Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14129 del 27/06/2011

Cassazione civile sez. I, 27/06/2011, (ud. 20/04/2011, dep. 27/06/2011), n.14129

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CARNEVALE Corrado – Presidente –

Dott. FIORETTI Francesco Maria – Consigliere –

Dott. PICCININNI Carlo – Consigliere –

Dott. BERNABAI Renato – Consigliere –

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 22670/2005 proposto da:

P.N. (c.f. (OMISSIS)), elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA ANASTASIO II 130, presso l’avvocato BARLETTA

LAURA, rappresentato e difeso dall’avvocato FRANZESE Nicola, giusta

procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI CASERTA (C.F. (OMISSIS)), in persona del Sindaco pro

tempore,elettivamente domiciliato in ROMA, VIA SISTINA 121, presso

l’avvocato CENTORE CIRO, rappresentato e difeso dall’avvocato

D’AMBROGIO Fernanda, giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2616/2004 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 31/08/2004;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

20/04/2011 dal Consigliere Dott. ROSA MARIA DI VIRGILIO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

LETTIERI Nicola, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

P.N., proprietario del terreno sito nella frazione (OMISSIS), di mq. 1979, in catasto terreni alla partita 6011, foglio 36, particella 5228 per mq. 1927 e particella 5229 per mq. 52, con destinazione omogenea F3, proponeva nei confronti del Comune di Caserta opposizione alla stima, chiedendo la rideterminazione delle indennità di espropriazione ed occupazione, oltre interessi e rivalutazione, in relazione al valore effettivo del fondo a vocazione edificatoria, servito da infrastrutture urbane, circondato da edifici, pianeggiante e ben esposto.

Il Comune si costituiva, eccepiva l’inammissibilità della domanda per genericità e sosteneva che il fondo era collocato in zona F3, destinata ad “uso pubblico” e quindi non edificabile, sicchè l’indennità andava determinata in applicazione dei criteri di cui alla L. n. 865 del 1971 per i suoli agricoli; deduceva che in ogni caso occorreva tenere conto delle limitazioni della edificabilità in concreto, consentita solo per la realizzazione delle attrezzature “pubbliche o di uso pubblico” destinate allo svago, alla cultura ed al tempo libero; eccepiva che il P. neppure aveva dimostrato di avere pagato alcunchè per lei al Comune di Caserta.

Veniva disposta ed espletata C.T.U..

La Corte d’appello, con sentenza depositata il 31/8/2004, respinta l’eccezione di inammissibilità della domanda, respinta l’eccezione di mancata presentazione della denuncia lei(presentata tardivamente per l’anno 2001), incidente solo sulla concreta erogazione successiva dell’indennità, ha ritenuto che l’inclusione in zona F3 del terreno non escludeva l’edificabilità legale, dato che la previsione di piano (vedi pag. 5 della C.T.U.) consentiva la realizzazione non solo di attrezzature sportive pubbliche o di uso pubblico, ma anche di “attrezzature commerciali compatibili con l’uso pubblico con l’esclusione degli impianti rumorosi o comunque nocivi alla salute pubblica”, con indice di edificabilità fondiaria di 1 mc/mq.

Ciò posto, la Corte del merito ha ritenuto condivisibili in parte le critiche del Comune alla valutazione del valore di mercato compiuta dal C.T.U. in Euro 68,21, con riferimento alla data del decreto di esproprio, atteso che il CTU, sia nella relazione che nei successivi chiarimenti, aveva fatto riferimento a generiche informazioni sui valori dei terreni in zona, senza indicare validi atti di comparazione, affidando la stima a valutazione di tipo analitico (incidenza area del valore sul costruito), utilizzando dati non sufficientemente riscontrati e non chiari coefficienti di calcolo, basati sui valori di riferimento dell’edilizia abitativa neppure realizzabili sul terreno in esame.

Nell’ottica del preferibile metodo sintetico comparativo, la Corte del merito ha ritenuto di utilizzare, con i dovuti adattamenti, i dati del Comune relativi ad una serie di cessioni volontarie di terreni siti sulla stessa zona e con identica destinazione urbanistica; ha quindi ritenuto di raddoppiare i valori per mq. di dette contrattazioni, compresi tra un minimo di L. 26.390 ed un massimo di L. 32.699 (relativo alla Delib. G.M. 9 febbraio 1986, n. 186), pervenendo ai valori base degli atti di trasferimento o di amichevole concordamento dell’indennità, tra il minimo di L. 52.780 ed il massimo di L. 65.400, da ritenersi compatibile con il prezzo rientrante nelle normali oscillazioni di mercato, in quanto confortato da una lunga serie di accordi, che non potevano pertanto ritenersi subiti dalle parti in condizioni di assoluta antieconomicita.

Indicando il limite massimo delle oscillazioni di mercato nel 33%, ha aumentato il più alto dato a L. 86.982, a cui ha applicato la variazione del 12,5%, tenendo conto della variazione del 10% indicata dal C.T.U. e dal Comune nel periodo tra novembre 1996 e novembre 2001, così pervenendo alla somma di circa L. 97.855 al mq., pari ad Euro 50,54, quale più probabile valore unitario di mercato all’8/11/2001, data di emissione del decreto di esproprio, e mediando tale dato con quello di Euro 235,10, corrispondente al R.D. decennale, è pervenuta all’importo di Euro 50.126,88.

La Corte del merito ha ritenuto che detta somma non dovesse essere ulteriormente ridotta del 40% D.L. n. 333 del 1992, ex art. 5 bis, comma 1, per l’evidente non congruità della indennità offerta.

La Corte ha quindi determinato l’indennità di occupazione nella misura degli interessi legali sulla somma determinata a titolo di indennità di espropriazione, dalla data di immissione in possesso alla data del decreto di esproprio, con gli interessi legali dalla data di scadenza delle singole annualità ai versamenti parziale e ed integrativo, escludendo la rivalutazione.

Ricorre per cassazione il P. sulla base di un unico motivo.

Il Comune di Caserta ha depositato controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.1.- Con l’unico, articolato motivo di ricorso, il P. denuncia omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, per avere la Corte d’appello disatteso la stima del C.T.U., cadendo in gravissimi errori e salti logici, utilizzando gli atti di cessione volontaria stipulati dal Comune ai sensi della L. n. 865 del 1971, art. 12 e le relative delibere approvative, per terreni siti in zone diverse ed in periodi diversi, per poi raddoppiare senza motivazione i prezzi così rinvenuti, prendendo a riferimento i valori massimi, omettendo sul punto di motivare, rifacendosi ad oscillazioni di mercato, senza motivazione logica e dati di riscontro ed infine aggiornando i dati, in modo irrazionale ed immotivato (la parte sostiene altresì che è stata offerta dal Giudice del merito una motivazione lacunosa, insufficiente e contraddittoria, con ciò chiaramente contraddicendo la lamentata mancanza di motivazione in tesi fatta valere).

Secondo i ricorrenti, il ragionamento della Corte d’appello è viziato, di fondo, dal fatto che i valori di riferimento non sono quelli scaturiti dalla libera contrattazione di mercato, ma quelli fissati unilateralmente dalla P.A., atteso che nella cessione volontaria non c’è domanda ed offerta, non v’è libero mercato, ma mera indicazione discrezionale della P.A., sempre subita dai privati,che non possono contrattare.

La Corte applica ben tre correttivi, così dimostrando la totale mancanza di credibilità oggettiva dei dati adottati, e la motivazione è anche contraddittoria, perchè non applica nei fatti il metodo sintetico comparativo, che ritiene formalmente di seguire.

La Corte non verifica se le cessioni esibite dal Comune riguardano la stessa zona del terreno in esame, se le condizioni di mercato siano le stesse tra la zona del 1 lotto Fiera – mercato, a cui si riferiscono gli atti del Comune, e la zona del 2 lotto, in cui rientra il terreno del P., nè se siano parametrabili i valori dei terreni dei due lotti, perchè adotta i valori massimi, applica l’aumento del 33% superiore a quello del 20% del D.P.R. n. 327 del 2001, art. 37.

2.1.- Il motivo è infondato e va pertanto disatteso.

Come rilevato nella pronuncia di questa Corte, n. 1161 del 2007, “la giurisprudenza di questa Corte, tenendo conto dell’evoluzione del sistema normativo, ha da tempo cessato di attribuire un valore preminente al metodo sintetico comparativo. Quest’ultimo, infatti, aveva una sua giustificazione in un contesto in cui la valutazione indennitaria dei fondi espropriati era governata dal principio dell’edificabilità di fatto, abbracciato dalla giurisprudenza fino all’entrata in vigore della L. n. 359 del 1992, art. 5 bis, siccome idoneo ad esprimere il valore di un determinato terreno nel contesto della microzona da cui si desumevano indizi di sfruttabilità edilizia, a prescindere dalle indicazioni dello strumento urbanistico. Diversamente, il metodo analitico – ricostruttivo muove dalle caratteristiche specifiche del fondo espropriato depurando il valore dell’edificato dal costo di costruzione, per pervenire al valore dell’area comprensiva – attesa la sua qualificazione urbanistica (edificabilità legale) dell’entità volumetrica esprimibile dalla superficie a disposizione. Ne consegue che non può più stabilirsi tra i due criteri un rapporto di regola ad eccezione, essendo rimessa al prudente apprezzamento del giudice la scelta di un metodo di stima improntato, per quanto possibile, a criteri di effettività, anche secondo le indicazioni dell’ord. 1 ottobre 2003, n. 305 della Corte Costituzionale (Cass. 15 febbraio 2005 n. 3034;

conf. 7 marzo 2006 n. 4885; 5 giugno 2006 n. 13182; 8 giugno 2006 n. 13409; 9 giugno 2006 n. 13478; 20 aprile 2006 n. 9312)”. Tale orientamento è stato altresì seguito dalla successiva pronuncia 12771/2007, che ha ritenuto che la determinazione del valore del fondo può avvenire sia con metodi analitico-ricostruttivi, tesi ad accertare il valore di trasferimento del fondo, sia con metodi sintetico-comparativi, volti invece a desumere dall’analisi del mercato il valore commerciale del fondo,e l’adozione di uno di tali metodi rende superflua l’analisi degli elementi su cui si fonda l’altro.

Ciò posto, si rileva che la Corte del merito, ritenuto di disattendere la stima operata dal C.T.U., in quanto priva di indicazione di validi atti di comparazione, riferentesi a generiche informazioni, sostanziandosi in una valutazione di tipo analitico, effettuata sommariamente, con dati non adeguatamente riscontrati nè chiari coefficienti di calcolo (nè il ricorrente ha censurato i rilievi critici operati dalla Corte d’appello nei confronti della C.T.U.), ha fatto riferimento agli unici dati obiettivi a disposizione, cioè agli atti di cessione relativi a terreni nella stessa zona e con identica destinazione urbanistica, intervenuti nei due anni precedenti; ha chiaramente indicato che tali valori non erano quelli di mercato ma che, raddoppiando gli stessi e prendendo il valore più alto, sul rilievo che tutti gli accordi non potevano essere stati raggiunti in condizioni di assoluta antieconomicità, si perveniva ad individuare il valore compatibile con le ordinarie oscillazioni di mercato, indicato nell’importo massimo del 33%; ha poi proceduto ad applicare la percentuale di rivalutazione in linea con le indicazioni del C.T.U. e del Comune, per adeguare la valutazione al novembre 2011, data di emissione del decreto di esproprio.

Il ragionamento esposto dalla Corte territoriale, come sopra riassunto, è puntuale ed esaustivo, i singoli passaggi sono argomentati e le operazioni effettuate, di cui viene data ampia motivazione, sono chiaramente intese a soddisfare la necessità di rapportare il computo dell’indennità alle reali caratteristiche del bene al tempo dell’atto ablatorio.

A fronte di detta congruente, puntuale motivazione, le censure del ricorrente si appalesano destituite di ogni fondamento, oltre che di per sè intrinsecamente contraddittorie sul piano logico giuridico, nel prospettare nello stesso tempo la carenza di motivazione e l’insufficienza e contraddittorietà.

3.1.- Il ricorso va quindi respinto.

Le spese del presente grado del giudizio, liquidate come in dispositivo,seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente a rifondere al Comune di Caserta le spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 2500,00, oltre Euro 200,00 per spese, oltre spese generali ed accessori.

Così deciso in Roma, il 20 aprile 2011.

Depositato in Cancelleria il 27 giugno 2011

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