Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14133 del 04/06/2013


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 14133 Anno 2013
Presidente: FINOCCHIARO MARIO
Relatore: AMENDOLA ADELAIDE

ORDINANZA
sul ricorso 20303-2011 proposto da:
TERRANOVA ANGELA TRRNGL54C70I202W, in proprio e nella qualità di
procuratrice generale dei figli PENNA FRANCESCA E PENNA GUGLIELMO,
elettivamente domiciliata in ROMA, Via G. AVEZZANA 8, presso lo studio
dell’avvocato DEMARTINO FILIPPO, rappresentata e difesa dall’avvocato
VINDIGNI FRANCESCO giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente contro
MARCOTTO ELISA, IACONO MARIA, MARCOTTO LUCA, in qualità di eredi di
Marcotto Giuseppe, elettivamente domiciliati in ROMA, PIAZZA AUGUSTO
IMPERATORE 22, presso lo studio dell’avvocato CUCCIA ANDREA, che li
rappresenta e difende giusta procura speciale a margine del controricorso;

controricorrenti

avverso la sentenza n. 440/2011 della CORTE D’APPELLO di CATANIA del
2/02/2011, depositata l’1/04/2011;
1

Data pubblicazione: 04/06/2013

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 10/04/2013 dal
Consigliere Relatore Dott. ADELAIDE AMENDOLA;
udito l’Avvocato Cuccia Andrea difensore dei controricorrenti che si riporta agli scritti;
è presente il P.G. in persona del Dott. MAURIZIO VELARDI che nulla osserva.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE

notificata ai difensori delle parti.
“Il relatore, cons. Adelaide Amendola
esaminati gli atti,
osserva:
1. Angela Terranova, in proprio e quale procuratrice di Francesca e Guglielmo Penna, ha
proposto ricorso per cassazione, sulla base di quattro motivi, avverso la sentenza della
Corte d’appello di Catania che, in riforma della decisione del Tribunale di Modica, ha
rigettato la domanda di rimozione di un fabbricato realizzato da Giuseppe Marcotto,
dante causa dei resistenti, su terreno di proprietà di Francesco Penna.
2. Hanno resistito con controricorso Maria Iacono, Luca ed Elisa Marcotto.
3. Il ricorso è soggetto, in ragione della data della sentenza impugnata, successiva al 4
luglio 2009, alla disciplina dettata dall’art. 360 bis, inserito dall’art. 47, comma 1, lett. a)
della legge 18 giugno 2009, n. 69. Esso può pertanto essere trattato in camera di
consiglio, in applicazione degli artt. 376, 380 bis e 375 cod. proc. civ. per esservi
dichiarato inammissibile.
Queste le ragioni.
4. È assolutamente consolidata nella giurisprudenza di questa Corte l’affermazione
secondo cui la prescrizione contenuta nell’art. 366, primo comma, n. 3 cod. proc. civ., in
base alla quale il ricorso per cassazione deve contenere, a pena d’inammissibilità,
l’esposizione sommaria dei fatti di causa, non può ritenersi osservata quando il ricorrente
non riproduca alcuna narrativa della vicenda processuale, né accenni all’oggetto della
pretesa, limitandosi ad allegare per intero il libello introduttivo e tutti gli atti successivi.
Tale modalità di redazione del ricorso, invero, lungi dal costituire applicazione della
disposizione processuale testé richiamata e dei principi in tema di autosufficienza
2

È stata depositata in cancelleria la seguente relazione, regolarmente comunicata al P.G. e

I
i

elaborati dalla giurisprudenza di legittimità, contraddice la lettera e lo spirito della norma,
la quale è preordinata ad agevolare la comprensione della materia del contendere,
depurandola — alla luce dell’esposizione dei punti salienti degli scritti difensivi delle parti,
dell’esito dei gradi precedenti nonché del tenore della decisione impugnata — delle
questioni non più controverse. Di talché l’assemblaggio, cartaceo o elettronico che sia,

processuale dell’impugnante e rendendo particolarmente indaginosa l’individuazione dei
punti oggetto di contrasto e sui quali la Corte è chiamata a pronunciarsi, rende il ricorso
passibile della sanzione dell’inammissibilità (confr. Cass. civ. 16 marzo 2011, n. 6279.
Cass. sez. un. 17 luglio 2009, n. 16628; Cass. civ. 22 settembre 2009, n. 20395).

5 Nella fattispecie i ricorrenti hanno esordito riportando testualmente e per intero l’atto
di citazione, quindi la comparsa di risposta, poi l’atto di appello, le deduzioni hinc et inde
svolte alla prima udienza del giudizio di gravame, formulate dalla signora Terranova in
comparsa, l’ordinanza della Corte in data 17 giugno 2008, le osservazioni a verbale dei
difensori delle parti, per approdare infine alla trascrizione della motivazione della
decisione impugnata e all’esposizione dei motivi.
Ma tale modalità di redazione del ricorso realizza esattamente quell’assemblaggio che la
giurisprudenza di questa Corte sanziona con la declaratoria di inammissibilità.
È infatti evidente che in tal modo si pretende di assolvere al requisito della sintesi
espositiva del processo, attraverso una modalità di redazione sostanzialmente equivalente
ad un mero rinvio agli atti di causa: tale modalità, costringendo la Corte alla lettura
integrale del fascicolo processuale, finisce per realizzare non già un di più, rispetto
all’esposizione sommaria richiesta dall’art. 366, n. 3, cod. proc. civ., ma qualcosa di altro
e di diverso”.
Il collegio condivide le argomentazioni e le conclusioni della relazione, che non sono in
alcun modo infinnate dalle deduzioni svolte nella memoria di parte ricorrente.
Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile.
Segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese di giudizio.

P.Q.M.

3

affidando sostanzialmente ad atti eteronomi l’adempimento di un preciso onere

4

La Corte dichiara il ricorso inammissibile. Condanna la ricorrente al pagamento delle
spese di giudizio, liquidate in complessivi euro 5.200,00 (di cui euro 200,00 per esborsi),
oltre IVA e CPA, come per legge.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 10 aprile 2013.

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