Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14145 del 08/07/2020
Cassazione civile sez. VI, 08/07/2020, (ud. 13/02/2020, dep. 08/07/2020), n.14145
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 3
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –
Dott. SCRIMA Antonietta – rel. Consigliere –
Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –
Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –
Dott. GIAIME GUIZZI Stefano – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 6378-2019 proposto da:
D.M.D., elettivamente domiciliato in ROMA, LUNGOTEVERE DI
PIETRA PAPA 21, presso lo studio dell’avvocato MAURO LONGO, che lo
rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
ALLIANZ SPA;
– intimata –
avverso la sentenza n. 20532/2018 del TRIBUNALE di ROMA, depositata
il 25/10/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 13/02/2020 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIETTA
SCRIMA.
Fatto
CONSIDERATO
Che:
D.M.D. ha proposto ricorso per cassazione, basato su un unico motivo e illustrato da memoria, nei confronti di Allianz S.p.a. e avverso la sentenza del Tribunale di Roma n. 20532/2018, pubblicata in data 25 ottobre 2018, di rigetto dell’appello dal medesimo proposto avverso la sentenza del Giudice di pace di Roma n. 36170/2015, con condanna dell’appellante alle spese;
con la sentenza impugnata in questa sede, premesso che la domanda principale proposta dal D.M., con l’atto di citazione in opposizione a precetto, era volta a che fosse dichiarato “nullo e privo di efficacia l’atto di precetto notificato” e che, solo in via subordinata, fosse stato chiesto di “determinare il reale importo della somma precettata”, il Tribunale ha ritenuto la declaratoria di cessazione della materia del contendere, pronunciata dal giudice del primo grado sulla scorta della dell’intervenuta rinuncia al precetto da parte dell’opposta, prima dell’iscrizione della causa al ruolo, “immune da censure ed ineccepibile sotto il profilo logico giuridico, in quanto corrispondente in toto alla domanda principale dell’attore volta ad ottenere la caducazione del precetto” e non avendo l’appellante già opponente “richiesto alcuna pronuncia volta ad ottenere, indipendentemente dalla verifica della correttezza dell’atto di precetto, una pronuncia che afferisse l’insussistenza o meno del diritto della parte avversa a procedere ad esecuzione azionata, pacificamente risultante dal titolo azionato”; inoltre, quel Tribunale ha ritenuto correttamente esclusa dal Giudice di pace la responsabilità aggravata ex art. 96 c.p.c., della parte opposta, avendo questa prontamente rinunciato al precetto e dato atto del refuso contenuto nel precetto stesso;
la parte intimata non ha svolto attività difensiva in questa sede;
la proposta del relatore è stata ritualmente comunicata, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c..
Diritto
CONSIDERATO
che:
con l’unico motivo, lamentando “Violazione e falsa applicazione dell’art. 24 Cost., e degli artt. 91 e 92 c.p.c., (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3)”, il ricorrente sostiene che il Tribunale avrebbe erroneamente avallato la decisione del Giudice di pace di compensare le spese di lite, pur avendo in sede di gravame il D.M. evidenziato l’errata applicazione della normativa in materia di condanna alle spese, in quanto, il primo Giudice, dichiarata la cessazione del contendere avrebbe dovuto pronunciarsi sul punto secondo il principio della soccombenza virtuale;
il motivo è inammissibile, per difetto di specificità, stante l’inosservanza dell’art. 366 c.p.c., n. 6, in quanto il ricorrente non ha riportato in ricorso se e in quali esatti termini testuali abbia proposto specifico motivo di appello sulla compensazione delle spese operata dal primo Giudice, non essendo sufficiente al riguardo il generico riferimento di cui all’ultimo capoverso di p. 4 del predetto atto, nè essendo stato tale motivo di gravame riportato nella sentenza impugnata (Cass. 10/01/2012, n. 86; v. anche Cass. 9/08/2018, n. 20694; Cass. 30/09/2015, n. 19410; Cass. 20/08/2015, n. 17049); inoltre, non risulta neppure colta la ratio decidendi (v. ricorso p. 5, ultimo capoverso), atteso che la frase della sentenza impugnata riportata alla fine di p. 4 ha come soggetto (pretermesso in ricorso) “la declaratoria di cessazione della materia del contendere” (v. sentenza impugnata p. 3);
la memoria del ricorrente non fornisce argomenti tali da scalfire i rilievi che precedono e va, altresì, evidenziato che con tale atto avente la mera funzione di illustrare e chiarire le ragioni giustificatrici dei motivi già debitamente enunciati nel ricorso e non già di integrarli – non può rimediarsi al difetto di specificità del ricorso (Cass., ord., 28/11/2018, n. 30760; Cass., ord., 7/03/2018, n. 5355; Cass., ord., 23/08/2011, n. 17603);
alla luce di quanto sopra evidenziato, in conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile;
non vi è luogo a provvedere per le spese, non avendo la parte intimata svolto attività difensiva in questa sede;
va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, se dovuto, da parte del ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1-bis, evidenziandosi che il presupposto dell’insorgenza di tale obbligo non è collegato alla condanna alle spese, ma al fatto oggettivo del rigetto integrale o della definizione in rito, negativa per l’impugnante, del gravame (v. Cass. 13 maggio 2014, n. 10306).
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso; ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, se dovuto, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 3 della Corte Suprema di Cassazione, il 13 febbraio 2020.
Depositato in Cancelleria il 8 luglio 2020