Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14130 del 07/06/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 07/06/2017, (ud. 25/05/2017, dep.07/06/2017),  n. 14130

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – rel. Consigliere –

Dott. CARBONE Enrico – Consigliere –

Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26990/2011 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

S.R.V., elettivamente domiciliata in ROMA VIA APPIANO

8, presso lo studio dell’avvocato ORAZIO CASTELLANA, rappresentata e

difesa dall’avvocato TOMMASO SAVITO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 389/2010 della COMM. TRIB. REG. SEZ. DIST. di

CATANIA, depositata il 20/09/2010;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

25/05/2017 dal Consigliere Dott. LIANA MARIA TERESA ZOSO.

Fatto

ESPOSIZIONE DEI FATTI DI CAUSA

1. L’agenzia delle entrate rettificava il reddito dichiarato ai fini Irap e Iva da S.R. per l’anno 1998 in relazione all’accertamento effettuato nei confronti della società Ariazzi Succhi di Sc.An. s.a.s. di cui era socia nella misura del 30%. La contribuente proponeva ricorso e la commissione tributaria provinciale di Catania lo accoglieva con sentenza che era confermata dalla CTR della Sicilia, sezione staccata di Catania.

2. Avverso la sentenza della CTR propone ricorso per cassazione l’Agenzia delle entrate affidato a due motivi. La contribuente si è costituita in giudizio con controricorso.

3. Con il primo motivo la ricorrente deduce motivazione insufficiente circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Sostiene che la CTR ha effettuato un mero rinvio alla sentenza di primo grado senza svolgere alcuna motivazione in ordine ai rilievi svolti.

4. Con il secondo motivo deduce violazione di legge, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione al D.P.R. n. 600 del 1972, artt. 32 e 39 e D.P.R. n. 633 del 1972, art. 51. Sostiene che la CTR non ha considerato che il riscontro di movimentazione bancarie prive di giustificazione consentivano di imputare i versamenti ed i prelevamenti a ricavi.

Diritto

ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Preliminarmente osserva la Corte che l’eccezione di inammissibilità del ricorso derivante da tardività della proposizione dello stesso è infondata. Invero la sentenza impugnata è stata depositata il 20 settembre 2010 ed il termine annuale di cui all’art. 327 c.p.c., nel testo vigente ratione temporis, prorogato di 46 giorni per effetto della sospensione feriale dei termini, scadeva sabato 5 novembre 2011, per il che, giusta la norma di cui all’art. 155 c.p.c., la scadenza era prorogata a lunedì 7 novembre, data in cui risulta essere stata chiesta la notifca del ricorso per cassazione da parte dell’agenzia delle entrate.

2. Nel merito la Corte rileva, d’ufficio, la nullità della sentenza di primo grado derivata dal fatto che non è stato integrato il contraddittorio nei confronti della società e degli altri soci. Invero, per consolidato indirizzo della Corte di legittimità, ogni controversia che riguardi la composizione stessa del gruppo sociale comporta il litisconsorzio necessario di tutti i soggetti coinvolti (Cass. n. 5119 del 2004; Cass. n. 27337 del 2014; Cass. n. 4226 del 1991), poichè esso ricorre non solo nei casi espressamente previsti dalla legge, ma anche laddove, per la particolare natura o configurazione del rapporto giuridico dedotto in giudizio e per la situazione strutturalmente comune ad una pluralità di soggetti, la decisione non possa conseguire il proprio scopo se non sia resa nei confronti di tutti questi soggetti (Cass. n. 14387 del 2014). Una volta accertata la qualità di socio, vale il principio di unitarietà dell’accertamento su cui si basa la rettifica delle dichiarazioni dei redditi delle società di persone e dei soci delle stesse, con automatica imputazione dei redditi a ciascun socio, proporzionalmente alla quota di partecipazione agli utili ed indipendentemente dalla percezione degli stessi, con la conseguenza che il ricorso tributario proposto da uno dei soci, o dalla società, riguarda inscindibilmente sia la società che i soci, i quali tutti debbono perciò essere parti dei procedimento, non potendo la relativa controversia essere decisa limitatamente ad alcuni soltanto di essi; e ciò per la ragione che essa non attiene ad una singola posizione debitoria, ma alla comune fattispecie costitutiva dell’obbligazione dedotta nell’atto autoritativo impugnato (Cass. n. 20075 del 2014). In tutti questi casi il ricorso proposto anche da uno soltanto dei soggetti interessati impone l’integrazione del contraddittorio ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 14, ed il giudizio celebrato senza la partecipazione di tutti i litisconsorti necessari è affetto da nullità assoluta, rilevabile – anche d’ufficio – in ogni stato e grado del procedimento (Cass. Sez. U., n. 14815 del 2008; conf., ex multis, Cass., sent. n. 1047 del 2013, n. 13073 e n. 23096 del 7012).

Pertanto, ove in sede di legittimità venga rilevata una violazione delle norme sul litisconsorzio necessario, non rilevata nè dal collegio di primo grado (che avrebbe dovuto disporre immediatamente l’integrazione del contraddittorio, ovvero riunire i processi in ipotesi separatamente instaurati dai litisconsorti necessari, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 29), nè dal collegio d’appello (che avrebbe dovuto rimettere la causa al primo giudice, ai fini dell’integrazione del contraddittorio con tutti i soci della società contribuente, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 59, comma 1, lett. b, in modo da assicurare un processo unitario per tutti i soggetti interessati), deve disporsi, anche d’ufficio, l’annullamento delle pronunce emesse a contraddittorio non integro, con rinvio della causa al primo giudice, ai sensi dell’art. 383 c.p.c., u.c. (Cass., Sez. U., n. 3678 dei 2009; conf. Cass. n. 15566 del 2016, n. 7212 del 2015, n. 27337 2014, n. 18127 del 2013, n. 24791 del 2011; n. 5063 del 2010, n. 138825 del 2007). Va, peraltro, considerato che l’accertamento operato nei confronti della società ha riguardato nel caso di specie, violazioni in materia di Irap e di Iva. La corte di legittimità ha più volte affermato il principio secondo cui l’accertamento di maggior imponibile IVA a carico di una società di persone, se autonomamente operato, non determina, in caso d’impugnazione, la necessità d’integrare il contraddittorio nei confronti dei relativi soci. Tuttavia, qualora l’Agenzia abbia contestualmente proceduto, sia pur con distinti atti impositivi, all’accertamento d’Iva e di Irap – e quindi un’imposta il cui accertamento ridonda direttamene in capo ai soci per trasparenza D.P.R. n. 917 del 1986, ex art. 5 e determina in ragione di ciò l’insorgenza del litisconsorzio necessario (SS.UU. 10145/12) – fondati su elementi anche solo in parte comuni, il profilo dell’accertamento impugnato concernente l’imponibile Iva, che non sia suscettibile di autonoma definizione in funzione di aspetti ad esso specifici, non si sottrae al vincolo necessario del simultaneus processus, attesa l’inscindibilità delle due situazioni e l’esigenza, alla luce dell’art. 111 Cost., di evitare decisioni irragionevolmente contrastanti (Cass. n. 5844 del 2016; Cass. n. 21340 del 2015; Cass. n. 2094 del 2015).

3. In tal senso deve quindi disporsi per la controversia in oggetto che concerne gli elementi comuni all’accertamento notificato alla società che non risulta essere divenuto definitivo.

In conclusione, dichiarata la nullità dell’intero giudizio, la sentenza impugnata va cassata con rinvio al giudice di primo grado.

PQM

 

La Corte, rilevata la nullità del giudizio per violazione del litisconsorzio necessario, cassa la sentenza impugnata con rinvio alla CTP di Catania che provvederà anche alla regolazione delle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 25 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 7 giugno 2017

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