Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14123 del 11/06/2010

Cassazione civile sez. trib., 11/06/2010, (ud. 24/03/2010, dep. 11/06/2010), n.14123

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PLENTEDA Donato – Presidente –

Dott. MAGNO Giuseppe V. A. – rel. Consigliere –

Dott. PERSICO Mariaida – Consigliere –

Dott. PARMEGGIANI Carlo – Consigliere –

Dott. DIDOMENICO Vincenzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sui ricorso n. 27514/06 R.G. proposto da:

Agenzia delle entrate, in persona del Direttore p.t., domiciliata in

Roma, via dei Portoghesi, n. 12, presso l’Avvocatura Generale dello

Stato che la rappresenta e difende secondo la legge;

– ricorrente –

contro

C.E.T. e G.P.H., elettivamente

domiciliati in Roma, via Gavinana, n. 4, presso l’Avvocato Angelini

Domenico, che li rappresenta e difende con l’Avvocato Michele

Tumminelli per procura speciale a margine del controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 45/30/05 della Commissione tributaria

regionale della Lombardia, depositata il 6.7.2005.

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

giorno 24 marzo 2010 dal relatore Cons. Dr. Giuseppe Vito Antonio

Magno;

Udito, per i controricorrenti, l’Avvocato Domenico Angelini;

Udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

ABBRITTI Pietro che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

1.- Dati del processo.

1.1.- L’agenzia delle entrate ricorre, con due motivi, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe che, rigettando l’appello da essa proposto (assorbito quello incidentale condizionato dei contribuenti), conferma la sentenza n. 186/5/2002 della commissione tributaria provinciale di Como, che aveva accolto il ricorso proposto dai signori C.E.T. e G. P.H. avverso l’avviso di accertamento e liquidazione dell’imposta di registro ed accessori notificato il (OMISSIS), emesso dal locale ufficio di detta agenzia conseguentemente alla revoca dei benefici per l’acquisto della “prima casa”, goduti in sede di registrazione, il (OMISSIS), dell’atto di compra-vendita di una casa di civile abitazione con adiacente terreno, siti in comune di (OMISSIS), previo accertamento che l’immobile nel suo complesso, contrariamente alla dichiarazione delle parti, possedeva caratteristiche di lusso.

1.2.- I nominati contribuenti resistono mediante controricorso e memoria illustrativa.

2.- Contenuto della sentenza impugnata e motivi del ricorso.

2.1.- La commissione regionale, condividendo la motivazione della sentenza di primo grado, ritiene che spettano ai contribuenti i benefici fiscali goduti per l’acquisto della prima casa, poichè il complesso immobiliare di cui si discute non possiederebbe le caratteristiche di lusso; caratteristiche ravvisate dall’ufficio, ai sensi del D.M. 2 agosto 1969, art. 5 nel fatto che esso sarebbe costituito da una casa d’abitazione avente superficie utile superiore a 200 mq. e da una pertinenza scoperta (terreno) di superficie sei volte superiore all’area coperta. Il giudicante a quo sostiene, infatti, che la superficie utile del fabbricato sarebbe stata accertata in mq. 199,68, ed esclude il rapporto di pertinenza ed accessorietà dei terreni, a causa dei vincoli colturali (di destinazione boschiva), paesaggistici ed idro-geologici su di essi gravanti.

2.2.- La ricorrente censura tale sentenza per i seguenti due motivi:

2.2.1.- violazione e falsa applicazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, dell’art. 817 c.c.; dell’art. 1 della Tariffa, Parte prima, allegata alla legge di registro (D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131); dell’art. 23, stessa Legge, e del D.M. 2 agosto 1969, art. 5 per avere escluso la caratteristica di lusso del complesso immobiliare, negando la sussistenza del vincolo pertinenziale fra terreno e fabbricato, benchè tale vincolo fosse attestato, sotto i profili oggettivo e soggettivo, dalla materiale complementarietà del bene accessorio (terreno) rispetto a quello principale (abitazione) e dalla corrispondente destinazione desumibile dallo stesso atto d’acquisto, il cui oggetto era costituito da “una casa unifamiliare disposta su tre piani, con annessa area coperta e scoperta da distinguere al catasto terreni; sicchè sarebbero incorsi in errore i giudici tributari di merito “quando negano il vincolo pertinenziale sul presupposto che il terreno ha una rendita catastale ed una destinazione urbanistica autonoma”, criteri diversi da quelli indicati nel D.M. citato.

L’esposizione del motivo si conclude col seguente quesito: “se la qualifica di pertinenza di un bene vada effettuata esclusivamente ai sensi dell’art. 817 c.c. ovvero rilevi la sua distinta iscrizione in catasto rispetto al fabbricato e la destinazione urbanistica”.

2.2.2.- violazione e falsa applicazione del D.L. 22 maggio 1993, n. 155, art. 16, commi 1, 2 e 3, convertito nella L. 19 luglio 1993, n. 243; dell’art. 1 della Tariffa, Parte prima, allegata al D.P.R. n. 131 del 1986; del D.M. 2 agosto 1969, art. 5 e della L. 27 luglio 1978, n. 392, art. 15 per avere, utilizzando impropriamente criteri tratti dalla legge sull’equo canone (L. n. 392 del 1978), definito la superficie utile dell’abitazione anche in base ad un coefficiente stabilito per le soffitte, applicandolo ad una mansarda resa abitabile.

In conclusione, è formulato il seguente quesito: “se la superficie non residenziale di un ex vano soffitta trasformato per effetto di sanatoria edilizia in civile abitazione vada calcolato ai sensi della L. n. 392 del 1978, art. 13, lett. d)”.

2.3.- La parte resistente eccepisce l’inammissibilità del ricorso per “compressione del diritto di difesa”, essendo stati formulati i quesiti di diritto, secondo la previsione dell’art. 366 bis c.p.c., introdotto con D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, benchè tale norma non sia applicabile in questo giudizio di cassazione, avente ad oggetto una sentenza pubblicata il 6.7.2005, ossia in data anteriore a quella (2.3.2006) da cui iniziano ad avere efficacia le nuove disposizioni processuali.

3.- Decisione.

3.1.- L’eccezione d’inammissibilità del ricorso è infondata;

questo, peraltro, deve essere rigettato per infondatezza, in base alle argomentazioni di seguito esposte. Le spese del presente giudizio di cassazione debbono essere interamente compensate fra le parti per giusti motivi, ravvisabili nella sostanziale opinabilità delle ragioni poste dai giudici tributari di merito a fondamento della decisione, con riguardo sia al criterio di pertinenza sia alla superficie utile dell’immobile.

4.- Motivi della decisione.

4.1.- La formulazione dei quesiti di diritto in calce all’esposizione dei motivi di censura, non prevista da alcuna norma processuale per il ricorso avverso un provvedimento pubblicato, come nel caso, prima del 2.3.2006 (cfr. D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 27, comma 2), non comporta alcuna compressione del diritto di difesa della controparte, e quindi non rende inammissibile il ricorso, contribuendo anzi a precisare, in un momento di sintesi, il punto focale della critica rivolta alla sentenza impugnata. Resta fermo peraltro che, non essendo imposta dalla legge la formulazione del quesito, questo giudice di legittimità non è da essa vincolato, qualora non corrisponda, anche in parte, al vero contenuto de motivo ed alla sua argomentazione, sufficiente da sola ad indicare e delimitare il tema della disputa (Cass. n. 16876/2006).

4.2.- I due motivi di ricorso debbono essere esaminati congiuntamente, sia perchè riflettono, pur sotto differenti aspetti ed in relazione a norme diverse, la stessa questione (se l’immobile acquistato possieda o non possieda caratteristiche di lusso); sia perchè la norma applicabile al caso concreto – D.M. LL.PP. 2 agosto 1969, art. 5 in G.U. n. 218 del 27.8.1969, in virtù della quale sono considerate di lusso “Le case composte di uno o più vani costituenti unico alloggio padronale aventi superficie utile complessiva superiore a mq. 200 (esclusi i balconi, le terrazze, le cantine, le soffitte, le scale e posto macchine) ed aventi come pertinenza un’area scoperta della superficie di oltre sei volte l’area coperta” -richiede, per l’esclusione del beneficio fiscale, la concorrenza di due distinte condizioni: che la superficie dell’alloggio superi i 200 mq. “e” che la superficie dell’area scoperta ad esso pertinente ecceda, a sua volta, un determinato parametro. Cosicchè il rispetto di uno dei parametri – ad es., la superficie dell’alloggio inferiore a 200 mq. – rende superfluo l’accertamento dell’esuberanza dell’altro (a meno che la superficie dell’alloggio non superi i 240 mq., caso in cui l’art. 6 del D.M. citato attribuisce la caratteristica “di lusso” anche in mancanza di pertinenze).

4.3.- Tanto premesso, la fondatezza del primo motivo (par. 2.2.1) – dovendosi riconoscere al terreno circostante la casa natura e funzione di pertinenza, ai sensi dell’art. 817 c.c., siccome destinato durevolmente a servizio o ad ornamento di questa, come si ricava dallo stesso atto d’acquisto, a prescindere da ogni altra circostanza rilevata dai giudici tributari di merito, come la soggezione del terreno stesso a particolari vincoli – non basta a giustificare la pretesa fiscale, giacchè, nel caso specifico, la revoca dei benefici goduti in relazione all’acquisto della prima casa sarebbe legittima soltanto se, oltre alla pertinenza, fosse accertata anche una superficie dell’alloggio superiore a 200 mq.

4.4.- In proposito, il giudicante a quo reputa contenuta nei limiti di legge la superficie utile dell’abitazione, che sarebbe stata “correttamente … determinata in mq. 199,68” dalla commissione tributaria provinciale.

4.4.1.- La violazione di legge denunziata col secondo motivo di ricorso (par. 2.2.2). è insussistente, sia in relazione alle norme attributive del beneficio (legge di registro, tariffa e successive modificazioni; criteri per la definizione “di lusso” dell’abitazione), norme non poste in discussione dalla sentenza impugnata; sia in relazione alla L. n. 392 del 1978, art. 13, lett. d), che, in materia di equo canone per la locazione d’immobili urbani, determina nel 25% la superficie convenzionale di balconi, terrazze,cantine ed altri accessori simili.

4.4.2.- In realtà, la falsa applicazione di tale norma alla misurazione di una mansarda deriverebbe, secondo la ricorrente, dal fatto che questa non potrebbe essere catalogata come “soffitta” (i.e.

locale non destinato ad usi abitativi), bensì dovrebbe essere considerata parte dell’abitazione vera e propria, avendo ottenuto dal comune il riconoscimento di abitabilità, asseritamente menzionato nell’atto d’acquisto.

Questa eccezione – di cui non si afferma l’avvenuta proposizione nei gradi di merito del giudizio e non si lamenta l’omesso esame da parte del giudicante a quo – è tuttavia fondata sul dato di fatto costituito dalla natura e dalla funzione del locale, se debba considerarsi soffitta o parte dell’abitazione; sicchè, al di là della violazione di legge affissa, la censura evoca propriamente la revisione di un giudizio di fatto, ammissibile in cassazione soltanto per vizi della motivazione che, in assenza di specifica doglianza, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, non possono essere indagati.

4.4.3.- Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato.

5.- Dispositivo.

P.Q.M.

LA CORTE DI CASSAZIONE Rigetta il ricorso e compensa interamente fra le parti le spese di questo giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della 5^ sezione civile – tributaria, il 24 marzo 2010.

Depositato in Cancelleria il 11 giugno 2010

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