Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14127 del 04/06/2013


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 14127 Anno 2013
Presidente: LA TERZA MAURA
Relatore: PAGETTA ANTONELLA

ORDINANZA
sul ricorso 26754-2011 proposto da:
INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA
SOCIALE 80078750587 in persona del Presidente e legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
DELLA FREZZA 17, presso l’AVVOCATURA CENTRALE
DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati CORETTI
ANTONIETTA, DE ROSE EMANUELE, STUMPO VINCENZO,
TRIOLO VINCENZO, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente contro
FIUME FRANCESCA, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
QUINTINO SELLA 41, presso lo studio dell’avvocato
MARGHERITA VALENTINI, rappresentata e difesa dall’avvocato
PONZONE GIOVANNI GAETANO, giusta mandato speciale in
calce al controricorso;

controricorrente –

avverso la sentenza n. 5688/209 della CORTE D’APPELLO di
BARI dell’8.11.2010, depositata il0/11/2010;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
14/03/2013 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONELLA
PAGETTA;
udito per il ricorrente l’Avvocato Antonietta Coretti che si riporta agli
scritti;
udito per la controricorrente l’Avvocato Luca Maraglino (per delega
avv. Giovanni Gaetano Ponzone) che si riporta ai motivi del
controricorso.
2G

e

Data pubblicazione: 04/06/2013

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. ENNIO
ATTILIO SEPE che si riporta alla relazione scritta.

Il Consigliere relatore nominato ai sensi dell’art. 377 cod. proc. civ.
ha depositato la seguente relazione ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc.
civ. e 375 cod. proc. civ. :”Francesca Fiume,operaia agricola a tempo
determinato, adiva il giudice del lavoro per ottenere il ricalcolo della dell’indennità
di disoccupazione agricola percepita ciascuno per gli anni indicati in ricorso
ponendo a base del calcolo il salario fissato pro tempore dalla contrattazione
collettiva, compreso il cd. Trattamento di fine rapporto, nella provincia di
appartenenza in relazione alla qualifica di operaio agricolo a tempo determinato,
oltre accessori Il Tribunale rigettava la domanda La decisione era riformata
dalla Corte di appello di Bari che in accoglimento dell’appello proposto dalla
originaria ricorrente condannava l’INPS a riliquidare la indennità di
disoccupazione corrisposta agli appellanti in relazione agli anni richiesti ,ponendo a
base del calcolo il salario fissato pro tempore dalla contrattazione collettiva,
compreso il cd. Trattamento di fine rapporto, nella provincia di appartenenza in
relazione alla qualifica di operaio agricolo a tempo determinato, oltre accessori ..Per
la cassazione della decisione ha proposto ricorso l’INPS sulla base di due motivi :
con il primo ha dedotto la violazione e falsa applicazione dell’art. 18, comma 18
del d.l. n. 98 del 2011 conv. in L n. 111 / 2011, norma di interpretazione
autentica dell’art. 4 d lgs n. 146 del 1997 e dell’art. 1 comma 5 del di n. 2
del 2006 conv. con modif., nella L n. 81 del 2006 ; con il secondo violazione e
falsa applicazione degli artt. 44, 49 e 53 del CCNL Operai Agricoli e
Florovivaisti del 10.7.98,in relazione all’art. 6, c. 4, lett. a) del d.lgs. 2.9.97 n.
314 e all’art. 3 d.l. 14.6.1996 n. 318 conv. in L 29.7.1996 n. 402 nonché in
relazione agòi arti: 1362 e ss, 2120 cod. civ. e all’art. 4,, c. 10 e 11, della L
29.5.82 n. 297.Ha contestato la tesi della Corte d’appello che l’emolumento
denominato trattamento di fine rapporto (tfr.) corrisposto agli operai agricoli a
tempo determinato costituisca una componente della retribuzione, come tale idonea a
determinare la indennità di disoccupazione, e non salario differito,escluso ai sensi
del detto art. 6, c. 4, lett. a) sia dalla base imponibile dei contributi previdenziali,
sia dalla retribuzione utile per il calcolo delle prestazioni temporanee in agricoltura..
L’intimata ha depositato controricorso .evidenziando, tra l’altro che ,anche detratta
la quota cd. trattamento di fine rapporto 27 salario fissato dalla contrattazione
collettiva era comunque superiore all’importo liquidato dall’INPS .Ricordato che
l’INPS non ha proposto, come invece dedotto dalla resistente , l’eccezione di
decadenza dall’azione giudiziaria ai sensi dell’art. art. 47 D.P.R. n. 639 del
1970, all’art. 6 d.Z n. 103 de/ 1991 conv. in legge n. 166 del 1991 e all’art. 4
di n. 348 del 1992 conv. in legge n. 438 del 1992, si rileva che
,confermando quanto già ritenuto con la sentenza 9.5.07 n.10546, secondo cui “ai
Ric. 2011 n. 26754 sez. ML – ud. 14-03-2013
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Svolgimento del processo

Ric. 2011 n. 26754 sez. ML – ud. 14-03-2013
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fini della liquidazione delle _prestazioni temporanee in agricoltura, la nozione di
retribuzione – definita dalla contrattazione collettiva provinciale, da porre a
confronto con il salario medio convenzionale ex art. 4 digs. 16.4.97 n. 146 – non
comprende il trattamento di fine rapporto”, questa Corte ha ulteriormente affermato
che “sulla base del suddetto principio, la voce denominata quota di t:fr. dai
contratti collettivi vigenti a partire da quello del 27.11.1991, va esclusa dal
computo della indennità di disoccupazione, in considerazione della volontà espressa
dalle parti stipulanti, che è vietato disattendere in forza della disposizione di cui al
di 14.6.96 n.318, art. 3, conv. dalla 1. 29.7.96, n. 402, a norma del quale,
agli effetti previdenziali, la retribuzione dovuta in base agli accordi collettivi, non
può essere individuata in difformità rispetto a quanto definito negli accordi stessi.
Dovendo escludersi che detta voce abbia natura diversa rispetto a quella indicata
dalle parti stipulanti, non è ravvisabile alcuna illegittima alterazione degli istituti
legali da parte dell’autonomia collettiva” (v. Cass. 5.01.11 n. 202 e numerose altre
conformi).- Tale orientamento giurisprudenziale è stato confermato dal legislatore il
quale con norma interpretativa contenuta nel d.l. 6.07.11n. 98 (conv. dalla 1.
15.07.11 n. 111) prevede che “l’ad 4 del decreto legislativo 16 aprile 1997 n.
146, e l’articolo 1, comma 5, del decreto legge10 gennaio 2006 n. 2, convertito, con
modificazioni, dalla legge 11 marzo 2006 n. 81, si interpretano nel senso che la
retribuzione,utile per il calcolo delle prestazioni temporanee in favore degli operai
agricoli a tempo determinato, non è comprensiva della voce del trattamento di fine
rapporto comunque denominato dalla contrattazione collettiva” (c. 18)…
Non essendosi il giudice di merito adeguato ai principi espressi da questa Corte in
relazione alle censure svolte il Collegio, riunito in camera di consiglio , dovrà
valutare se in relazione a tali motivi il ricorso non sia manifestamente fondato ”
eccepito la
Nella memoria illustrativa la parte intimata ha
inammissibilità del ricorso sul rilievo che l’Istituto avrebbe dovuto
indicare il valore effettivo e preciso della prestazione previdenziale
vantata nel processo- che non coincide con il valore forfettario ai fini
del C.U. Ciò in quanto, ai sensi dell’art. 152 cpc., novellato dal d.l. n.
98 del 2011, come convertito in legge: le spese, competenze ed onorari
liquidate dal giudice nei giudizi per prestazioni previdenziali non
possono superare il valore della prestazione dedotta in giudizio. Ha
inoltre dedotto che la paga contrattuale prevista in relazione alla
qualifica posseduta di “operaio agricolo specializzato”era “di gran
lunga superiore al salario medio convenzionale” anche decurtata della
quota di TFR secondo quanto accertato dalla Corte territoriale con
affermazione rimasta incontestata. Ha richiamato le allegazioni
dell’atto introduttivo relative al possesso della detta qualifica ed all’
importo della paga contrattuale nell’anno di riferimento — pari a
94.229 . Ha sostenuto che l’INPS non aveva mai contestato tali
allegazioni né formulato motivo di ricorso a riguardo per cui doveva
ritenersi formato il giudicato sul punto.

Ric. 2011 n. 26754 sez. ML – ud. 14-03-2013
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La eccezione di inammissibilità risulta infondata alla stregua delle
seguenti considerazioni .La previsione normativa alla quale la
resistente fa riferimento (art. 152 disp. att. cpc, in particolare
penultimo ed ultimo periodo), infatti, non pone oneri processuali a
carico dell’Ente previdenziale, come si evince, peraltro dal tenore
letterale e dalla ratio complessiva dell’art. 152 citato.
Occorre ricordare, come oggetto principale dell’art. 152 disp. att. cpc, è
il beneficio dell’esonero dalle spese giudiziali in favore del lavoratore
soccombente nei giudizi promossi per ottenere prestazioni
previdenziali o assistenziali. La previsione di tale beneficio rinviene la
sua ratio, desumibile anche dalle sentenze n 85 del 1979 e n. 207 del
1994 della Corte costituzionale, nell’evitare che il timore della
soccombenza sulle spese impedisca l’esercizio di diritti garantiti dalla
Costituzione, fermo il limite della manifesta infondatezza e temerarietà
della lite (cfr., Cass., n. 9207 del 2012).La ratio della disposizione è
rimasta inalterata anche in seguito alla sostituzione – applicabile ai
procedimenti incardinati successivamente al 2 ottobre 2003 (Cass. 1
marzo 2004, n. 4165) – introdotta dal d.l. 30 settembre 2003, n. 269,
art. 42, comma 11, convertito con modificazioni, dalla 1. 24 novembre
2003, n. 326, nonché in seguito all’aggiunta del penultimo periodo,
richiamato nella memoria, disposta – con decorrenza dal 4 luglio 2009
– dalla 1. 18 giugno 2009, n. 69, art. 52.E poi intervenuto l’art. 38, del
d.l. 6 luglio 2011, n. 98, conv. nella legge n. 111 del 2011 che ha
aggiunto un ulteriore periodo al citato art. 152, stabilendo la sanzione
di inammissibilità.
In particolare, per effetto della sostituzione introdotta dal d.l. 269 del
2003, è stato posto a carico della parte ricorrente nei giudizi per
prestazioni previdenziali o assistenziali l’onere di effettuare fin dalle
conclusioni dell’atto introduttivo — un’apposita dichiarazione
sostitutiva di certificazione attestante il possesso delle condizioni
reddituali previste dalla norma stessa per ottenere l’esenzione dal
pagamento delle spese processuali. Alla luce della osservazioni svolte,
si può rilevare come il penultimo periodo dell’art. 152 disp. att. cpc.,
invocato dalla resistente, risponda all’esigenza di non vanificare la ratio
di fondo della disposizione, nel momento in cui si è passati
dall’esonero totale delle spese di giudizio (salvo pretesa temeraria o
infondata) ad un esonero correlato al reddito.
La peculiarità dell’oggetto del giudizio — prestazioni previdenziali
assistenziali- assume, quindi rilievo, nel governo delle spese di lite,
traducendosi in un tetto alla liquidazione giudiziale, che dovrà tenere
come punto di riferimento il valore della prestazione dedotta in
giudizio. Il legislatore, in proposito, con la modifica del 2011, ha
espressamente chiarito che “a tal fine la parte ricorrente, a pena di

La Corte accoglie il ricorso ; cassa la sentenza impugnata e decidendo
nel merito rigetta la domanda di inclusione della quota di TFR ai fini
del calcolo della indennità di disoccupazione agricola . Compensa le
spese dell’intero processo.
Roma, camera di consiglio del 14 marzo 2013
Il Presidente

inammissibilità di ricorso, formula apposita dichiarazione del valore
della prestazione dedotta in giudizio, quantificandone l’importo nelle
conclusioni dell’atto introduttivo”.
È evidente, quindi, che con l’espressione “parte ricorrente”, in ragione
del tenore complessivo della norma, si intende fare riferimento alla
parte che ha promosso il giudizio per ottenere la prestazione
previdenziale e assistenziale e non all’Ente, quale l’INPS evocato in
giudizio con il ricorso introduttivo.
Nel merito ritiene questo Collegio che le considerazioni svolte dal
Relatore sono del tutto condivisibili siccome coerenti alla ormai
consolidata giurisprudenza in materia . Ricorre con ogni evidenza il
presupposto dell’art. 375, comma 1°, n. 5 cod. proc. civ. , per la
definizione camerale..Conseguentemente il ricorso va accolto e non
essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, deciso nel merito con
rigetto della domanda di inclusione della quota cd Tfr nella base di
calcolo della indennità di disoccupazione agricola .La definizione del
giudizio anche alla luce dello ius superveniens di cui al dl. n.98 del
2011configura la sussistenza di giusti motivi di compensazione
dell’intero giudizio.
P. Q.M.

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