Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14139 del 24/05/2021

Cassazione civile sez. II, 24/05/2021, (ud. 20/01/2021, dep. 24/05/2021), n.14139

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. GRASSO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 24897/2019 proposto da:

S.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE ANGELICO

38, presso lo studio dell’avvocato MARCO LANZILAO, che lo

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (OMISSIS), IN PERSONA DEL MINISTRO PRO

TEMPORE, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende;

– controricorrente –

e contro

COMMISSIONE TERRITORIALE RICONOSCIMENTO PROTEZIONE INTERNAZIONALE

CALTANISSETTA;

– intimata –

avverso la sentenza n. 455/2019 della CORTE D’APPELLO di

CALTANISSETTA, depositata il 01/07/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

20/01/2021 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE GRASSO.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

ritenuto che la vicenda qui al vaglio può sintetizzarsi nei termini seguenti:

– la Corte d’appello di Caltanissetta, rigettò l’impugnazione proposta da S.M. avverso la decisione del Tribunale che aveva rigettato il reclamo dal medesimo proposto avverso il provvedimento di diniego della chiesta protezione internazionale da parte della competente Commissione amministrativa, evidenziando quanto segue:

– il richiedente, proveniente dal Pakistan (Punjab del nord), aveva narrato di essere fuggito perchè un gruppo terroristico lo aveva minacciato per il fatto che egli prestava lavoro in un mausoleo dedicato ai santi sufi, mausoleo nel quale nel passato, a causa di un attentato, il padre aveva perso la vita;

– la Corte locale giudicava il racconto inattendibile per l’assorbente ragione che dagli atti constava che il richiedente, titolare di passaporto rilasciato il (OMISSIS), il (OMISSIS) era stato identificato dalla Polizia di frontiera nello scalo aereo di (OMISSIS), in arrivo dal proprio Paese d’origine, nonostante avesse dichiarato (audizione del 17/11/2016), che non sarebbe potuto rientrare perchè sarebbe stato ucciso per motivi di persecuzione religiosa, timore manifestamente smentito dalla condotta del richiedente, che, appunto, nelle more della procedura era rientrato in Pakistan e di uovo tornato in Italia;

– dalle COI consultate non era dato trarre che nella zona di provenienza (Punjab) fosse riscontrabile una situazione di violenza diffusa e incontrollabile;

ritenuto che il S. ricorre sulla base di due censure avverso la statuizione d’appello e che il Ministero dell’Interno resiste con controricorso;

considerato che il primo motivo, con il quale l’esponente denunzia violazione delle regole istruttorie e omessa valutazione delle prove, in quanto la circostanza del rientro in Patria e successivo ritorno in Italia era stata sottratta al contraddittorio non supera il vaglio d’ammissibilità per il concorrere di più autonome ragioni:

– il motivo non individua la norma asseritamente violata (Sez. 3, n. 3997, 18/3/2003);

– non spiega in quali omissioni dell’impulso istruttorio d’ufficio e di valutazione di prove il Giudice sarebbe incorso;

– non spiega perchè mai la circostanza, risultante dagli atti, del rientro in Patria e successivo ritorno in Italia, in pendenza di scrutinio della domanda di protezione, sarebbe stata sottratta al contraddittorio;

considerato che il secondo motivo, con il quale il ricorrente lamenta violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, nonchè motivazione apparente, per avere la Corte locale negato il diritto alla protezione sussidiaria, sulla scorta d’una lettura parziale dei report, è inammissibile, valendo quanto segue:

a) deve sul punto affermarsi il seguente principio di diritto “il giudice è tenuto a decidere previa consultazione delle COI aggiornate, ma non a riportarne, anche per ovvie ragioni di economia processuale, per esteso il contenuto, essendo bastevole che faccia riferimento a una comprensibile sintesi, rapportata alla specifica zona di provenienza e funzionale a verificare se in essa sussista o meno una situazione di violenza diffusa e incontrollata nel senso già più volte chiarito da questa Corte (Sez. 6, n. 18306, 08/07/2019); mentre è onere del ricorrente dedurre che lo stralcio riportato dal giudice, sia pure per sintesi, sia estraneo alla COI”;

b) la Corte locale chiarisce, quanto alla situazione in Pakistan, con particolare riguardo alla zona di provenienza (Punjab), che dalle COI aggiornate era dato escludere la sussistenza di quella situazione di violenza diffusa e incontrollata evocata dal ricorrente; in definitiva risultava evidenziata una condizione di sottosviluppo e d’instabilità del Paese, diffusa, peraltro, purtroppo in molte regioni del mondo, ma non la situazione di particolare criticità dalla quale può conseguire il diritto alla protezione sussidiaria;

c) il Giudice del merito, quindi, ha deciso applicando il principio enunciato da questa Corte, la quale ha avuto modo di chiarire che ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria, a norma del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), la nozione di violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato, interno o internazionale, in conformità con la giurisprudenza della Corte di giustizia UE (sentenza 30 gennaio 2014, in causa C-285/12), deve essere interpretata nel senso che il conflitto armato interno rileva solo se, eccezionalmente, possa ritenersi che gli scontri tra le forze governative di uno Stato e uno o più gruppi armati, o tra due o più gruppi armati, siano all’origine di una minaccia grave e individuale alla vita o alla persona del richiedente la protezione sussidiaria; il grado di violenza indiscriminata deve aver pertanto raggiunto un livello talmente elevato da far ritenere che un civile, se rinviato nel Paese o nella regione in questione correrebbe, per la sua sola presenza sul territorio, un rischio effettivo di subire detta minaccia (Sez. 6, n. 18306, 08/07/2019, Rv. 654719);

d) piuttosto palesemente le critiche sono rivolte al controllo motivazionale, in spregio al contenuto dell’art. 360 c.p.c., vigente n. 5, difatti, invece che porre in rilievo l’omesso esame di un fatto controverso e decisivo o l’assenza di giustificazione argomentativa della decisione, con le stesse il ricorrente, contrappone al ragionato esame della Corte il proprio avverso convincimento;

che, pertanto, specificato in punto di diritto che: “ove il controricorso (…), a dispetto della indicazione della causa alla quale si riferisce, risulti privo di forza individualizzante, constando di uno schema avversativo “di genere”, sprovvisto cioè di concreta attitudine di contrasto, attraverso l’esposizione di argomenti specificamente indirizzati a quella vicenda e a quella decisione e posti a confronto di quel ricorso, non assolve al suo scopo”, deve reputarsi che il controricorso qui al vaglio sia estraneo al genus, e per esso non può essere riconosciuto il diritto al rimborso delle spese;

considerato che sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater (inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17) applicabile ratione temporis (essendo stato il ricorso proposto successivamente al 30 gennaio 2013), si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto;

che di recente questa Corte a sezioni unite, dopo avere affermato la natura tributaria del debito gravante sulla parte in ordine al pagamento del cd. doppio contributo, ha, altresì chiarito che la competenza a provvedere sulla revoca del provvedimento di ammissione al patrocinio a spese dello Stato in relazione al giudizio di cassazione spetta al giudice del rinvio ovvero – per le ipotesi di definizione del giudizio diverse dalla cassazione con rinvio (come in questo caso) – al giudice che ha pronunciato il provvedimento impugnato; quest’ultimo, ricevuta copia della sentenza della Corte di cassazione ai sensi dell’art. 388 c.p.c., è tenuto a valutare la sussistenza delle condizioni previste dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 136, per la revoca dell’ammissione (S.U. n. 4315, 20/2/2020).

PQM

dichiara il ricorso inammissibile.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater (inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17), si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 20 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 24 maggio 2021

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