Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14123 del 08/07/2015


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Civile Sent. Sez. L Num. 14123 Anno 2015
Presidente: COLETTI DE CESARE GABRIELLA
Relatore: AMOROSO GIOVANNI

SENTENZA
sul ricorso 23065-2009 proposto da:
SOCIETA’ MAIL S.R.L. c.f. 02708980657, in persona del
legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA CIPRO 46, presso lo studio
dell’avvocato VINCENZO NOSCHESE, rappresentata e
difesa dall’avvocato GIOVANNI AMBROSIO, giusta delega
2015

in atti;
– ricorrente –

1172

contro

– I.N.P.S.

ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA

SOCIALE C.F. 80078750587 in persona del suo Presidente

Data pubblicazione: 08/07/2015

e legale rappresentante pro tempore, in proprio e
quale mandatario della S.C.C.I. S.P.A. – Società di
Cartolarizzazione dei Crediti I.N.P.S., C.F.
05870001004, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA
CESARE BECCARIA N. 29, presso l’Avvocatura Centrale

LELIO MARITATO, LUIGI CALIULO, ANTONINO SGROI, giusta
delega in atti;
– controricorrentdinonchè contro

EQUITALIA POLIS S.P.A.;
– intimata –

avverso la sentenza n. 1077/2008 della CORTE D’APPELLO
di SALERNO, depositata il 21/10/2008 R.G.N. 835/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 11/03/2015 dal Consigliere Dott. GIOVANNI
AMOROSO;
udito l’Avvocato ALLEGRA GIUSEPPE per delega AMBROSIO
GIOVANNI;
udito l’Avvocato DE ROSE EMANUELE per delega verbale
SGROI ANTONINO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MARCELLO MATERA che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

dell’Istituto, rappresentati e difesi dagli avvocati

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Con ricorso depositato in data 15.4.2005 la società MAIL s.r.l. proponeva
opposizione nei confronti dell’I.N.P.S. e dell’E.T.R. S.p.A., concessionaria del
Servizio della Riscossione, avverso la cartella esattoriale recante il n.
100/2005/000495664/69/000 notificata l’ 8.12005 con la quale quest’ultima società
aveva chiesto all’opponente, per conto della sede I.N.P.S. di Salerno, il pagamento
della somma di curo 24.751,08 per omesso versamento di “contributi previdenziali”

lamentando quanto segue: – la nullità dell’opposta cartella perché priva non solo
della firma ma anche dell’indicazione del nominativo dell’incaricato della
concessionaria responsabile dell’emanazione della stessa; – l’infondatezza della
domanda in fatto et in diritto, per carenza dei presupposti concreti dai quali traeva
origine la pretesa creditoria e l’insufficienza delle condizioni soggettive e oggettive
per la richiesta avanzata dall’INPS; – l’insussistenza delle condizioni previste
dall’art. 24 comma 3 del d.lgs. n.46/99 e la decadenza di cui al successivo art.25 del
decreto citato; – l’infondatezza delle pretese creditorie ex adverso avanzate, atteso
che la verifica ispettiva, trasfusa nel verbale di accertamento redatto in data 29.5.03,
aveva accertato, a seguito di denuncia della stessa lavoratrice Fenza Ida, la
sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato nel periodo maggio 2001 – aprile
2003 che, al contrario, non era stato mai posto in essere.
Si costituiva in giudizio, sia pure tardivamente, il solo I.N.P.S., chiedendo al
Giudice adito di voler rigettare l’avversario atto di opposizione perché infondato e
non provato, con integrale conferma della cartella opposta e conseguente condanna
dell’opponente al pagamento delle spese, diritti ed onorari di lite, allegando, altresì,
alla memoria difensiva a fondamento della propria pretesa copia del verbale ispettivo
redatto dall’ispettore Sergio Pecoraro e copia della dichiarazione della sig.ra Fenza
Ida del 30.4.03.
2. All’udienza di discussione del 25.1.2006 il giudice decideva la causa,
accogliendo parzialmente l’opposizione, annullando la cartella esattoriale opposta e
condannando la MAIL s.r.I al pagamento, in favore dell’istituto, della somma di curo
22.975,08, nonché al pagamento delle spese di lite. Nella motivazione della sentenza
il giudice osservava che l’I.N.P.S. aveva comprovato la sussistenza del credito
richiesto in cartella mediante la produzione del verbale ispettivo attraverso il quale
risultava provata la sussistenza del rapporto di lavoro subordinato tra la MA1L s.r.l.
e la sig.ra Fenza Ida.
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relativamente agli anni novembre 2001 – aprile 2003, e relative somme aggiuntive,

3. Avverso la citata sentenza la Mail s.r.I proponeva appello con ricorso
depositato in data 5.5.20067, lamentando che la pronuncia di primo grado era
“ingiusta, errata e, comunque, infondata in fatto ed in diritto”. In particolare, rilevava
preliminarmente la nullità del ruolo esattoriale e della cartella di pagamento de qua
per una serie di motivi, tra i quali: sostanzialmente quello che il Giudice di prime
cure aveva fondato il suo convincimento esclusivamente sul verbale ispettivo
depositato dall’istituto con la sua costituzione e senza procedere neanche

Si costituiva tempestivamente l’E.T.R. che, pure, concludeva per il rigetto
dell’appello.
La Corte di Appello di Salerno, Sezione del Lavoro, definitivamente
pronunziando nel giudizio di appello iscritto al n. 835 del ruolo generale appelli
lavoro dell’anno 2006, promosso da MAIL s.r.t. avverso la sentenza n. 45/2006 del
Giudice del lavoro del Tribunale di Salerno, ha rigettato l’appello compensando tra
le parti le spese del grado.
4. Avverso questa pronuncia ricorre per cassazione la società MAIL s.r.l. con
cinque motivi.
Resiste con controricorso la parte intimata.
La ricorrente ha anche depositato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Il ricorso è articolato in cinque motivi.
Con il primo motivo la società ricorrente denuncia la violazione dell’art. 2697
c.c. non avendo l’istituto previdenziale assolto all’onere della prova dell’esistenza del
rapporto di lavoro, posto a fondamento dell’obbligo contributivo recato dall’originaria
opposta cartella esattoriale. Contesta, in particolare, il ritenuto valore probatorio del
verbale ispettivo.
Con il secondo motivo la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione
dell’art. 2700 c.c. per avere i giudici di merito attribuito valore probatorio, ed anzi
efficacia di piena prova, al verbale ispettivo.
Con il terzo motivo la ricorrente denuncia la contraddittorietà della
motivazione della sentenza impugnata con riferimento alla affermazione
dell’avvenuta assunzione della signora Fenza in data 1° maggio 2003.
Con il quarto motivo la società ricorrente denuncia violazione e falsa di legge
per non aver la corte d’appello tenuto conto della decadenza dell’Istituto
previdenziale dalla prova testimoniale per omessa citazione della testimone.
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ud. 11 marzo 2015

all’escussione degli ispettori verbalizzanti.

Con il quinto e ultimo motivo la ricorrente denuncia violazione e falsa
applicazione dell’art. 246 c.p.c.. Lamenta in particolare il mancato rilievo
dell’incapacità a testimoniare della signora Ida Fenza.
2. Il ricorso — i cui motivi possono essere esaminati congiuntamente — è
infondato.
Correttamente la Corte d’appello ha considerato, con riferimento alla valenza
dei verbali di accertamento redatti dagli ispettori dell’I.N.P.S., così come di quelli

delle dichiarazioni in essi contenute e degli altri fatti che il pubblico ufficiale
verbalizzante attesti essere avvenuti in sua presenza o essere stati da lui compiuti,
mentre una fede privilegiata non può essere in alcun modo attribuita ai giudizi
valutativi che esulano dall’efficacia probatoria propria dell’atto pubblico e che, di
conseguenza, possono essere soltanto liberamente valutati dal giudice di merito, il
quale, in assenza di seria prova contraria, che valga ad inficiarne l’attendibilità, può
anche fondare interamente su di essi la propria decisione. Cfr. ex plurimis Cass., sez.
lav., 6 settembre 2012, n. 14965, che ha affermato che nel giudizio promosso dal
contribuente per l’accertamento negativo del credito previdenziale, incombe all’INPS
l’onere di provare i fatti costitutivi della pretesa contributiva, che l’Istituto fondi su
rapporto ispettivo. A tal fine, il rapporto ispettivo dei funzionari dell’ente
previdenziale, pur non facendo piena prova fino a querela di falso, è attendibile fino
a prova contraria, quando esprime gli elementi da cui trae origine (in particolare,
mediante allegazione delle dichiarazioni rese da terzi), restando, comunque,
liberamente valutabile dal giudice in concorso con gli altri elementi probatori.
Inoltre nel nostro ordinamento processuale vale il principio del libero
convincimento del giudice per cui il giudice può scegliere, entro il materiale
probatorio acquisito al giudizio, gli elementi di prova su cui fondare il proprio
convincimento.
Nella specie la corte d’appello ha puntualmente motivato sul punto in termini
sufficienti e non contraddittori.
Il suo convincimento di merito si fonda sulla denuncia inoltrata dalla sig.ra
Fenza Ida, in cui la stessa lavoratrice dichiarava di aver lavorato alle dipendenze
dell’opponente dal 5.5.01 al 30.4.03, e sulla deposizione testimoniale resa da
quest’ultima in udienza innanzi alla stessa corte territoriale.
Quanto in particolare alla censura del ricorrente che lamenta la mancata
declaratoria di decadenza dell’Inps dalla prova testimoniale per omessa citazione del
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od. 11 marzo 2015

stilati dagli ispettori del lavoro, che detti verbali fanno fede fino a querela di falso

teste va confermato quanto già ritenuto da questa Corte (Cass., sez. lav., 19 giugno
2006, n. 14098) secondo cui spetta esclusivamente al giudice del merito, in base al
disposto degli artt. 208 cod. proc. civ. e 104 disp. att. cod. proc. civ., valutare se
sussistono giusti motivi per revocare l’ordinanza di decadenza della parte dal diritto
di far escutere i testi per sua mancata comparizione all’udienza in proposito fissata
ovvero per omessa citazione degli stessi, esulando dai poteri della Corte di
cassazione accertare se l’esercizio di detto potere discrezionale sia avvenuto in modo

di non pronunciare l’ordinanza di decadenza, specie con riguardo all’espressa
previsione rinvenibile – con riferimento al giudizio di opposizione ad ordinanzaingiunzione – nell’art. 23, sesto comma, della legge n. 689 del 1981, in base al quale
il giudice è legittimato, anche d’ufficio, a disporre i mezzi di prova che ritiene
necessari, ivi compresa la citazione di testimoni, prescindendosi anche dalla
formulazione dei capitoli di prova.
La corte d’appello ha anche considerato il fatto che la società a lialez_
volontariamente versato una parte dei contributi omessi per il periodo a partire dal 1°
maggio 2003 e che per il precedente periodo dal 5.5.01 al 30.4.03 nessuna prova
contraria, circa l’insussistenza della pretesa creditoria dell’istituto, era stata fornita
dalla società opponente, che ben avrebbe potuto e dovuto, nel proporre l’opposizione
in primo grado, articolare prova testimoniale atta a contrastare le dichiarazioni della
sig.ra Fenza Ida così come contenute nell’allegata denuncia.
Infine, quanto alla capacità a testimoniare di quest’ultima, va ribadito
l’orientamento di questa Corte (Cass., sez. lav., 8 febbraio 2011, n. 3051) che ha
affermato che nel giudizio tra l’ente previdenziale ed il datore di lavoro, avente ad
oggetto il pagamento di contributi previdenziali che si assumono evasi, non è
incapace a testimoniare il lavoratore i cui contributi non siano stati versati, in assenza
di un interesse giuridico attuale e concreto che legittimi il lavoratore-teste ad
intervenire in giudizio, non essendo configurabile l’incapacità a testimoniare che
ll’art. 246 c.p.c. (come affermato dalla Corte costituzionale nelle sentenze n. 248 del
1974 n. 62 del 1995 e nell’ordinanza n. 143 del 2009) ricollega non solo alla
posizione di parte formale o sostanziale del giudizio, ma anche alla titolarità di
situazione giuridica dipendente da quella dedotta in giudizio da altro soggetto.
3. Il ricorso va quindi rigettato.

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ud. 11 marzo 2015

opportuno e conveniente. Tale principio si estende, a maggior ragione, alla decisione

Alla soccombenza consegue la condanna della società ricorrente al
pagamento delle spese processuali di questo giudizio di cassazione nella misura
liquidata in dispositivo in favore dell’Inps. Nulla per Equitalia Polis s.p.a., rimasta
intimata.
PER QUESTI MOTIVI
La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento delle spese di
questo giudizio di cassazione liquidate in euro 100,00 (cento) per esborsi oltre euro

Equitalia Polis s.p.a.

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Così deciso in Roma il 11 marzo 2015
Il Consigliere Il ‘ esidente

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