.c.. Non hanno invece svolto
attività difensiva Claudia Boccalari, Carmela Mennelli, Valerio Zuccotti, Viviana
D’Alessandro, Bruna Grandini, Valentina Ranieri, Sabrina Piacenti, Adriana Fasulli
nonchè la Cooperativa Sociale La Solidarietà a r.1..

Motivi della decisione

3.—

Preliminarmente occorre delibare l’eccezione di inammissibilità del

ricorso, sollevata dai controricorrenti, in quanto esso sarebbe stato azionato
quando era ormai decorso il termine breve di cui all’art. 325 c.p.c..
A sostegno deducono che la sentenza sarebbe stata “notificata il giorno 11
febbraio 2009 a mezzo posta presso il domicilio eletto dall’Azienda Ospedaliera
nell’Ufficio legale ubicato in Vizzolo Predabissi, Via Prandina, 1, come indicato

R.G. n. 11678/2009
Udienza 21 aprile 2015

Presidente

MACiOCC

Relatore Amendola

indicati in epigrafe, che avevano prestato servizio presso la struttura ospedaliera,

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sezione Lavoro

nelle memorie d’appello in atti dai difensori avvocati Lavinia Vercesi e Fabrizia
Ca roli”.
L’eccezione non può trovare accoglimento.
A mente dell’art. 326 c.p.c. Il termine perentorio per l’impugnazione in
cassazione stabilito dall’articolo precedente decorre “dalla notificazione della
sentenza”.

essere effettuata, anche nel rito del lavoro, al suo procuratore (Cass. SS.UU. n.
7827 del 1991) e, costituendo presupposto formale indispensabile per la
decorrenza del termine breve per impugnare, non ammette equipollenti, essendo
peraltro irrilevante l’eventuale conoscenza che il procuratore abbia altrimenti
avuto della sentenza (tra le altre: Cass. n. 5421 del 1997).
L’essenzialità del riferimento nominativo al procuratore della parte nella
notificazione discende dalla forma legale prevista (artt. 285 e 170 c.p.c.),
secondo le forme tipiche del processo di cognizione, e, quindi, quale notificazione
da effettuarsi al procuratore costituito della controparte. Forma legale che si
fonda sul rapporto di rappresentanza tecnica, che lega la parte al procuratore
domiciliatario (Cass. n. 9298 del 2007), così assicurando, attraverso un vincolo
giuridico tra le parti, la finalità – essenziale ai fini del termine per l’impugnazione
– che la sentenza sia portata a conoscenza della parte per il tramite del suo
rappresentante processuale, professionalmente qualificato a vagliare l’opportunità
dell’impugnazione (su tali aspetti, diffusamente, Cass. n. 9431 del 2012, la quale
evidenzia altresì che l’essenzialità del rispetto della forma legale suddetta si lega
strettamente con la scelta del legislatore di attribuire altri fini, quelli esecutivi,
alla notificazione effettuata alla parte personalmente (art. 479 c.p.c., co. 2, come
modificato dal D.L. n. 35 del 2005, convertito, con mod., nella 1. n. 80 del 2005),
con necessità di accertare l’inequivoca volontà del notificante di utilizzare lo
strumento acceleratori° e sollecitatorio, che l’ordinamento processuale gli
attribuisce).
Nella specie dalla relata di notifica della sentenza impugnata, depositata nel
fascicolo dei controricorrenti, risulta che la stessa è stata effettuata a mezzo
posta all’Azienda Ospedaliera “in persona del legale rappresentante p.t., nel
domicilio eletto presso la sede legale dell’Azienda – Ufficio Affari legali in Vizzolo
Predabissi”, e che l’avviso di ricevimento è stato indirizzato all’Azienda
Ospedaliera e sottoscritto da una impiegata ivi addetta.

R.G. n. 11678/2009
Udienza 21 aprile 2015
Presidente MAcioce Relatore Amendola

La notificazione della sentenza, nei confronti della parte costituita, deve

-

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
e

Sezione Lavoro

Tale forma di notificazione non è idonea a far decorrere il termine breve per
l’impugnazione in assenza di qualunque richiamo al procuratore costituito
dell’ente.
La circostanza che i difensori dell’Azienda Ospedaliera avessero eletto
domicilio presso la stessa non muta tale conclusione in quanto la sola identità di
domiciliazione non assicura che la sentenza giunga a conoscenza della parte

vagliare l’opportunità dell’impugnazione (da ultimo Cass. n. 9843 del 2014).
In proposito questa Corte ha avuto modo di affermare (ancora Cass. n.
9431/2012 cit.) che, in considerazione dei fondamenti giuridici della necessità del
rispetto della forma legale, non possano considerarsi frutto di approccio
formalistico le decisioni che hanno ritenuto la inidoneità della notifica (ai fini del
termine breve) finanche nelle mani dello stesso procuratore (Cass. n. 17790 del
2003) o, anche, nel caso di elezione di domicilio della parte presso l’ufficio legale
e di notifica presso l’ufficio legale (Cass. n. 9298 del 2007). In queste ipotesi,
infatti, mancava, rispettivamente, l’estrinsecazione della volontà della parte di
perseguire il fine acceleratorio dell’appello in tempi brevi ed il legame giuridico
posto dal legislatore con il procuratore domiciliatario, che non può estendersi
all’organo amministrativo di cui l’avvocato faccia parte.

4.—

Ciò posto, i motivi del ricorso possono essere come di seguito

sintetizzati:
con il primo mezzo di impugnazione si denuncia contraddittoria motivazione
sul fatto controverso e decisivo per il giudizio relativo alla natura imprenditoriale
dell’attività svolta dall’Azienda Ospedaliera di Melegnano; ci si duole che dal testo
della sentenza impugnata risulti come sia stato accertato che l’Azienda non
svolgesse attività imprenditoriale, al fine di escludere l’applicabilità dell’art. 1
della I. n. 1369 del 1960, salvo ritenere l’esatto contrario, allorché si è trattato di
applicare l’art. 3 della stessa legge;
con il secondo motivo si lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 3
della I. n. 1369 del 1960 interrogando la Corte sul se detta norma “possa trovare
applicazione per i contratti di appalto conclusi da azienda ospedaliera, quale ente
pubblico non economico che non svolge attività o rende un servizio con gestione
imprenditoriale, bensì persegue un preciso fine istituzionale consistente

R.G. n. 11678/2009
Udienza 21 aprile 2015
Presidente MAcloce Relatore Amendola

tramite il suo rappresentante processuale, professionalmente qualificato a

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sezione Lavoro

nell’erogare prestazioni di natura sanitaria ed assistenziale verso la collettività,
nell’interesse dello Stato”;
con il terzo motivo si denuncia violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2697
c.c., in combinato disposto con gli artt. 115 e 414 c.p.c., per avere la sentenza
impugnata attribuito all’azienda ospedaliera la natura di ente pubblico non
economico con finalità sanitaria organizzata con criteri imprenditoriali, in quanto

dell’attività a coprire i costi e a raggiungere il pareggio di bilancio, anche tramite
l’ausilio di finanziamenti pubblici, senza che tale prova sia stata fornita dalla parte
all’uopo onerata.

5.— In via pregiudiziale va esaminata l’eccezione di inammissibilità del ricorso
per cassazione sostenuta dai controricorrenti sull’assunto che vi sarebbe carenza
di interesse ad impugnare da parte dell’Azienda Ospedaliera in quanto non
costituirebbe oggetto di gravame da parte di alcuno la statuizione della Corte
territoriale sull’operatività nella fattispecie anche dell’art. 1676 c.c., per cui “la
pronunzia di applicazione o meno dell’art. 3 I. n. 1369/1960 rimarrebbe una mera
enunciazione di principio senza alcun effetto sostanziale”.
Il Collegio ritiene che l’eccezione non possa essere accolta.
Questa Corte ha già avuto modo di rilevare (Cass. n. 11753 del 1998) che
l’azione ex art. 1676 cod. civ. non è sovrapponibile senza residui a quella ex art.
3 della I. n. 1369/1960, trovando esse fondamento su fatti costitutivi diversi ed
avendo differenti finalità e strutture.
Invero, la prima, con riguardo al fatto costitutivo giuridicamente qualificato
come contratto di appalto, presuppone puramente e semplicemente l’esistenza
del medesimo, in presenza del quale i dipendenti dell’appaltatore sono, per ciò
solo, legittimati a svolgere le pretese nascenti dai loro rapporto di lavoro
direttamente nei confronti del committente, fino a concorrenza del debito che
questi ha verso il primo nel tempo in cui essi propongono la domanda. La
seconda, invece, presuppone non solo la detta esistenza, ma anche un quid
pluris, attinente all’oggetto dell’appalto; prevede, cioè, che la responsabilità
solidale fra committente ed appaltatore si fondi sulla circostanza che l’appalto sia
stato concesso per opere o servizi da eseguirsi “all’interno dell’azienda”. In tale
situazione, dunque, l’esistenza del contratto di appalto è condizione necessaria,
ma non sufficiente perché i dipendenti dell’appaltatore siano legittimati ad

m

R.G. n. 11678/2009
Udienza 21 aprile 2015
Preskiente MAdoce Relatore ArnendOla

gestita secondo il principio dell’economicità, da intendersi come astratta idoneità

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sezione Lavoro

invocare la responsabilità solidale del committente, insorgendo quest’ultima solo
in relazione alla natura dell’opera o del servizio, scilicet ad un fatto costitutivo
ulteriore che implica un nuovo e diverso tema di indagine rispetto a quello
prospettato dalla domanda fondata sul disposto dell’art. 1676 cod. civ.
Le due azioni sono anche diverse per finalità e struttura: in quella codificata il
committente, il quale, nei limiti di quanto deve all’appaltatore, paghi gli ausiliari

eccezionalmente concessa a questi ultimi, verso il committente medesimo che sia
debitore per la causa specifica dell’esecuzione dell’opera o del servizio per il quali
i lavoratori hanno prestato la loro opera e sono rimasti creditori; in quella
prevista dalla norma speciale, invece, rileva l’aspetto della garanzia apprestata in
favore dei lavoratori dell’appaltatore e diretta ad impedire che l’appalto
costituisca uno strumento di disconoscimento di quei diritti dei quali essi
diverrebbero titolari, se dipendessero direttamente dai committente, come pure
potrebbero, attesa la non estraneità dell’oggetto dell’appalto al ciclo produttivo
dell’azienda facente capo a quest’ultimo.
Pertanto il giudizio promosso ai sensi dell’art. 1676 c.c. dagli ausiliari
dell’appaltatore per conseguire direttamente dal committente quanto loro è
dovuto è fondato su diversi presupposti di applicabilità e realizza diversi effetti
rispetto all’ipotesi regolata dall’art. 3 della legge n. 1369 del 1960, nella quale
l’appaltante è tenuto verso i dipendenti dell’appaltatore senza gli stessi limiti (cfr.
Cass. n. 4067 del 1999).
Dal rilievo che si tratta di azioni autonome e distinte e dal diverso regime di
responsabilità che ne consegue deriva che, per certo, l’Azienda Ospedaliera ha un
interesse ad impugnare una sentenza d’appello che l’ha condannata proprio sulla
base dell’applicazione dell’art. 3 della I. n. 1369 del 1960, con conseguenze
anche sulla disciplina delle spese del doppio grado.

6.—

Il primo ed il secondo motivo del ricorso vanno esaminati

congiuntamente per la loro reciproca connessione.
Essi sono ammissibili in quanto, ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c., sono conclusi
il primo da un adeguato momento finale di sintesi, con indicazione del fatto
controverso, ed il secondo da idoneo quesito. Inoltre gli atti e i documenti, tra cui
il contratto collettivo, di cui i controricorrenti eccepiscono la mancata indicazione

R.G. n. 11678/2009
Udienza 21 aprile 2015
Presidente MAdoce Relatore Amendoia

di questi, soddisfa un debito altrui, in virtù di una legittimazione sostitutoria,

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sezione Lavoro

e produzione non costituiscono il fondamento essenziale ai fini della delibazione
dei motivi di gravame prospettati.
Le censure sono altresì fondate.
L’art. 3, co. 1, della I. n. 1369/1960, su cui la Corte milanese ha fondato la
condanna dell’Azienda Ospedaliera, nel testo pro tempore vigente, stabiliva: “Gli
imprenditori che appaltano opere o servizi, compresi i lavori di facchinaggio, di

aziende con organizzazione e gestione propria dell’appaltatore, sono tenuti in
solido con quest’ultimo a corrispondere ai lavoratori da esso dipendenti un
trattamento minimo inderogabile retributivo e ad assicurare un trattamento
normativo, non inferiore a quelli spettanti ai lavoratori da loro dipendenti”. Il
comma 3 sanciva poi la responsabilità degli “imprenditori” committenti anche per
“l’adempimento di tutti gli obblighi derivanti dalle leggi di previdenza e di
assistenza.”
L’intenzione del legislatore dell’epoca era quella “di paralizzare, attraverso il
sistema del “nulla escluso”, qualsiasi sollecitazione ad appalti (in senso lato)
ubbidienti a logiche non conformi alla piena liceità dello strumento giuridico
utilizzato, e quindi di escludere in radice qualsiasi interesse anche meramente
economico dell’appaltante di ricorrere alla rinnessione a terzi di attività rientranti
nel proprio ciclo produttivo”; “la responsabilità solidale di entrambi i soggetti,
interessati al contratto di appalto, per tutto quanto dovuto al dipendente
dell’appaltatore, in perfetta sovrapposizione con quanto dovuto al dipendente del
committente, è evidentemente ritenuto dal legislatore l’unico strumento idoneo a
scongiurare il ricorso a tale strumento contrattuale al di fuori dei limiti di liceità
cui la norma legislativa in esame è informata” (così Cass. n. 1337 del 2007).
Rispetto poi al dibattito sviluppatosi sulla questione

se solo il soggetto
)
qualificabile come “imprenditore” potesse ritenersi destinatario del sistema di
garanzie delineato per il lavoratore dalla I. n. 1369 del 1960, ovvero qualsiasi
soggetto, anche pubblico, questa Corte ha privilegiato una ben chiara opzione
interpretativa.
Già in tema di divieto di intermediazione ed interposizione nelle prestazioni di
lavoro sancito dall’art. 1 della l. n. 1369/60, si è affermato che esso rinviene
applicazione anche ove il rapporto di lavoro intercorra con enti pubblici non
economici, in relazione, però, non a tutte le attività svolte da tali enti, bensì solo
a quelle che abbiano carattere imprenditoriale, giacché la legge citata – pur non

R.G. n. 11678/2009
Udienza 21 aprile 2015
Presidente MAcloce Relatore Amandola

pulizia o di manutenzione ordinaria degli impianti, da eseguirsi nell’interno delle

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sezione Lavoro

ponendo limitazioni in ordine all’eventuale natura pubblicistica del datore di
lavoro – si riferisce tuttavia solo ad attività che, per i loro contenuti sostanziali,
siano espressione dell’esercizio dell’impresa (cfr., ex plurimis, Cass. n. 6531 del
2013, Cass. n. 2964 del 2008, Cass. n. 15783 del 2004) e quindi alle sole attività
a carattere imprenditoriale degli enti pubblici (Cass. n. 928 dei 1988; Cass. n.
8808 del 1987; Cass. n. 580 e 5801 del 1985; Cass. n. 7110 e 7165 del 1986;

del 1974).
Si è altresì di recente ribadito che “la legge citata si riferisce … solo ad attività
che per i loro contenuti sostanziali siano espressione dell’esercizio dell’impresa,
dovendosi coordinare le disposizioni che stabiliscono il divieto e le conseguenze
del divieto stesso, con le altre norme che limitano o escludono la facoltà delle
amministrazioni di assumere personale senza le formali e pubbliche procedure
prescritte dal legislatore ed imposte dall’art. 97 Cost.” (Cass. n. 11383 del 2014;
conforme: Cass. n. 11387 del 2014).
Anche per la responsabilità solidale di cui all’art. 3 della I. n. 1369 del 1960,
nonostante si tratti di conseguenze meramente patrimoniali e non costitutive di
un rapporto di lavoro alle dipendenze di una pubblica amministrazione, questa
Corte ha più volte statuito che essa presuppone chiaramente e sostanzialmente
(e non solo nominalisticamente, quale equivalente della espressione “datore di
lavoro”) la natura di imprenditore del soggetto appaltante (come è fatto palese
dal riferimento, nello stesso articolo, ad “aziende” e “impianti”), con esclusione di
enti pubblici che non esercitino attività di impresa (cfr. Cass. n. 9107 del 1991;
Cass. n. 243 del 2003; Cass. n. 11383 e 11387 del 2014; Cass. n. 20232 del
2014).
Si è argomentato (Cass. n. 9107/1991 cit.) che “la omogeneità di trattamento
può avere senso in relazione a lavoratori tutti sottoposti alla disciplina
privatistica, anche se dettata da differenti contratti collettivi, ma non fra
lavoratori privati e impiegati pubblici, fra cui il trattamento retributivo minimo
inderogabile da estendere ai dipendenti dell’appaltatore sarebbe ben difficilmente
individuabile, non fosse altro che per la diversità e non equiparabilità di qualifiche
e di struttura della retribuzione del settore pubblico e del settore privato.
Parimenti insostenibile, infine, parrebbe l’addossare allo Stato, ai sensi dell’ultimo
comma dell’art. 3, gli obblighi previdenziali propri del sistema assicurativo
obbligatorio del settore privato. La soluzione adottata, del resto, appare in

R.G. n. 11678/2009
Udienza 21 aprile 2015
Presidente Mkoloc.e Relatore Amandola

Cass. n. 13 del 1981; Cass. n. 9 del 1980; Cass. n. 355 del 1976; Cass. n. 233

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sezione Lavoro

t

armonia con lo spirito informatore della legge, volta a reprimere 4,1 fenomeno del
“marchandage du travail” nel mercato del lavoro (cfr. Cass. 9 dicembre 1971 n.
3568, 13 dicembre 1983, n. 6855; Corte Cost. 9 luglio 1963, n. 120), mercato al
quale lo Stato attinge con mezzi in buona parte ben diversi da quelli dei privati
imprenditori, cosicché non può ritenersi destinatario di una disciplina posta per
impedire l’escamotage di non assumere direttamente personale, cui imprenditori

parte ogni altra considerazione, lo Stato non sarebbe in grado di ricorrere a causa
delle procedure di assunzione e di controllo cui la sua attività è sottoposta”.
Alla stregua degli esposti consolidati insegnamenti merita le censure che le
sono mosse la sentenza impugnata che prima ha escluso l’applicabilità dell’art. 1
della I. n. 1369 del 1960, rilevando che l’Azienda Ospedaliera di Melegnano “ha
natura di ente pubblico non economico, in quanto gestisce il servizio pubblico
della sanità operando in tale settore con struttura e finalità di tipo pubblicistico e
istituzionale” e che “le prestazioni lavorativa subordinate, oggetto del contratto di
appalto, sono prive di carattere imprenditoriale e sono correlate ai pubblicistici
fini istituzionali dell’ente, in quanto attività di ausilio a quella sanitaria e a quella
amministrativa proprie del presidio ospedaliero”, e poi ha contraddittoriamente
condannato la medesima Azienda, ai sensi dell’art. 3 della stessa legge, “in
quanto gestita secondo il criterio dell’economicità, da intendersi come astratta
idoneità dell’attività a coprire i costi e a raggiungere il pareggio di bilancio, anche
tramite l’ausilio di fìnanziannenti pubblici”.

7.— Conclusivamente il primo ed il secondo motivo di ricorso vanno accolti e,
in relazione ad essi, la sentenza impugnata va cassata, con rinvio alla stessa
Corte di Appello, in diversa composizione, per nuovo esame sulla natura
imprenditoriale dell’attività svolta dall’Azienda Ospedaliera Ospedale Circolo di
Melegnano ai fini dell’applicabilità dell’art. 3 della I. n. 1369 del 1960 pro tempore
vigente e per la regolazione delle spese, anche della presente fase di legittimità.
Da quanto precede resta assorbito il terzo mezzo di gravame relativo alla
contestazione della prova che l’attività dell’attuale ricorrente sia svolta con
criterio di economicità.

R.G. n. 11678/2009
Udienza 21 aprile 2015
Presidente MAcloce Relatore Amandola

poco scrupolosi ricorrono per alleggerire il costo della manodopera: artificio cui, a

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sezione Lavoro

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo ed il secondo motivo di ricorso, assorbito il terzo,
cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di Appello di Milano, in diversa
composizione, anche per la regolazione delle spese.

Roma, così deciso nella camera di consiglio del 21 aprile 2015.

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA