Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14146 del 07/06/2017

Cassazione civile, sez. I, 07/06/2017, (ud. 19/01/2017, dep.07/06/2017),  n. 14146

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Presidente –

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – rel. Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

O.F., domiciliato in Roma, presso la Cancelleria della

Corte di Cassazione, rappresentata e difesa dall’avv. Chiara Busani

per delega in calce al ricorso, che dichiara di voler ricevere le

comunicazioni relative al processo presso la p.e.c.

chiara.busani.ordineavvmodena.it e il fax 059/311442;

– ricorrente –

nei confronti di:

Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione;

– intimato –

avverso il Decreto n. 47/2016 della Corte d’appello di Bologna emesso

in data 11 febbraio 2016 e depositato il 14 marzo 2016, R.G. n.

367/2015;

sentito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. ZENO Immacolata, che ha concluso per il rigetto del

ricorso.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che:

1. Il sig. O.F. ha richiesto, del D.Lgs. n. 286 del 1998, ex art. 31, comma 3 e art. 30, comma 2, l’autorizzazione alla sua permanenza in Italia esponendo quanto segue. E’ nato in (OMISSIS) e si trova in Italia dal 2010 sprovvisto di permesso di soggiorno. Il (OMISSIS) ha contratto matrimonio in (OMISSIS) con Ok.Es. che è titolare di carta di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo e madre di tre figli nati da una precedente relazione, nel 2003, 2004 e 2008. Il padre, o.s., si è sempre disinteressato delle sorti dei figli e ha abbandonato la casa familiare nel 2010 senza farvi più ritorno e senza occuparsi del mantenimento, della cura e della educazione dei minori. Il ricorrente ha invece instaurato da subito un rapporto profondo con i ragazzi occupandosi in pieno della loro cura ed educazione. Tutti e tre i figli, anche il secondo che soffre di autismo, hanno ricambiato questa disponibilità e hanno consentito il nascere di un legame paterno-filiale ormai irrinunciabile. Di qui la sua richiesta di rilascio di un permesso di soggiorno fino al compimento della maggiore età dell’ultimo figlio della moglie o, in via subordinata, fino al termine dell’obbligo scolastico dell’ultima figlia in quanto il rimpatrio forzato del ricorrente in Nigeria determinerebbe una grave perdita e un grave danno per i minori che solo negli ultimi anni hanno potuto instaurare un rapporto genitoriale con la figura maschile e in particolare comprometterebbe gravemente la salute del figlio autistico che ha sviluppato un forte attaccamento con il ricorrente.

2. Il ricorso è stato respinto dal T.M. di Bologna con la motivazione che il ricorrente non è legato ai minori da alcun legame familiare e pertanto il ricorso non può essere accolto.

3. Il provvedimento è stato reclamato dal sig. O. che ha rilevato come il D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 31, comma 3, prevede l’autorizzazione dell’ingresso o della permanenza in Italia di un familiare, categoria nella quale rientra sicuramente il marito della madre convivente con i figli di quest’ultima in una lettura della norma che tenga conto dell’interesse superiore dei minori.

4. La Corte di appello di Bologna, con Decreto n. 47 del 2016, ha respinto il reclamo rilevando che “D.Lgs. 27 luglio 1998, n. 286, art. 31, comma 3, non può prescindere dall’esistenza di un reale rapporto di filiazione”. “Benchè questa considerazione abbia carattere assorbente” – ha rilevato la Corte di appello – “si può aggiungere che il reclamo sarebbe da rigettare anche per ulteriori autonome ragioni. Anzitutto, il padre dei minori non è una figura inesistente o completamente assente. o.s., padre dei minori, peraltro, non accetta la presenza dell’attuale marito della Ok.; e i Servizi riferiscono di operare perchè i genitori costruiscano un rapporto più sereno. E’ vero poi che dalla relazione di aggiornamento del Servizio sociale emerge in effetti che il reclamante coadiuva efficacemente la moglie nei compiti di accudimento e cura dei tre figli di lei e ha instaurato con loro un legame affettivo. Ma l’aiuto nell’accudimento non è esigenza tutelabile ai sensi del D.Lgs. 27 luglio 1998, n. 286, art. 31, comma 3”.

5. O.F. ricorre per cassazione avverso il decreto della Corte di appello bolognese e deduce: a) violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 31, comma 3, nonchè contraddittoria motivazione circa un fatto decisivo per la controversia; b) violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 31, comma 3, in combinato disposto con gli artt. 1, 2, 3, 6, 8, 27 della Convenzione di New York del 1989 sui diritti del fanciullo, con l’art. 13.3 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, con l’art. 8 della C.E.D.U. e l’art. 30 Cost., per avere il giudice di merito negato tutela all’unità familiare, intesa come diritto primario sia nel diritto interno che negli strumenti internazionali.

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

che:

6. Il ricorso è infondato. La decisione della Corte di appello è coerente alla giurisprudenza di questa Corte (Cass. civ. S.U. n. 21799 del 25 ottobre 2010) secondo cui la temporanea autorizzazione alla permanenza in Italia del familiare del minore, prevista dal D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 31, in presenza di gravi motivi connessi al suo sviluppo psico-fisico, è volta ad impedire la produzione di un danno effettivo, concreto, percepibile ed obiettivamente grave che, in considerazione dell’età o delle condizioni di salute ricollegabili al complessivo equilibrio psicofisico, deriva o deriverà certamente al minore dall’allontanamento del familiare o dal suo definitivo sradicamento dall’ambiente in cui è cresciuto. La stessa giurisprudenza precisa che deve trattarsi, tuttavia, di situazioni non di lunga o indeterminabile durata e non caratterizzate da tendenziale stabilità che, pur non prestandosi ad essere catalogate o standardizzate, si concretino in eventi traumatici e non prevedibili che trascendano il normale disagio dovuto al proprio rimpatrio o a quello di un familiare.

7. Come si è detto la Corte di appello ha ritenuto che la norma di cui al citato art. 31, si riferisce esclusivamente al danno connesso all’allontanamento di un familiare e non anche alla necessità di far permanere temporaneamente in Italia altre persone non legate da vincoli familiari ma che abbiano instaurato rapporti affettivi con i minori e ha rilevato che, nel caso concreto, in Italia sono presenti sia la madre, Ok.Es., che il padre dei minori, o.s., il quale non costituisce una figura inesistente per i figli. La Corte distrettuale ha dato anche rilievo all’intervento in atto dei Servizi sociali per ricostruire un rapporto più sereno fra i due genitori mentre ha ritenuto che l’interesse della Ok. ad avvalersi dell’aiuto del suo compagno non può trovare tutela con l’applicazione dell’art. 31 citato che è norma volta ad assicurare la tutela di esigenze e situazioni diverse che attengono ai rapporti dei minori con i loro familiari.

8. Le motivazioni della Corte di appello specificamente intese a esaminare la peculiare situazione familiare che è stata prospettata devono ritenersi corrette perchè lo strumento di tutela di cui all’art. 31, non può essere utilizzato nè come mezzo di risoluzione o prevenzione del conflitto familiare esistente fra i genitori nè come via alternativa al ricongiungimento familiare del nuovo coniuge di uno dei genitori, trattandosi di situazioni che possono e debbono trovare la loro tutela nelle sedi e con i procedimenti appropriati.

9. Il ricorso va pertanto respinto senza alcuna statuizione sulle spese del giudizio di cassazione.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso. Dispone che in caso di diffusione del presente provvedimento siano omesse le generalità e gli altri dati identificativi a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 19 gennaio 2017.

Depositato in Cancelleria il 7 giugno 2017

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