Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14142 del 11/06/2010

Cassazione civile sez. I, 11/06/2010, (ud. 11/05/2010, dep. 11/06/2010), n.14142

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –

Dott. DI PALMA Salvatore – rel. Consigliere –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 6462/2008 proposto da:

G.P., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato

MARRA Alfonso Luigi, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, in persona del Presidente pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHSI N. 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO che la rappresenta e

difende, ope legis;

– controricorrente –

avverso il decreto n. 3519/06 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI del

27/04/07, depositato il 02/07/2007;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio

dell’11/05/2010 dal Consigliere Relatore Dott. SALVATORE DI PALMA;

è presente il P.G. in persona del Dott. RENATO FINOCCHI GHERSI.

 

Fatto

RITENUTO IN FATTO

che G.P., con ricorso del 26 febbraio 2008, ha impugnato per cassazione – deducendo numerosi motivi di censura -, nei confronti del Presidente del Consiglio dei ministri, il decreto della Corte d’Appello di Napoli depositato in data 2 luglio 2007, con il quale la Corte d’appello, pronunciando sul ricorso del G. – volto ad ottenere l’equa riparazione dei danni non patrimoniali ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 2, comma 1 -, in contraddittorio con il Presidente del Consiglio dei ministri – il quale, costituitosi nel giudizio, ha concluso per l’inammissibilità o l’infondatezza del ricorso -, ha condannato il resistente a pagare al ricorrente la somma di Euro 7.667,00 a titolo di equa riparazione, ed ha compensato per la metà le spese del giudizio, in ragione dell’accoglimento solo parziale del ricorso;

che resiste, con controricorso, il Presidente del Consiglio dei ministri;

che, in particolare, la domanda di equa riparazione del danno non patrimoniale – richiesto nella misura di Euro 17.125,00 per l’irragionevole durata del processo presupposto – proposta con ricorso del 18 dicembre 2006, era fondata sui seguenti fatti: a) il G., creditore di differenze retributive e previdenziali, aveva proposto – con ricorso del 1 agosto 1996 – la relativa domanda dinanzi al Tribunale amministrativo regionale della Campania; b) il Tribunale adito non aveva ancora deciso la causa;

che la Corte d’Appello di Napoli, con il suddetto decreto impugnato – dopo aver determinato in tre anni il periodo di tempo necessario per la definizione secondo ragionevolezza del processo presupposto -, ha determinato il periodo eccedente la ragionevole durata in sette anni ed otto mesi ed ha liquidato a titolo di equa riparazione per danno non patrimoniale la somma di Euro 7.667,00 calcolata in base ad un importo annuo di circa Euro 1.000,00.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che con i motivi di censura – i quali possono essere esaminati per gruppi di questioni -, vengono denunciati come illegittimi: a) la considerazione del solo periodo eccedente la ragionevole durata del processo presupposto (tre anni), anzichè l’intera durata dello stesso; b) l’applicazione di un parametro di liquidazione dell’indennizzo ingiustificatamente inferiore a quello indicato dalla Corte europea dei diritti dell’uomo; c) il mancato riconoscimento del diritto al supplemento di indennizzo per il danno non patrimoniale, in relazione al bonus forfetario dovuto in ragione della materia previdenziale trattata nel processo presupposto; d) la disposta compensazione per la metà delle spese del giudizio di merito; che il ricorso non merita accoglimento;

che, in particolare, la censura sub a) è infondata, perchè, secondo il costante orientamento di questa Corte, la L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 3, lett. a), con una chiara scelta non incoerente rispetto alle finalità sottese all’art. 6 della CEDU, impone di correlare l’indennizzo al solo periodo eccedente la ragionevole durata di tale processo, eccedente cioè il periodo di tre anni per il giudizio di primo grado, quale quello di specie (cfr., ex plurimis, le sentenze nn. 8714 del 2006, 14 del 2008, 10415 del 2009);

che la censura sub b) non è fondata, perchè i Giudici a quibus non si sono sostanzialmente discostati dal consolidato orientamento di questa Corte che, sussistendo il diritto all’equa riparazione per il danno non patrimoniale di cui alla L. n. 89 del 2001, art. 2 e fermo restando il periodo di tre anni di ragionevole durata per il giudizio di primo grado, considera equo, in linea di massima, l’indennizzo di Euro 750,00 per ciascuno dei primi tre anni di irragionevole durata e di Euro 1.000,00 per ciascuno dei successivi anni;

che la censura sub c) è infondata alla luce del consolidato orientamento di questa Corte, secondo cui, in tema di equa riparazione per violazione del termine di ragionevole durata del processo, ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, l’inclusione delle cause di lavoro e di quelle previdenziali nel novero di quelle per le quali la Corte EDU ha ritenuto che la liquidazione dell’indennizzo per il danno non patrimoniale possa giungere fino a 2000,00 Euro per anno, in ragione della particolare importanza della controversia, non significa che dette cause debbano necessariamente considerarsi particolarmente importanti, con la conseguente automatica liquidazione del predetto maggior indennizzo, potendo il giudice del merito tener conto della particolare incidenza del ritardo sulla situazione delle parti, che la natura giuslavoristica della controversia comporta, nell’ambito della valutazione concernente la liquidazione del danno, senza che ciò comporti uno specifico obbligo di motivazione al riguardo, nel senso che il mancato riconoscimento del maggior indennizzo si traduce nell’implicita esclusione della particolare rilevanza della controversia (cfr., ex plurimis, la sentenza n. 17684 del 2009);

che la censura sub d) non è fondata, perchè i Giudici a quibus – esercitando correttamente il potere di compensazione delle spese di lite – hanno compensato per la metà le spese del giudizio, in ragione dell’accoglimento solo parziale del ricorso;

che le spese del presente grado di giudizio seguono la soccombenza e vengono liquidate nel dispositivo.

PQM

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese, che liquida in complessivi _ 900,00, oltre alle spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Struttura centralizzata per l’esame preliminare dei ricorsi civili, il 11 maggio 2010.

Depositato in Cancelleria il 11 giugno 2010

 

 

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