Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14144 del 08/07/2020

Cassazione civile sez. VI, 08/07/2020, (ud. 13/02/2020, dep. 08/07/2020), n.14144

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. SCRIMA Antonietta – rel. Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. GIAIME GUIZZI Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 6351-2019 proposto da:

CONSORZIO PER L’AREA DI SVILUPPO INDUSTRIALE DI (OMISSIS), in persona

del Presidente pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

CERESIO 24, presso lo studio dell’avvocato CARLO ACQUAVIVA,

rappresentato e difeso dall’avvocato MAURIZIO MAIELLO;

– ricorrente –

contro

CITTA’ METROPOLITANA DI NAPOLI, in persona del Sindaco pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI

CASSAZIONE, rappresentata e difesa dagli avvocati MAURIZIO MASSIMO

MARSICO, VERA BERARDELLI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3490/2018 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 12/07/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 13/02/2020 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIETTA

SCRIMA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Nel 1987 l’Amministrazione Provinciale di Napoli convenne in giudizio, dinanzi al Tribunale di Napoli, la SO.DI.ME. S.p.a. (cui in seguito subentrò la (OMISSIS) S.r.l.), esercente l’attività di produzione di alcool, chiedendone la condanna al risarcimento del danno provocato dal versamento di acque reflue, non preventivamente trattate, nell’alveo (OMISSIS), confluente, poi, nel depuratore di (OMISSIS).

Si costituì la società convenuta che chiamò in garanzia il Consorzio ASI di (OMISSIS), deducendo, preliminarmente, che detto Consorzio dovesse sollevarla da ogni addebito, essendosi impegnato a recepire, nella struttura consortile, le acque reflue, previa la sola eliminazione dei corpi solidi, ed eccependo, in via gradata, che le acque scaricate nella conduttura consortile appartenevano alla cui L. n. 319 del 1976, tabella C, e non alla tabella A, poichè sottoposte a trattamento di evaporazione, ed erano, quindi non inquinanti.

Si costituì in giudizio il Consorzio per l’Area di Sviluppo Industriale di (OMISSIS) contestando ogni addebito e precisando che la SO.DI.ME sversava le proprie acque reflue direttamente in fogna pubblica e che la stessa aveva affermato che il suo stabilimento era dotato di impianto autonomo di depurazione.

La causa, assegnata alla Sezione stralcio e riassunta, su istanza dell’Amministrazione Provinciale di Napoli, dopo l’interruzione per il decesso dell’avv. F.V., procuratore costituito della società convenuta società, venne decisa con la sentenza n. 12775/03 del 23 dicembre 2003, con cui il Tribunale di Napoli condannò la Società Italiana Alcool S.r.l. al pagamento, in favore dell’attrice della somma di Euro 1.800.000,00, oltre interessi legali dalla data di pubblicazione della sentenza sino al giorno dell’effettivo soddisfò, nonchè al pagamento di tre quarti delle spese del giudizio, condannò il Consorzio per l’Area di Sviluppo Industriale di (OMISSIS), al pagamento in favore dell’attrice, della somma di Euro 600.000,00, oltre interessi legali dalla data di pubblicazione della sentenza sino al giorno dell’effettivo soddisfo, nonchè al pagamento di un quarto delle spese del giudizio.

Avverso tale sentenza, proposero appello la Curatela del Fallimento della (OMISSIS) ed il Consorzio per l’Area di Sviluppo Industriale di Napoli.

La Corte di Appello di Napoli, riuniti gli appelli, accogliendo il gravame, per essere stata la sentenza di primo grado pronunciata da un giudice diverso da quello – deceduto dopo l’udienza di precisazione delle conclusioni – dinanzi ai quale le parti avevano precisato le rispettive conclusioni, senza che la causa fosse stata previamente rimessa sul ruolo, con sentenza n. 2847/2008 del 14 luglio 2008, dichiarò la nullità della sentenza di primo grado, rimise dinanzi al Tribunale di Napoli la causa e dichiarò interamente compensate fra le parti le spese dei due gradi giudizio.

L’Amministrazione Provinciale di Napoli riassunse il giudizio, nei soli confronti del Consorzio per l’Area Sviluppo industriale di (OMISSIS), e concluse chiedendo al Tribunale di “1) accertare la responsabilità del Consorzio ASI a titolo di concorso nell’illecito con la (OMISSIS) (che non citava in riassunzione) e, conseguentemente, condannarlo; a) al ripristino dello stato dei luoghi; b) al pagamento, nei confronti dell’Amministrazione Provinciale di Napoli, della somma di almeno due milioni di Euro; 2) in alternativa a quanto richiesto al punto 1 lett. b), condannare lo stesso al pagamento della somma maggiore o minore da determinarsi secondo equità; 3) in subordine, disporre un supplemento di perizia tecnica d’ufficio al fine della quantificazione del danno da pagarsi (che era rimasto non provato); 4) condannare, infine, il Consorzio convenuto al pagamento, nei confronti dell’Amministrazione Provinciale di Napoli, alle spese, diritti ed onorari di giudizio, oltre il 12,5% forfetario su diritti ed onorari di causa”.

Si costituì il Consorzio eccependo, in via preliminare, l’estinzione del giudizio, per mancata notifica dell’atto di riassunzione alla Curatela del Fallimento della (OMISSIS), chiedendo integrarsi il contraddittorio nei confronti della stessa, quale litisconsorte necessario, eccependo, altresì, la radicale mutatio libelli e, quindi, la formulazione di domande nuove rispetto a quelle proposte nel giudizio n. RG 4027/1987, in ordine alle quali dichiarò espressamente di non accettare il contraddittorio, e concluse, in ogni caso, per il rigetto della domanda attorea.

Il Tribunale di Napoli, con sentenza n. 11853/2011, rigettate le eccezioni preliminari di estinzione del giudizio e di inammissibilità, per novità delle domande, condannò il Consorzio per l’Area di Sviluppo Industriale di (OMISSIS) al pagamento, in favore dell’Amministrazione Provinciale di Napoli, dell’importo di Euro 250.000,00, oltre rivalutazione monetaria secondo indici ISTAT e interessi legali sulla sorta capitale nominale netta dal (OMISSIS) al saldo; rigettò nel resto le domande e condannò il medesimo Consorzio al pagamento, in favore della controparte, della metà delle spese processuali.

Avverso tale decisione propose gravame il Consorzio per l’Area di Sviluppo Industriale di (OMISSIS), lamentando la nullità della sentenza impugnata per difetto del contraddittorio processuale in cause, inscindibili e per aver il Tribunale accolto una domanda diversa da quella inizialmente proposta dall’attrice.

Si oppose all’appello la Provincia di Napoli, cui, nelle more del giudizio, subentrò la Città Metropolitana di Napoli, chiedendo la conferma della sentenza impugnata.

La Corte di appello di Napoli, con sentenza n. 3490/2018, pubblicata in data 12 luglio 2018, rigettò il gravame e condannò l’appellante alle spese di quel grado.

Avverso la sentenza della Corte di merito il Consorzio per l’Area di Sviluppo Industriale di (OMISSIS) ha proposto ricorso per cassazione basato su un unico motivo, cui ha resistito la Città Metropolitana di Napoli con controricorso.

La proposta del relatore è stata ritualmente comunicata, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c..

La parte ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo, rubricato “Violazione di norme di diritto ex art. 161 c.p.c., comma 2, artt. 159,184 c.p.c., (nel testo ratione temporis applicabile – L. 14 luglio 1950, n. 581), art. 345 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3”, il ricorrente sostiene che erroneamente la Corte di appello avrebbe ritenuto che il Consorzio non avesse provato di aver eccepito l’inosservanza del divieto di mutamento della domanda prima che il contraddittorio sulla nuova domanda potesse ritenersi tacitamente accettato, affermando quella Corte che non valesse a tale scopo l’eccezione, sollevata dall’appellante Consorzio ASI nella comparsa di risposta depositata in data 13 febbraio 2009, nel giudizio instaurato dinanzi al Tribunale in sede di riassunzione, in quanto si era già maturata la preclusione processuale in ragione dell’avvenuta accettazione tacita del contraddittorio rispetto alla domanda nuova, come conseguenza della difesa di merito, rispetto a tale domanda, spiegata dal Consorzio nell’atto di appello avverso la sentenza n. 12775/03 emessa dal GOA. Secondo la Corte di merito, il Consorzio, nell’impugnare tale statuizione, avrebbe dovuto eccepire l’inammissibilità dell’estensione della domanda formulata nei suoi confronti dalla Provincia solo nella comparsa conclusionale ed invece, formulando eccezioni di merito, avrebbe accettato tacitamente il contraddittorio.

La Corte territoriale, ad avviso della parte ricorrente, non avrebbe tenuto conto della natura e degli effetti della sentenza, resa dalla Corte di merito, n. 2847/2008, con cui era stata dichiarata l’inesistenza della sentenza di primo grado.

Con tale pronunzia, secondo il ricorrente, non risultava posto nel nulla tutto il giudizio di primo grado svoltosi fino al momento della decisione poi annullata, per cui il Giudice del rinvio era stato investito del potere dovere di riesaminare il merito della causa, ovviamente sulla base di quanto acquisito sino al momento dell’emissione della sentenza dichiarata nulla, rectius inesistente, con la conseguenza che il Consorzio era onerato di eccepire l’inammissibilità dell’estensione della domanda, operata nei suoi confronti dalla Provincia solo nella comparsa conclusionale, non con l’appello avverso la sentenza, poi dichiarata nulla, ma solo – come avvenuto – nel primo atto successivo alla riassunzione del giudizio.

1.1. Il motivo è infondato.

1.1. Ed invero lo stesso ricorrente riporta in ricorso (v. p. 8) quanto dal medesimo eccepite in comparsa di risposta depositata il 13 febbraio 2009 (“essendo quello in esame un giudizio di riassunzione, non possono in questa sede essere formulate domande diverse da quelle di cui all’originario atto di citazione. Sul punto dichiara espressamente per mero scrupolo difensivo di non accettare il contraddittorio su domande nuove”); trattasi chiaramente di espressa non accettazione su domande nuove eventualmente proposte nel giudizio di riassunzione, laddove qui si discute, invece, di domanda nuova formulata in comparsa conclusionale di primo grado (come riconosce lo stesso ricorrente in questa sede, v. p. 8 del ricorso), in relazione alla quale il Consorzio, avendo formulato in atto di appello (da ritenersi, sotto il profilo che qui rileva, indipendente dalla sentenza poi dichiarata nulla) eccezioni di merito, risulta aver accettato tacitamente il contraddittorio, come affermato correttamente dalla Corte di merito, evidenziandosi al riguardo che, all’epoca della formulazione dell’atto di appello, vi era contrasto in giurisprudenza, come più avanti illustrato, sul se il lamentato vizio della sentenza del Tribunale comportasse, se fondato, la rimessione al primo giudice ai sensi degli artt. 353 e 354 c.p.c., sicchè non può valere il principio affermato da Cass. 20/08/2018, n. 20799 e richiamato dal ricorrente in memoria.

1.2. Va evidenziato, inoltre, che, nonostante la rimessione al primo Giudice operata dalla Corte territoriale, è rimasta valida l’attività svolta prima dell’emissione della sentenza di primo grado e di tanto risulta essere ben consapevole il ricorrente (v. ricorso p. 9 e 10, nonchè, sia pure in modo contraddittorio, memoria p. 1, ultimo capoverso), anche se ne trae conclusioni non condivisibili.

Sul punto deve rilevarsi che la Corte di appello, con la sentenza dispositiva della rimessione al primo Giudice, applicò, evidentemente l’orientamento giurisprudenziale secondo il quale la decisione della causa da parte di un giudice diverso da quello che ha raccolto la precisazione delle conclusioni costituisce una ipotesi di nullità della sentenza per vizio di sottoscrizione ex art. 161 c.p.c., comma 2, (Cass. 14/02/2006, n. 3161; Cass. 24/03/2004, n. 5854;

Cass. 14/03/2001, n. 3677; Cass. 10/12/1999, n. 13831; Cass.22/02/1999, n. 1473; Cass. 14/07/2004, n. 13061; Cass26/03/2003, n. 4468; Cass. 7/07/1999, n. 7055), che ne determina l’inesistenza, è per ciò rilevabile in ogni stato e grado del giudizio e comporta, come conseguenza, la regressione della causa nella fase in cui si è verificata la nullità, orientamento che si contrapponeva all’epoca al diverso indirizzo, per il quale il vizio in questione costituisce un’ipotesi di nullità dell’atto per difetto di costituzione del giudice, che rientra nella previsione dell’art. 158 c.p.c., e che, pertanto, va fatta valere mediante impugnazione per effetto del richiamo all’art. 161 c.p.c., ivi contenuto (circostanza da cui discende che, in mancanza, il vizio resta sanato), con l’ulteriore conseguenza che il giudice del gravame deve limitarsi a rinnovare la decisione nulla, senza operare alcuna rimessione in favore del giudice di primo grado (Euro 29/09/2009, n. 20859; Cass. 8/04/2009, n. 8545, Cass. 26/07/2005, n. 15629; Cass. 2/10/2003, n. 14699; Cass. 26/03/2002, n. 4285). Tale contrasto è stato risolto, successivamente alla pubblicazione della sentenza della Corte di merito in parola (che risale, come già detto, al 2008), con la decisione delle Sezioni Unite di questa Corte n. 26938 del 2 dicembre 2013, con l’affermazione del principio secondo cui la sentenza pronunciata da un giudice monocratico diverso da quello dinanzi al quale sono state precisate le conclusioni è affetta da nullità per vizio di costituzione del giudice, ai sensi dell’art. 158 c.p.c., con la conseguenza che, da un lato, il vizio può essere fatto valere nei limiti e secondo le regole proprie dei mezzi di impugnazione ai sensi dell’art. 161 c.p.c., comma 1, – sicchè resta sanato in difetto di impugnazione – mentre, dall’altro, l’emersione del vizio in sede di appello non consente la rimessione della causa al primo giudice, ai sensi dell’art. 354 c.p.c..

Tanto precisato, va evidenziato che, alla rimessione della causa al primo giudice ex art. 354 c.p.c., che richiama espressamente l’art. 353 c.p.c., non consegue sempre ed in ogni caso la caducazione dell’intera attività processuale, pur se in tutte le fattispecie legittimanti la rimessione la sentenza è dichiarata nulla. Ed infatti, se nel caso di nullità della notificazione dell’atto introduttivo e in quello di violazione dell’art. 102 c.p.c., il processo deve riprendere dall’inizio e la natura della nullità comunicatasi alla sentenza è tale da determinare la nullità di tutti gli atti processuali compiuti sino alla sentenza stessa, proprio perchè essa consegue al vizio sanzionato, al contrario, nel caso in cui si è verificata l’estromissione illegittima di una parte o la sentenza non reca la sottoscrizione del giudice, la nullità sanzionata è correlata, nel primo caso, al provvedimento di estromissione e, quindi, la sua invalidità determina anche quella dell’attività processuale successiva a tale provvedimento, e, nel secondo caso, la nullità è riconducibile soltanto alla pronuncia della sentenza e, quindi, l’attività processuale anteriore a tale atto – salvo che il giudice della rimessione non ritenga di esercitare propri poteri di rilevazione di nullità di tale attività – resta valida.

Il caso della rimessione disposta per essere stata pronunciata la sentenza da giudice diverso da quello dinanzi al quale sono state precisate le conclusioni è da parificarsi – al di là della non condivisibilità della rimessione, come poi affermato da Cass., sez. un., 26938/13 già richiamata – a quello di cui all’art. 161 c.p.c., comma 2, sicchè il giudice di rinvio è investito del potere-dovere di riesaminare il merito della causa, non già di rinnovare il giudizio, come pure espressamente precisato in alcune pronunce di legittimità (Cass. Cass. 7055/99, 4468/03, Cass. 3161/2006), che si inseriscono nell’orientamento poi superato ma a cui risulta aver aderito la Corte di appello di Napoli, disponendo la rimessione della causa al Tribunale.

1.3. Peraltro, non risulta neppure censurata la ratio decidendi della sentenza impugnata, secondo cui il Consorzio “non ha provato di aver eccepito l’inosservanza del divieto di mutamento di domanda, prima che il contraddittorio sulla nuova domanda potesse ritenersi anche tacitamente accettai:(…”, evidenziandosi che l’attuale ricorrente ben avrebbe potuto proporre l’eccezione in parola ad es. anche in sede di eventuale memoria di replica.

2. Il ricorso va, pertanto, rigettato.

3. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

4. Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, se dovuto, da parte del ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1-bis.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 13.000,00 per compensi, oltre alle spese forfetarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge; ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, se dovuto, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 3 della Corte Suprema di Cassazione, il 13 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 8 luglio 2020

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