Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14129 del 04/06/2013


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 14129 Anno 2013
Presidente: FINOCCHIARO MARIO
Relatore: AMENDOLA ADELAIDE

ORDINANZA
sul ricorso 16415-2011 proposto da:
IMPRESA ANGELI AGOSTINO 00132190513, in persona del titolare e legale
rappresentante, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA FABIO MASSIMO 60, presso
lo studio dell’avvocato CAROLI ENRICO, rappresentata e difesa dall’avvocato
ZAVOLI ANTONIO giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente contro
FALLIMENTO METALGRANDA SRL IN LIQUIDAZIONE 0205440040, in
persona del suo curatore, elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA
GIUNONEREGINA 1, presso lo studio dell’avvocato CLEMENTE GIORGIO
GROSSO, che lo rappresenta e difende giusta procura a margine del controricorso;

controrkorrente

avverso la sentenza n. 214/2011 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE del
23/11/2010, depositata 1’11/02/2011;

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Data pubblicazione: 04/06/2013

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 10/04/2013 dal
Consigliere Relatore Dott. ADELAIDE AMENDOLA;
è presente il P.G. in persona del Doti MAURIZIO VELARDI.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE
È stata depositata in cancelleria la seguente relazione, regolarmente comunicata al P.G. e
notificata ai difensori delle parti.

esaminati gli atti,
osserva:
1. L’Impresa Angeli Agostino propose opposizione avverso il decreto ingiuntivo con il
quale il Tribunale di Arezzo, a istanza di Metalgranda s.r.1., le aveva ingiunto il
pagamento della somma di lire 261.400.000.
Con sentenza in data 16 ottobre 2006 il giudice adito respinse l’opposizione.
Proposto dalla soccombente gravame, la Corte d’appello di Firenze, in data 11 febbraio
2011, lo ha rigettato.
2. Avverso detta pronuncia l’Impresa Angeli ha proposto due ricorsi, l’uno, notificato a
Metalgrada s.r.1., presso lo studio dell’avvocato Enrico Ferrari Bravo, il 9 giugno 2011, e
l’altro notificato al Fallimento della stessa società, in persona del curatore, il 27 ottobre
successivo.
Nelle due impugnazioni, di identico contenuto, l’Impresa Angeli ha formulato tredici
motivi.
A entrambe ha resistito con unico controricorso la Curatela.
3. I ricorsi, riuniti ex art. 335 cod. proc. civ., in quanto proposti avverso la stessa
sentenza, sono soggetti, in ragione della data della sentenza impugnata, successiva al 4
luglio 2009, alla disciplina dettata dall’art. 360 bis, inserito dall’art. 47, comma 1, lett. a)
della legge 18 giugno 2009, n. 69. Essi possono pertanto essere trattati in camera di
consiglio, in applicazione degli artt. 376, 380 bis e 375 cod. proc. civ. per esservi
dichiarati inammissibili.
Queste le ragioni.

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“Il relatore, cons. Adelaide Amendola

4. Con sentenza del 16 dicembre 2009, n. 26279, le sezioni unite affermarono il principio
che l’atto di impugnazione della sentenza, nel caso di morte della parte vittoriosa, deve
essere rivolto e notificato agli eredi, indipendentemente sia dal momento in cui il decesso
è avvenuto, sia dal fatto che il soccombente abbia incolpevolmente ignorato l’evento,
segnatamente precisando che, ove l’impugnazione sia proposta nei confronti del defunto,

L’arresto, ripercorsi i vari orientamenti emersi nella giurisprudenza di legittimità, segue, e
rivitalizza, quello, più radicale, enunciato nella sentenza 19 dicembre 1996, n. 11394,
dichiaratamente discostandosi, invece, dall’indirizzo espresso in altra pronuncia,
anch’essa del più alto consesso (sentenza 28 luglio 2005, n.15783) che, pur evidenziando
la volontà legislativa, desumibile dall’art. 328 cod. proc. civ., di adeguare il processo di
impugnazione alle variazioni intervenute nelle posizioni delle parti, sia ai fini della
notifica della sentenza che del gravame (con piena parificazione, a tali effetti, tra l’evento
verificatosi dopo la sentenza e quello intervenuto durante la fase attiva del giudizio e non
dichiarato, né notificato), aveva condizionato, nell’ottica di un’interpretazione
costituzionalmente orientata, il dovere di indirizzare l’impugnazione nei confronti del
nuovo soggetto effettivamente legittimato — almeno per i processi pendenti alla data del
30 aprile 1995, rispetto ai quali non opera la possibilità di sanatoria dell’eventuale errore
incolpevole di cui al nuovo testo dell’art. 164 cod. proc. civ., come sostituito dalla legge
n. 353/1990 — alla conoscenza o alla conoscibilità dell’evento, secondo criteri di normale
diligenza, da parte del soggetto che propone l’impugnazione.
5. Il punto di snodo dell’iter argomentativo seguito dalle sezioni unite è che le esigenze di
tutela della buona fede dell’impugnante non possano compromettere il diritto di difesa
dell’altra parte, laddove il dovere di indirizzare l’atto di impugnazione nei confronti degli
eredi del soggetto deceduto trova il suo fondamento nel basilare principio, già enunciato
dall’art. 101 cod. proc. civ. e ora ribadito dal nuovo testo dell’art. 111 Cost., per cui «ogni
processo si svolge nel contraddittorio tra le parti». Tale principio, hanno esplicitato le sezioni
unite, implica e contiene anche quello della “giusta parte”, quale non può evidentemente
essere considerata la persona non più in vita, nel cui universum ius sono subentrati i
successori. Ne deriva: a) che l’eccezionale deroga introdotta dall’art. 300 cod. proc. civ. —
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non può trovare applicazione la disciplina di cui all’art. 291 cod. proc. civ.

la quale consente la prosecuzione del giudizio nei confronti della parte deceduta, se il suo
procuratore non dichiara o notifica l’evento — non può essere ritenuta operante
indefinitamente, anche nell’eventuale grado successivo del giudizio, in cui si incardina un
nuovo rapporto processuale ulteriore e distinto, ancorché collegato a quello ormai
esaurito con la pronuncia della sentenza; b) che il difetto assoluto della qualità di “giusta

confronti del giudizio di impugnazione non può essere posto rimedio mediante lo
strumento della rinnovazione, apprestato dall’art. 291 cod. proc. civ., non vertendosi, a
ben vedere, in ipotesi di «un vizio che importi nullità nella notificazione della citazione», qual è
quello previsto da detta norma, ma piuttosto di errore incidente sulla vocatio in ius, in
quanto rivolta verso un soggetto diverso da quello che avrebbe dovuto esserne il
destinatario.

parte” nel defunto comporta che all’invalidità derivante dall’instaurazione nei suoi

In sostanza le sezioni unite, pur non avendo escluso che possano venire Le ,
considerazione (nei processi in cui sono applicabili), al fine di sanare l’eventuale errore
incolpevole consistito nell’indirizzare l’impugnazione nei confronti del defunto, anziché
degli eredi, l’art. 164 cod. proc. civ., come modificato dalla legge n.353/90 (che consente
di emendare con effetto retroattivo le nullità della citazione, mediante la sua
rinnovazione), o l’art. 153, comma 2, cod. proc. civ., inserito dalla legge 18 giugno 2009,
n. 69, art. 46 (che ammette la rimessione in termini della parte incorsa in decadenze per
causa ad essa non imputabile), si sono mosse nella stringente e consequenziale
prospettiva che le parti, quando, definito un grado, deve aprirsene un altro, tornano nella
situazione in cui si trova l’attore prima di proporre la domanda, e cioè nella condizione
di dovere appurare la condizione di colui con il quale intende contrarre il rapporto
processuale.

6. L’affermazione delle sezioni unite si presta ad essere applicata — ed è stata infatti
applicata — con riferimento a qualsivoglia evento idoneo a determinare l’interruzione del
processo (confr. Cass. civ. 13 luglio 2012, n. 11968; Cass. civ. 6 giugno 2012, n. 9110;
Cass. civ. 20 settembre 2011, n. 19122; Cass. civ. 13 maggio 2011, n. 10649). Ne deriva
che il primo ricorso, notificato a Metalgranda s.r.l. il 9 giugno 2011, benché la stessa
fosse stata dichiarata fallita con sentenza depositata il 25 maggio 2011, è inammissibile.
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Non è superfluo aggiungere che il rapporto processuale con esso instaurato neppure si
presta ad essere salvato con il rilievo che la perdita della capacità processuale del fallito, a
seguito della dichiarazione di fallimento, non è assoluta, ma relativa alla massa dei
creditori, alla quale soltanto — e per essa al curatore — spetta eccepirla, di talché,
mancando tale iniziativa, il processo continua validamente tra le parti originarie, tra le

di profittare dell’eventuale risultato utile del giudizio in forza del sistema di cui agli artt.
42 e 44 legge fall. (confr. Cass. civ. 4 marzo 2011, n. 5226).
A prescindere dal rilievo che la procedura ha specificamente opposto la nullità
dell’impugnazione, in quanto proposta nei confronti di parte non più legittimata, la
notifica di un secondo ricorso, questa volta alla Curatela, della cui sorte subito si dirà,
mostra invero chiaramente come lo stesso impugnante abbia tout court rinunciato agli
effetti della prima notifica.

7. Peraltro, in virtù del principio, praticamente costante nella giurisprudenza di
legittimità, per cui la notificazione dell’impugnazione equivale — ai fini della scienza legale
— alla notificazione della sentenza oggetto di impugnazione (confr. Cass. civ. 19 aprile
2010, n. 9265; Cass. civ. 29 gennaio 2010, n. 2055; Cass. civ. 20 ottobre 2004, n. 20547),
il secondo ricorso, redatto il 7 ottobre 2011 e presentato per la notifica il 26 ottobre
successivo (confr. annotazione nella nota di deposito), è irrimediabilmente tardivo,
essendo stato proposto ben oltre il termine di sessanta giorni, previsto dall’art. 325,
secondo comma, cod. proc. civ., dalla notificazione del primo, e ciò anche tenendo
conto della sospensione feriale dei termini processuali
Se è vero infatti che il criterio della consumazione dell’impugnazione non esclude che,
fino a quando non intervenga una declaratoria di inammissibilità, possa essere proposto
una seconda impugnazione, immune dai vizi della precedente e destinata a sostituirla, la
seconda impugnazione deve comunque risultare tempestiva e tale tempestività, anche in
caso di mancata notificazione della sentenza, va valutata non in relazione al termine
annuale, bensì in relazione al termine breve decorrente dalla data di proposizione della
prima, equivalendo essa, per quanto innanzi detto, alla conoscenza legale della sentenza
da parte dell’impugnante (confr. Cass. civ. n. 9265 del 2010 cit.).
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quali soltanto avrà efficacia la sentenza finale, salva la facoltà degli organi della procedura

8. In tale contesto i due ricorsi appaiono destinati alla declaratoria di inammissibilità”.
9. Il collegio ritiene di dovere fare proprio il contenuto della sopra trascritta relazione,
alla quale la ricorrente Impresa Angeli non ha del resto neppure replicato.
Entrambi i ricorsi, riuniti ex art. 335 cod. proc. civ., vanno pertanto dichiarati
inammissibili.
Segue la condanna dell’impugnante al pagamento delle spese processuali.

La Corte, pronunciando sui ricorsi riuniti, li dichiara inammissibili. Condanna la
ricorrente al pagamento delle spese di giudizio, liquidate in complessivi euro 5.200,00 (di
cui euro 200,00 per esborsi), oltre IVA e CPA, come per legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 10 aprile 2013.

P.Q.M.

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