Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14130 del 11/07/2016


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Cassazione civile sez. II, 11/07/2016, (ud. 03/03/2016, dep. 11/07/2016), n.14130

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – rel. Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 10329-2015 proposto da:

R.F.S., elettivamente domiciliato in ROMA, CORSO

VITTORIO EMANUELE II 18, presso lo studio dell’avvocato GIA MARCO

ST GREZ, rappresentato e difeso dagli avvocati BARBARA SIMONI,

GUALTIERO PITTALIS;

– ricorrente –

contro

CONSIGLIO NOTARILE MILANO, elettivamente domiciliato in ROMA, V.

SISTINA 42, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO GIORGIANNI,

che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato REMO DANOVI;

– controricorrente –

e contro

PROCURATORE GENERALE CORTE D’APPELLO MILANO, PROCURATORE GENERALE

CORTE DI CASSAZIONE;

– intimati –

avverso l’ordinanza n. 468/2015 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 29/01/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

03/03/2016 dal Consigliere Dott. ANTONELLO COSENTINO;

udito l’Avvocato ARBIB Riccardo, con delega depositata in udienza

dell’Avvocato SIMONI Barbara, difensore del ricorrente che ha

chiesto di riportarsi ed insiste;

udito l’Avvocato GIORGIANNI Francesco, difensore del resistente che

ha chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale DOTT.

CAPASSO Lucio, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con decisione n. 138 del 3.7.14 la Commissione regionale di disciplina della Lombardia inflisse al notaio R.F. la sanzione di 5 mesi di sospensione dalla professione, ritenendolo responsabile delle violazioni di cui all’art. 147, lett. a) e b) Legge Notarile (L. 16 febbraio 1913, n. 89) – in relazione all’art. 1, commi 1 e 2, ed all’art. 22, lett. a) e b) codice deontologico dei notai (nel testo approvato dal Consiglio Nazionale del Notariato con Delib. 5 aprile 2008, n. 2/56) – per aver posto in essere le seguenti condotte, unitariamente valutate a fini disciplinari:

a) aver commesso diversi errori, facilmente evitabili, nella liquidazione degli atti da registrare, peraltro riscuotendo dai clienti l’esatto importo dovuto all’Erario e quindi ritardandone il versamento fino alla notifica dell’avviso di rettifica e liquidazione, nonostante i diversi avvisi di procedere con maggior cautela al riguardo rivoltigli dall’Agenzia delle entrate;

b) essersi sottratto al pagamento dei propri debiti nei confronti dell’avv. Paolo Sansone, costringendo quest’ultimo al compimento di atti esecutivi, conclusisi con esito negativo per essere il notaio risultato non titolare di alcun patrimonio e privo di residenza anagrafica, fittiziamente stabilita presso lo studio professionale;

c) essersi rifiutato di produrre al Consiglio Notarile documenti dal medesimo richiesti, in tal modo tenendo un atteggiamento non collaborativo contrastante con i principi deontologici dei notai;

d) aver omesso molti versamenti fiscali e contributivi e aver promiscuamente utilizzato conti correnti bancari per ragioni personali e professionali.

La Corte di appello di Milano, adita dal notaio R. con l’impugnazione di cui all’art. 158 L.N., ha confermato la decisione della Commissione regionale di disciplina con ordinanza n. 468/15, depositata il 29.1.15. Avverso tale ordinanza il notaio R. ha proposto ricorso per cassazione articolato in tre motivi, tutti promiscuamente riferiti all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5.

Il Consiglio notarile di Milano ha resistito con controricorso.

Solo il ricorrente ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c. Il ricorso è stato discusso alla pubblica udienza del 3.3.16 nella quale il Procuratore Generale ha concluso come in epigrafe.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo il ricorrente lamenta la violazione degli artt. 24 e 25 Cost., art. 81 c.p. e dell’art. 147 c.p.c., comma 1, lett. a) e b), e art. 156 bis L.N. in cui la Corte territoriale sarebbe incorsa perchè, confermando la sanzione irrogata dalla Commissione regionale di disciplina, ha disatteso la doglianza con cui, in sede di impugnativa, esso ricorrente aveva lamentato che soltanto nel provvedimento decisorio, in difetto di previa contestazione, era stato affermato che gli illeciti sanzionati componevano “un quadro complessivamente denso di violazioni deontologiche che fanno parte di un medesimo disegno”, così da risultare “soggetti ad una valutazione unitaria e globale”. Il notaio R. lamenta quindi la lesione del proprio diritto di difesa conseguente all’impossibilità di interloquire sull’esistenza di un unico disegno, comprensivo di condotte anche diverse da quelle tipizzate. Nel corpo del motivo, poi, si censura specificamente la gravata ordinanza per aver compreso nell’unico disegno al quale la sanzione è stata commisurata anche la condotta di utilizzo promiscuo dei conti bancari “sia per le esigenze professionali che personalì, non vietata da alcuna disposizione nè legale nè deontologica.

Il motivo non può trovare accoglimento; il ricorrente, infatti, non lamenta la mancata contestazione di talune delle condotte illecite per le quali è stato condannato, ma la mancata contestazione del vincolo della continuazione tra tali condotte, che la Commissione regionale di disciplina ha ritenuto sussistente al fine di irrogare il trattamento sanzionatorio “nel rispetto del principio della continuazione dell’illecito disciplinare”. Ciò posto, il Collegio osserva che tale censura va giudicata inammissibile per carenza di interesse a ricorrere, perchè il ricorrente non specifica quale concreta lesione sarebbe derivata al suo diritto di difesa dalla mancata previa contestazione della continuazione fra gli illeciti a lui ascritti, nè, in particolare, esplicita le ragioni per le quali l’applicazione del cumulo materiale delle sanzioni avrebbe condotto ad un esito sanzionatorio in concreto più mite rispetto a quello raggiunto, per effetto dell’affermato vincolo della continuazione tra gli illeciti accertati, con l’applicazione del cumulo giuridico.

Quanto, poi, all’argomento concernente la pretesa irrilevanza disciplinare dell’utilizzo promiscuo dei conti bancari, per esigenze sia professionali che personali, è sufficiente rilevare che la qualificazione di tale condotta come lesiva del decoro della professione notarile tutelato dall’art. 147 L.N., lett. a – per le concrete modalità del suo svolgimento e per il contesto in cui la stessa si inserisce – rientra tra i compiti istituzionali del giudice di merito e non è sindacabile dalla Corte di cassazione, il cui controllo di legittimità sull’applicazione, da parte di detto giudice, di concetti giuridici indeterminati e clausole generali può solo mirare a verificare la ragionevolezza della sussunzione in essi del fatto concreto (Cass. 4720/12).

Il primo mezzo di ricorso va pertanto rigettato.

Con il secondo mezzo di ricorso si deduce la violazione dell’art. 12 preleggi e dell’art. 147 L.N., lett. b, in relazione all’art. 21, comma 1, e art. 22 codice deontologico dei notai in cui la Corte distrettuale sarebbe incorsa confermando il giudizio della Commissione regionale di disciplina secondo cui il notaio R. avrebbe tenuto un atteggiamento non collaborativo con il Consiglio Notarile, in particolare mancando di corrispondere alle richieste di trasmissioni documentali dal medesimo rivoltegli. Il ricorrente specificamente lamenta che la Corte distrettuale abbia omesso di:

1) considerare le giustificazioni al riguardo offerte dal R.;

2) rilevare che dall’atto di apertura del procedimento disciplinare risultava che la tabella delle irregolarità predisposta dal Consiglio Notarile era stata realizzata “grazie alla documentazione consegnata dal dott. R.” (pag. 23, terzultimo rigo, del ricorso);

3) considerare che la mancanza di precedenti disciplinari risultava incompatibile con il requisito della “non occasionalità” di cui all’art. 147 L.N., comma 1, lett. b).

Il motivo non può trovare accoglimento.

I primi due profili di censura si sostanziano, infatti, in una doglianza di puro merito, in quanto non enucleano specifici vizi logici del ragionamento decisorio del giudice territoriale ma si risolvono nella richiesta alla Corte di cassazione di procedere ad una rivalutazione delle risultanze istruttorie che, come è noto, esula dall’ambito del giudizio di legittimità. Il terzo profilo di censura è giuridicamente errato perchè confonde la nozione di “non occasionalità” di cui all’art. 147 L.N., comma 1, lett. b) (“viola in modo non occasionale le norme deontologiche elaborate dal Consiglio nazionale del notariato”) con la nozione di recidiva. La non occasionale violazione di norme deontologiche si ha quando una violazione venga ripetuta più volte, cosicchè la stessa non possa essere ascritta a ragioni contingenti e momentanee ma dimostri un atteggiamento indifferente al rispetto dei doveri deontologici e ciò non presenta alcun collegamento con l’evenienza che l’incolpato abbia o meno riportato precedenti condanne disciplinari per la stessa o per altre violazioni dei doveri deontologici.

Con il terzo motivo – rubricato in riferimento alla violazione dell’art. 144 L.N. e art. 147 L.N., lett. a) e b), e artt. 62 e 62 bis c.p. – il ricorrente denuncia l’omessa pronuncia della Corte di appello sul capo di impugnativa con cui il notaio R. aveva criticato la statuizione della Commissione regionale di disciplina che gli aveva negato l’attenuante del ravvedimento operoso ex art. 144 L.N., comma 1, (da lui invocata per avere egli, ancorchè in ritardo, provveduto ai versamenti dovuti) e lamenta il mancato riconoscimento di detta attenuante, nonchè il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche (invocate in ragione della sua incensuratezza) e, comunque, l’eccessività della sanzione inflitta in relazione ai fatti sanzionati.

Il motivo è fondato sotto il profilo della denuncia del vizio di omessa pronuncia.

Preliminarmente va osservato che l’assenza, nella rubrica del motivo, di espressi richiami all’art. 112 c.p.c. e all’art. 360 c.p.c., n. 4, non impedisce a questa Corte di apprezzare la sostanza della censura come deduzione di un vizio di omessa pronuncia (cfr. SSUU 17931/13), in ragione del riferimento a tale vizio contenuto nel corpo del motivo (vedi pag. 25 del ricorso, terzultimo capoverso: “L’aspetto è stato ampiamente censurato in sede di reclamo (par. 4 e par. 5), tuttavia l’ ordinanza della Corte di appello n. 468/2015 impugnata non contiene alcuna argomentazione o statuizione sul punto, che viene completamente ignorato”).

Ciò posto, il Collegio rileva che effettivamente la Corte territoriale ha omesso di prendere posizione sulle doglianze avanzate dal notaio R. avverso la decisione della Commissione regionale di disciplina che aveva negato l’attenuante del ravvedimento operoso ex art. 144, comma 1 L.N.. In tali limiti il motivo va accolto.

Inammissibili sono, invece, le ulteriori deduzioni svolte in tale motivo in ordine alla ritenuta applicabilità delle attenuanti generiche e dell’attenuante del ravvedimento operoso ex art. 144 L.N., comma 1, e in ordine alla ritenuta eccessività della sanzione inflitta. Tali deduzioni, infatti, criticano il provvedimento della Commissione regionale di disciplina e non l’ordinanza gravata, la quale su dette questioni non contiene alcuna pronuncia. Va peraltro aggiunto che il ricorrente non formula nei confronti dell’ordinanza qui gravata alcuna autosufficiente censura di omessa pronuncia in relazione alle questioni relative al riconoscimento delle attenuanti generiche e all’entità della sanzione inflitta. Nel ricorso per cassazione infatti mentre si riferisce che nei par. nn. 4) e 5) dell’impugnativa presentata alla Corte di appello dal notaio R. era stato criticato il mancato riconoscimento, da parte della Commissione regionale di disciplina, dell’attenuante del ravvedimento operoso ex art. 144 L.N., comma 1, non si precisa se, ed in quali punti, detta impugnativa contenesse specifiche doglianze anche in punto di diniego delle attenuanti generiche e di eccessività della sanzione inflitta.

In definiva il terzo motivo di ricorso va accolto limitatamente alla censura di omessa pronuncia della Corte territoriale sulla doglianza con cui il notaio R. aveva censurato la decisione della Commissione regionale di disciplina in punto di diniego dell’attenuante del ravvedimento operoso ex art. 144 L.N., comma 1.

PQM

La Corte, rigettati il primo ed il secondo motivo di ricorso, accoglie il terzo nei sensi di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della Corte di appello di Milano, che regolerà anche le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 3 marzo 2016.

Depositato in Cancelleria il 11 luglio 2016

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