Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14143 del 27/06/2011

Cassazione civile sez. I, 27/06/2011, (ud. 16/05/2011, dep. 27/06/2011), n.14143

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CARNEVALE Corrado – Presidente –

Dott. BERRUTI Giuseppe Maria – Consigliere –

Dott. BERNABAI Renato – Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – rel. Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 29299/2007 proposto da:

COMUNE DI ALTAMURA (c.f. (OMISSIS)), in persona del Sindaco pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GAVINANA 2, presso

l’avvocato DE FACENDIS FRANCESCO, rappresentato e difeso

dall’avvocato CASO Pasquale, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

ACQUEDOTTO PUGLIESE S.P.A. (p.i. (OMISSIS)), in persona

dell’Amministratore Unico pro tempore, domiciliato in ROMA, VIA

CRESCENZIO 25r presso l’avvocato PAPARAZZO ETTORE, rappresentato e

difeso dagli avvocati ROCCO ALESSANDRO, ROCA LUIGI, giusta procura a

margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 558/2007 della CORTE D’APPELLO di BARI,

depositata il 22/05/2007;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

16/05/2011 dal Consigliere Dott. VITTORIO RAGONESI;

udito, per il ricorrente, l’Avvocato DE FACENDIS FRANCESCO, per

delega, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito, per il controricorrente, l’Avvocato LIVI MAURO, per delega,

che ha chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PRATIS Pierfelice, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 10.11.2004, il tribunale di Bari – sezione distaccata di Altamura – accogliendo la domanda al riguardo proposta dal Comune di Altamura nei confronti della spa Acquedotto Pugliese (A.Q.P.), condannava la convenuta a restituire all’istante la somma di L. 222.557.504 (pari a Euro 114.951,69) da esso corrisposta, per evitare l’esecuzione esattoriale, all’E.A.A.P. (ente cui era subentrato l’A.Q.P.) per lavori di manutenzione straordinaria della rete idrica e fognante eseguiti, su richiesta del suddetto Comune, tra il 1991 ed il 1995; contestualmente, poneva a carico della parte convenuta il rimborso della metà delle spese di causa ex adverso sostenute, compensando la differenza.

Avverso tale decisione l’A.Q.P. proponeva appello, chiedendone la riforma.

Si costituiva l’appellato chiedendone il rigetto.

La Corte d’appello di Bari, con sentenza n. 558/07, accoglieva il ricorso e, in riforma della sentenza di primo grado, rigettava la domanda del Comune di Altamura ritenendo che gli oneri di gestione per la manutenzione della rete idrico-fognaria fossero a suo carico e non già dell’Acquedotto pugliese.

Il Comune ricorre per cassazione sulla base di due motivi, illustrati con memoria, cui resiste con controricorso l’Acquedotto pugliese.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con i due motivi di ricorso il Comune ricorrente lamenta, sotto il profilo dell’ omessa e insufficiente motivazione e sotto quello dell’errore di diritto anche in relazione all’art. 15 preleggi, che la Corte d’appello abbia ritenuto la propria competenza in ordine alla gestione della rete fognaria sita nel territorio del comune, ai sensi della L. n. 319 del 1976, e non già la competenza dell’Acquedotto pugliese ai sensi del R.D. n. 1464 del 1938.

I motivi possono essere esaminati congiuntamente e gli stessi si rivelano fondati.

Va preliminarmente osservato che questa Corte ha già avuto occasione di affermare, in relazione ad una controversia avente ad oggetto il risarcimento di danni per straripamento di liquami conseguente a malfunzionamento dell’impianto fognario, avvenuto nel 1984, che l’Ente autonomo per l’Acquedotto pugliese è tenuto per legge (R.D.L. 2 agosto 1938, n. 1464) ad eseguire, nei comuni serviti dall’Acquedotto stesso, i lavori di riparazione straordinaria degli impianti di fognatura onde assicurarne il perfetto funzionamento.

(Cass. 19773/03).

Tale orientamento giurisprudenziale va confermato sulla base delle considerazioni che seguono.

Il R.D. del 1938 attribuì all’Ente acquedotto pugliese, in aggiunta alle competenze ad esso già attribuite dal R.D. del 1910, anche “la costruzione, il completamento e la gestione delle reti e degli impianti di fognatura, compresi gli allacciamenti degli edifici alla rete, negli abitati serviti dall’acquedotto pugliese” (art. 1) nonchè “le opere necessarie per le riparazioni straordinarie e per rinnovamenti delle reti e degli impianti di fognatura” (art. 8).

Nel 1976 la L. n. 319, dettante norme per la tutela delle acque all’inquinamento, stabilì all’art. 1 che essa aveva per oggetto:

“a) la disciplina degli scarichi di qualsiasi tipo, pubblici e privati, diretti ed indiretti, in tutte le acque superficiali e sotterranee, interne e marineria pubbliche che private, nonchè in fognature, sul suolo e nel sottosuolo;

b) la formulazione di criteri generali per l’utilizzazione e lo scarico delle acque in materia di insediamenti;

c) l’organizzazione dei pubblici servizi di acquedotto, fognature e depurazione;

d) la redazione di un piano generale di risanamento delle acque, sulla base di piani regionali;

e) il rilevamento sistematico delle caratteristiche qualitative e quantitative dei corpi idrici”.

La legge stessa stabiliva poi la ripartizione delle varie competenze tra Stato, Regioni, Province, Comuni e Consorzi intercomunali e Comunità montane. (art. 3, 4, 6 e 6).

In particolare, l’art. 6 attribuiva ai Comuni ed ai loro Consorzi i servizi pubblici di acquedotto, fognature, depurazione delle acque etc..

La legge in questione stabiliva con le disposizioni finali (art. 26) che “gli scarichi di cui all’art. 1, lett. a), sono disciplinati esclusivamente dalla presente legge. Sono pertanto abrogate tutte le altre norme che, direttamente o indirettamente, disciplinano la materia degli scarichi in acque,sul suolo o nel sottosuolo e del conseguente inquinamento”.

Dunque, la L. n. 319 del 1976, prevede una abrogazione esplicita di tutte le altre norme contenute nell’ordinamento solo per gli scarichi delle acque di qualsiasi tipo di cui alla sopra riportata lett. a) dell’art. 1 della legge stessa ma non già anche per le altre disposizioni relative agli acquedotti ed alle fognature di cui all’art. 1, lett. c).

Ciò va interpretato nel senso che la legge in questione si è preoccupata di abrogare espressamente solo le norme previgenti che direttamente investivano la materia la cui disciplina costituiva la finalità e l’oggetto prevalente della legge in esame e, cioè, la lotta all’inquinamento idrico e quindi la disciplina degli scarichi delle acque. Per il resto, e cioè, le norme disciplinanti l’organizzazione del trasporto e della distribuzione delle acque (acquedotti) e dei mezzi per il loro smaltimento (fognature) una loro eventuale abrogazione implicita la si doveva dedurre dalla incompatibilità delle precedenti norme con la nuova normativa.

Nel caso in esame va premesso che una eventuale incompatibilità, e dunque abrogazione implicita delle norme disciplinanti le attività e le funzioni dell’Ente acquedotto pugliese, andrebbe estesa non solo alla creazione ed alla gestione delle fognature, ma anche agli acquedotti, posto che anche la gestione di questi ultimi è attribuita dalla L. n. 319 del 1976, art. 6, ai Comuni; questione che invero nessuno si è mai posta dal momento che è indiscusso che l’Ente acquedotto pugliese, e attualmente la società ad esso subentrata, hanno continuato fino ad oggi a gestire l’acquedotto della regione Puglia e le frange di esso che si estendono alla Basilicata.

A parte questa premessa, va comunque escluso che il R.D. n. 1464 del 1938 sia stato abrogato dalla L. n. 319 del 1976.

Non è dubbio, infatti, che il regio decreto in esame riveste carattere di specialità rispetto alla disciplina generale dettata dalla legge del 1976 in quanto costituente, insieme alla normativa pregressa e successiva, un corpo normativo destinato a risolvere le esigenze del tutto particolari e peculiari di approvvigionamento idrico e di gestione delle acque di una regione italiana per la quale si era (e si è) reso necessario prevedere un regime a carattere parzialmente derogatorio.

In tal senso non può non osservarsi che già la normativa del R.D. n. 1365 del 1920, istitutiva dell’ Ente acquedotto pugliese (subentrante al Consorzio dell’acquedotto pugliese istituito con L. n. 245 del 1902), attribuiva all’Ente acquedotto competenze in materia di fognature (v. art. 1), confermate ed estese dal successivo R.D. n. 1464 del 1938, e che tali norme coesistevano con la normativa allora vigente che aveva attribuito ai Comuni la facoltà di creare e gestire acquedotti e fognature (vedasi in proposito, tra l’altro, la L. n. 103 del 1923 ed il R.D. n. 2578 del 1925 riguardanti l’assunzione da parte dei comuni di pubblici servizi).

In altri termini, la L. n. 319 del 1976 ha confermato una competenza in materia di acquedotti e fognature che i comuni già avevano in precedenza e, in tal senso, nulla ha sostanzialmente innovato rispetto al quadro normativo preesistente. Da ciò consegue che tale conferma non può considerarsi, in assenza di espressa disposizione, abrogativa di discipline normative speciali in tema di acquedotti e fognature attributive di competenze ad altri enti pubblici, quali l’Ente acquedotto pugliese.

La conferma di quanto fin qui argomentato la si deduce dall’esame della L. n. 141 del 1999 che ha trasformato l’Ente acquedotto pugliese nella società per azioni “Acquedotto pugliese”.

L’art. 2 di detta legge, oltre ad affidare alla nuova società le finalità già attribuite all’ente pubblico, espressamente prevede che tra le sue competenze rientri “la gestione del ciclo integrato dell’acqua ed in particolare, la captazione, adduzione, potabilizzazione, distribuzione di acqua ad usi civili, di fognatura e depurazione di acque reflue”.

In altri termini, la L. n. 141 del 1999 ha confermato in capo alla nuova società le competenze che fino ad allora la legislazione vigente aveva riconosciuto all’Ente acquedotto pugliese.

Tutto ciò trova riscontro conclusivo nell’art. 8 della Legge in esame che include tra le norme abrogate non solo il R.D. n. 1464 del 1938 ma anche il R.D.L. n. 2060 del 1919 che anch’esso già prevedeva come detto – una competenza dell’Ente acquedotto in tema di fognature, a riprova che tutta la detta legislazione era rimasta fino ad allora vigente.

Del resto, se anche in via di pura ipotesi si volesse ritenere che le competenze in materia di fognature siano state per la prima volta attribuite alla società Acquedotto pugliese dalla D.Lgs. n. 141 del 1999, ciò altro non farebbe che confermare che il sistema normativo consente la coesistenza tra le competenze comunali in materia e quelle di eventuali altri enti o società.

Il ricorso va pertanto accolto, la sentenza impugnata va di conseguenza cassata e; sussistendo i requisiti di cui all’art. 384 c.p.c., la causa può essere decisa nel merito con l’accoglimento della domanda di ripetizione del comune di Altamura con condanna della società Acquedotto Pugliese al versamento della somma di L. 222.577.504 pari a Euro 114.951,69 oltre interessi legali dalla domanda al saldo.

La peculiarità della controversia in ragione delle difficoltà interpretative del contesto normativo, consentono la compensazione delle spese dell’intero giudizio.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito condanna la Acquedotto pugliese spa al pagamento in favore del Comune di Altamura della somma di Euro 114.951,69 oltre interessi legali dalla domanda al saldo, compensa le spese di giudizio.

Così deciso in Roma, il 16 maggio 2011.

Depositato in Cancelleria il 27 giugno 2011

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