Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14132 del 11/06/2010

Cassazione civile sez. un., 11/06/2010, (ud. 27/04/2010, dep. 11/06/2010), n.14132

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CARBONE Vincenzo – Primo Presidente –

Dott. DE LUCA Michele – Presidente di sezione –

Dott. SALME’ Giuseppe – Consigliere –

Dott. BUCCIANTE Ettore – Consigliere –

Dott. TOFFOLI Saverio – rel. Consigliere –

Dott. AMOROSO Giovanni – Consigliere –

Dott. SPAGNA MUSSO Bruno – Consigliere –

Dott. D’ALESSANDRO Paolo – Consigliere –

Dott. TIRELLI Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 19120/2009 proposto da:

V.C. ((OMISSIS)), elettivamente domiciliata in

ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata

e difesa dall’avvocato PANNARALE Francesco, per delega a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI PALO DEL COLLE ((OMISSIS)), in persona del Sindaco pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, CORSO D’ITALIA 19, presso

lo studio dell’avvocato COSTANTINI ALBERTO, rappresentato e difeso

dall’avvocato LACARRA Marco, per delega a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 329/2009 della CORTE D’APPELLO di BARI,

depositata il 16/02/2009;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

27/04/2010 dal Consigliere Dott. SAVERIO TOFFOLI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GOLIA Aurelio, che ha concluso per il rigetto del ricorso, A.G.A..

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

V.C., dipendente del Comune di Palo del Colle con inquadramento nella categoria (OMISSIS), adiva il Tribunale di Bari chiedendo che, nei confronti dell’ente datore di lavoro, si accertasse il suo diritto, nella qualità di vincitrice della relativa selezione interna, a vedersi affidata la responsabilità del settore Pubblica Istruzione, settore di cui doveva riconoscersi l’autonomia funzionale ed organizzativa ed in seno al quale la ricorrente aveva già ricoperto l’incarico di responsabile, con ogni conseguenza rispetto al trattamento economico e in particolare al riconoscimento del diritto alla retribuzione di posizione e con condanna del Comune di Palo del Colle al pagamento delle conseguenti differenze di retribuzione.

Il Tribunale dichiarava il difetto di giurisdizione del giudice ordinario, ritenendo che l’accoglimento della domanda attorea presupponesse la rimozione di atti autoritativi e normativi di macro organizzazione e, precisamente, dei provvedimenti della Giunta Comunale n. 49 del 15/4/2002, di accorpamento di vari servizi Comunali, e n. 56 del 9/5/2002, di approvazione di una nuova pianta organica, sicchè la posizione della dipendente andava qualificata di interesse legittimo.

Tale decisione era confermata dalla Corte d’appello di Bari, che riteneva non fondata la tesi della parte appellante, secondo cui le delibere prese in considerazione dal Tribunale fossero qualificabili non come atti di c.d. di macroorganizzazione ai sensi del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 2, ma quali atti di micro-organizzazione, ex art. 5 D.Lgs. cit., vale a dire meri atti di gestione, finalizzati all’assegnazione di posizioni organizzative. Secondo la Corte di merito, in base ai principi in materia così come elaborati dalla giurisprudenza, si deve stabilire, di volta in volta e tenendo conto di tutte le specificità del caso, sia sostanziali sia processuali, se l’iniziativa giudiziaria del pubblico dipendente in regime contrattualizzato sia immanente al rapporto di lavoro e miri a far valere diritti derivanti dallo stesso, dovendosi in tale ipotesi affermare la giurisdizione ordinaria del giudice del lavoro, cui, in una vicenda confrontabile, sarebbe legittimato a rivolgersi un lavoratore del comparto privato; oppure se la domanda proposta in giudizio interferisca con il potere di organizzazione degli uffici, devoluto alla p.a., non sindacabile dal giudice ordinario, siccome incidente su situazioni, normalmente numerose, aventi natura di interessi legittimi.

La Corte, passando quindi ad esaminare il contenuto dei due atti deliberativi della Giunta del Comune di Palo del Colle, osservava che il Tribunale di Bari aveva giustamente ritenuto entrambi fondamentali nel giudizio circa la giurisdizione, mentre l’atto di appello dedicava la sua attenzione soltanto al primo degli stessi, così risultando poco incisivo, se non inadeguato. Con la Delib. 14 aprile 2002, n. 49, l’Amministrazione del Comune di Palo del Colle, “al fine di razionalizzare la propria organizzazione e adeguarla sia al mutato quadro normativo delle competenze e funzioni comunali, sia alle crescenti esigenze di miglioramento quali-quantitativo dei servizi erogati”, aveva proceduto “all’accorpamento, presso una struttura organizzativa (Sezione), di funzioni relative a taluni servizi comunali … svolte da Sezioni diverse …”. In particolare, giusta la tabella allegata all’atto deliberativo erano state accorpate:

– in un’unica struttura organizzativa, nell’ambito del i Servizio, le funzioni e le competenze già esercitate dalla Sezione Biblioteca e dalla Sezione Pubblica Istruzione, nonchè le competenze relative all’URP, Contenzioso, Studi e Programmazione, Politiche Comunitarie e Strumenti di Programmazione Negoziata, Amministrazione e Gestione del Patrimonio;

– alla Sezione Affari Generali, nell’ambito del i Servizio, le funzioni e le competenze già esercitate dalla Sezione Servizi Economici, Sport, Turismo e Spettacolo;

– alla Sezione Elettorale, sotto la nuova denominazione di Sezione Servizi Demografici, nell’ambito del 2^ Servizio, le funzioni e le competenze già esercitate dalle Sezioni Stato Civile e Demografica (Anagrafe);

– alla Sezione Lavori Pubblici e Manutenzioni le funzioni e le competenze in materia di espropri già esercitate dalla Sezione Amministrativa Espropri e Catasto;

– alla Sezione Urbanistica Edilizia, nell’ambito del 40^ Servizio, le funzioni e le competenze in materia di catasto già esercitate dalla Sezione Amministrativa Espropri e Catasto.

Con la Delib. 9 maggio 2002, n. 56, poi, la Giunta comunale, preso atto degli accorpamenti di servizi e funzioni disposti mediante la Delib. n. 49 del 2002, considerato che il Comune di Palo del Colle era tra quelli “privi di personale dirigenziale”, aveva fissato i “criteri generali per l’istituzione e graduazione” delle “posizioni organizzative per l’anno 2002”, così adeguando l’aspetto soggettivo delle preposizioni al modificato assetto di una parte della macchina comunale. In particolare, erano state confermate le sette posizioni organizzative istituite con una pregressa deliberazione dell’anno 2000 (n. 107) e ne erano state istituite due nuove. Pertanto, ad avviso della Corte d’appello, sebbene tali oggettive e incisive variazioni dell’organizzazione comunale avessero comportato di riflesso vari spostamenti del personale addetto e, in particolare, dei funzionari preposti alle varie Sezioni, doveva escludersi che la manovra in esame potesse rilevare esclusivamente sul piano dei contratti e dei rapporti di lavoro dei dipendenti coinvolti.

Se poi si teneva presente che, ai fini della determinazione della giurisdizione, si deve aver riguardo al criterio del petitum sostanziale, da identificarsi non solo e non tanto in funzione della concreta statuizione che si chiede al giudice, ma anche e soprattutto in funzione della causa petendi, ossia dell’intrinseca natura della posizione soggettiva dedotta in giudizio, doveva concordarsi con il primo giudice, che aveva evidenziato che la domanda della V. investiva frontalmente le delibere della Giunta, essendo diretta a ottenere il riconoscimento del diritto di rimanere a capo del settore Pubblica Istruzione, così rivendicando “il diritto a uno specifico posto di lavoro”, che però era confluito con altri in un’unica struttura organizzativa, e così aveva perso l’autonomia che aveva in precedenza. In altri termini, l’iniziativa processuale della parte postulava la rimozione delle delibere della Giunta, la cui perdurante operatività ostava alla configurazione del suindicato settore come un servizio singolare e suscettibile di una distinta preposizione.

Nè l’atto di appello avrebbe potuto modificare l’impostazione della domanda formulata con il ricorso introduttivo della controversia, che, per di più, sollecita il giudice ordinario ad accertare “l’autonomia funzionale ed organizzativa” del suddetto settore.

Peraltro, la parte non aveva chiesto al giudice del lavoro di verificare se la sua nuova posizione lavorativa comportasse una ingiustificata deminutio professionale ed era riduttivo, rispetto alle caratteristiche della fattispecie sostanziale e del processo, il richiamo del gravame al potere del giudice ordinario di disapplicare incidentalmente i provvedimenti amministrativi illegittimamente influenti sui diritti derivanti dal rapporto di lavoro.

La lavoratrice propone ricorso per cassazione, illustrato da successiva memoria, a cui il Comune di Palo del Colle resiste con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il ricorso denuncia violazione del D.Lgs. n. 29 del 1993, art. 68, trasfuso nel D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 63, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 1.

Con riferimento al principio secondo cui il petitum sostanziale deve essere identificato con particolare riferimento alla posizione soggettiva dedotta in giudizio, si rileva che nella specie la posizione soggettiva dedotta in giudizio era diretta al riconoscimento della posizione organizzativa e delle relative differenze retributive a norma degli artt. 9, 10 e 11 del CCNL 1998- 2001 per i dipendenti delle regioni e degli enti locali, come era reso evidente dalle conclusioni precisate a conclusione del primo grado di giudizio, poi riproposte con l’atto di appello. Quanto alla affermazione del giudice di appello secondo cui la domanda aveva investito frontalmente le delibere della Giunta, essendo diretta al riconoscimento del diritto a rimanere a capo del settore Pubblica Istruzione, si osserva che la ricorrente in effetti – come si leggeva nel ricorso in appello – pur contestando che le delibere in questione potessero annoverarsi tra gli atti di macro-organizzazione, aveva espressamente chiesto la disapplicazione incidenter tantum della Delib. 15 aprile 2002, n. 49, sull’accorpamento di vari uffici comunali, in quanto lesiva del diritto soggettivo della ricorrente di ottenere la richiesta posizione organizzativa spettantele. Deve quindi trovare applicazione il principio secondo cui il conferimento delle posizioni organizzative al personale non dirigente è disciplinata per legge dalla contrattazione collettiva ed esula dall’ambito degli atti autoritativi, con attribuzione al giudice ordinario delle relative controversie, non ostandovi l’esistenza di atti amministrativi presupposti, suscettibili di disapplicazione.

Il ricorso è fondato.

Come è noto, il D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 63, recependo quanto già previsto dal D.Lgs. n. 29 del 1993, art. 68, nel testo modificato dal D.Lgs. n. 80 del 1998, art. 29, prevede che sono attribuite al giudice ordinario tutte le controversie riguardanti il rapporto di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni in ogni sua fase, dalla instaurazione all’estinzione, precisando: che non incide su tale giurisdizione il fatto che “vengano in questione atti amministrativi presupposti”; che “quando questi ultimi siano rilevanti ai fini della decisione, il giudice li disapplica, se illegittimi”; che “l’impugnazione davanti al giudice amministrativo dell’atto amministrativo rilevante nella controversia non è causa di sospensione del processo”.

Nell’ambito di questo quadro normativo la giurisprudenza di queste Sezioni unite ha, in particolare, ritenuto la giurisdizione del giudice ordinario anche per le controversie relative alla pretesa del conferimento di un incarico dirigenziale (ipotesi peraltro prevista espressamente dall’art. 63, comma 1, cit.), anche se ai fini del riconoscimento del diritto all’incarico il dipendente contesti la legittimità delle delibere relative all’organizzazione dell’ufficio (sentenze n. 26799/2008 e 3054/2009). Quanto poi al conferimento delle posizioni organizzative al personale non dirigente delle pubbliche amministrazioni, si è similmente osservato che, mentre la definizione di tali posizioni è demandata dalla legge alla contrattazione collettiva, il loro conferimento esula dall’ambito degli atti amministrativi autoritativi e si iscrive nella categoria degli atti negoziali, assunti dall’Amministrazione con la capacità ed i poteri del privato datore di lavoro, a norma del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 5, comma 2; pertanto, nell’applicazione della disposizione contrattuale, l’attività dell’Amministrazione non si configura come esercizio di un potere di organizzazione, ma come adempimento di un obbligo di ricognizione e di individuazione degli aventi diritto, con conseguente devoluzione alla giurisdizione del giudice ordinario delle relative controversie, non ostandovi l’esistenza di atti amministrativi presupposti e potendo al riguardo operare la disapplicazione dell’atto ai sensi dell’art. 63, comma 1 del citato decreto (Cass. S.U. n. 16540/2008 e 16540/2009).

Nella giurisprudenza di questa Corte si sono anche individuate situazioni in cui la contestazione in giudizio della legittimità degli atti, espressione di poteri pubblicistici, previsti dal D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 2, comma 1 (atti aventi ad oggetto la definizione delle linee fondamentali di organizzazione degli uffici, l’individuazione degli uffici di maggiore rilevanza e i modi di conferimento della titolarità dei medesimi e la determinazione delle dotazioni organiche complessive) implica la deduzione di una posizione di interesse legittimo e quindi la giurisdizione del giudice amministrativo, ma ciò è avvenuto in casi particolari in cui il rapporto di lavoro non costituiva l’effettivo oggetto del giudizio, ma, per così dire, lo sfondo rilevante ai fini di qualificare la dedotta posizione di interesse legittimo del ricorrente (Cass. S.U. n. 15904/2006, 3052/2009).

Nella specie, invece, la domanda, come si evince dal complesso del ricorso introduttivo del giudizio ed anche dalle sue conclusioni, ha come causa petendi il rapporto di lavoro della parte ricorrente, nelle sue articolate vicende, e per petitum la richiesta di riconoscimento del trattamento previsto dalla contrattazione collettiva a favore del personale non dirigente titolare di determinate posizioni organizzative, previa riassegnazione di determinate mansioni, mansioni in tesi precedentemente svolte. In altre parole la domanda riguarda in ogni sua parte pretesi diritti relativi al rapporto di lavoro in atto.

Quanto alla richiesta che, allo scopo della nuova attribuzione delle mansioni precedentemente espletate, sia riconosciuta l’autonomia funzionale e organizzativa al settore a cui la parte sarebbe stata precedentemente preposta, deve rilevarsi che in effetti la richiesta stessa, in tali termini formulata nelle conclusioni del ricorso introduttivo, deve essere interpretata, alla stregua dell’apparato deduttivo e argomentativo del ricorso stesso, come istanza di rilievo della illegittimità del provvedimento con cui si era delineato un diverso assetto organizzativo, comportante l’accorpamento del settore in questione ad altre unità organizzative. Neanche gli effettivi termini della domanda, quindi, si pongono in contrasto con lo schema legale della eventuale disapplicazione degli atti amministrativi presupposti, se illegittimi e rilevanti, schema che peraltro non può essere derogato dalle parti grazie ad una diversa prospettazione della domanda (Cass. S.U. 13169/2006). Al riguardo è opportuno anche rilevare che l’effettiva incidenza sul piano giuridico dell’atto amministrativo sulle posizioni di diritto soggettivo dedotte in giudizio, e quindi la sua rilevanza ai fini della decisione, deve comunque essere vagliata con riferimento puntuale alla disciplina dei vari aspetti del rapporti di lavoro e in particolare anche dei poteri dei privati datori di lavoro esercitabili dalla pubblica amministrazione.

In conclusione, il ricorso deve essere accolto, con dichiarazione della giurisdizione del giudice ordinario, cassazione della sentenza impugnata e rinvio della causa al giudice di primo grado, a norma dell’art. 353 c.p.c. e art. 383 c.p.c., comma 3 (visto che anch’egli si era dichiarato privo di giurisdizione). Al medesimo giudice si rimette la regolazione delle spese di questo giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso e dichiara la giurisdizione del giudice ordinario; cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese, al Tribunale di Bari.

Così deciso in Roma, il 27 aprile 2010.

Depositato in Cancelleria il 11 giugno 2010

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