Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14124 del 07/06/2017
Cassazione civile, sez. trib., 07/06/2017, (ud. 25/05/2017, dep.07/06/2017), n. 14124
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –
Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – rel. Consigliere –
Dott. CARBONE Enrico – Consigliere –
Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere –
Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 10336/2010 proposto da:
COOPERATIVA EDERA SCARL, elettivamente domiciliata in ROMA VIA
VITTORIA COLONNA 32, presso lo studio dell’avvocato MARIO MENGHINI,
che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati GIORGIO
MALINVERNI, LUIGI PAOLO COMOGLIO;
– ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE UFFICIO CENTRALE;
– intimata –
e contro
AGENZIA DELLE ENTRATE UFFICIO DI VERCELLI, in persona del Direttore
pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI
12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e
difende;
– resistente con atto di costituzione –
avverso la sentenza n. 71/2009 della COMM. TRIB. REG. di TORINO,
depositata il 26/10/2009;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del
25/05/2017 dal Consigliere Dott. LIANA MARIA TERESA ZOSO;
lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del
Sostituto Procuratore Generale Dott. SORRENTINO Federico, che ha
chiesto l’accoglimento del ricorso.
Fatto
ESPOSIZIONE DEI FATTI DI CAUSA
1. La società Cooperativa Edera a r.l. proponeva ricorso avverso la cartella con cui l’agenzia delle entrate aveva richiesto il pagamento dell’importo di Euro 37.317,50. Assumeva la ricorrente che la ripresa a tassazione era stata effettuata sulla base dell’errata indicazione nella dichiarazione dei redditi relativa all’anno d’imposta 2003 dell’importo di Lire 80.582 al rigo RF 11 del quadro RN e sosteneva di aver inviato all’agenzia delle entrate in data 10 maggio 2006 istanza di modifica della precedente dichiarazione che aveva comportato un incremento dell’imposta Irpeg pari alla somma portata dalla cartella impugnata. La commissione tributaria provinciale di Vercelli accoglieva il ricorso. Proposto appello da parte dell’agenzia delle entrate, la commissione tributaria regionale del Piemonte lo accoglieva sul rilievo che la contribuente avrebbe potuto integrare la dichiarazione originaria, a norma del D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2, commi 8 e 8 bis, non oltre il termine prescritto per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo.
2. Avverso la sentenza della CTR propone ricorso per cassazione la contribuente affidato ad un motivo illustrato con memoria. L’agenzia delle entrate si è costituita in giudizio al solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione ai sensi dell’art. 370 c.p.c., comma 1. Il Pubblico Ministero ha depositato conclusioni scritte ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., comma 1.
3. Con l’unico motivo la ricorrente deduce violazione di legge, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione all’art. 53 Cost., art. 12 preleggi, della L. n. 212 del 2000, artt. 1 e 2. Sostiene che il termine di cui al D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2, comma 8 bis, non può essere interpretativamente inteso come perentorio.
Diritto
ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Osserva la Corte che il D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2, comma 8, prevede che le dichiarazioni dei redditi, dell’imposta regionale sulle attività produttive e dei sostituti d’imposta possono essere integrate per correggere errori od omissioni mediante successiva dichiarazione da presentare non oltre i termini stabiliti dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 43.
Il comma 8 bis, introdotto con il D.P.R. 7 dicembre 2001, n. 435, prevede che le dichiarazioni dei redditi, dell’imposta regionale sulle attività produttive e dei sostituti di imposta possono essere integrate dai contribuenti per correggere errori od omissioni che abbiano determinato l’indicazione di un maggior reddito o, comunque, di un maggior debito d’imposta o di un minor credito, mediante dichiarazione da presentare non oltre il termine prescritto per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo.
La Corte di legittimità, con la sentenza n. 13378 pronunciata a Sezioni Unite il 7 giugno 2016, chiamata a decidere sul contrasto tra diversi orientamenti formatisi sulla emendabilità della dichiarazione, ha affermato il principio per il quale occorre distinguere il diverso piano sul quale operano le norme in materia di accertamento e riscossione, cui si applicano i termini previsti dal D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2, commi 8 e 8 bis, rispetto a quelle che governano il processo tributario. Ciò in quanto oggetto del contenzioso giurisdizionale è l’accertamento circa la legittimità della pretesa impositiva, quand’anche fondata sulla base di dati forniti dal contribuente. Dunque, in tal caso, non si verte in tema di “dichiarazione integrativa” ex art. 2 cit., o di richiesta di rimborso D.P.R. n. 602 del 1973, ex art. 38 e sussiste il diritto del contribuente a contestare il provvedimento impositivo, fornendo prova delle circostanze, quali anche errori o omissioni presenti nella dichiarazione fiscale.
Ha affermato la Corte il seguente principio di diritto “La possibilità di emendare la dichiarazione dei redditi, per correggere errori od omissioni che abbiano determinato l’indicazione di un maggior reddito o, comunque, di un maggior debito d’imposta o di un minor credito, mediante la dichiarazione integrativa di cui all’art. 2, comma 8 bis, è esercitabile non oltre il termine prescritto per la presentazione della dichiarazione relativa ai periodo d’imposta successivo, con compensazione del credito eventualmente risultante. La possibilità di emendare la dichiarazione dei redditi conseguente ad errori od omissioni in grado di determinare un danno per l’amministrazione, è esercitabile non oltre i termini stabiliti dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43. Il rimborso dei versamenti diretti di cui al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38, è esercitabile entro il termine di decadenza di quarantotto mesi dalla data del versamento, indipendentemente dai termini e modalità della dichiarazione integrativa di cui al D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2, comma 8 bis. Il contribuente, indipendentemente dalle modalità e termini di cui alla dichiarazione integrativa prevista dal D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2 e dall’istanza di rimborso di cui al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38, in sede contenziosa, può sempre opporsi alla maggiore pretesa tributaria dell’amministrazione finanziaria, allegando errori, di fatto o di diritto, commessi nella redazione della dichiarazione, incidenti sull’obbligazione tributaria”.
2. La sentenza impugnata non è in linea con il richiamato principio, avendo la CTR ritenuto che la società contribuente, in quanto aveva presentato la dichiarazione integrativa oltre il termine stabilito dal D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2, comma 8 bis, non fosse ammessa a rettificare l’errore compiuto. Il ricorso va, dunque, accolto e l’impugnata sentenza cassata. Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa va decisa nel merito, a norma dell’art. 384 c.p.c., comma 2, ed il ricorso originario della contribuente va accolto. Le spese processuali dell’intero giudizio si compensano tra le parti in considerazione dell’affermarsi del principio giurisprudenziale citato in epoca successiva alla proposizione del ricorso.
PQM
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie il ricorso originario della contribuente. Compensa le spese processuali dell’intero giudizio.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 25 maggio 2017.
Depositato in Cancelleria il 7 giugno 2017