Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14120 del 04/06/2013


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 14120 Anno 2013
Presidente: TRIOLA ROBERTO MICHELE
Relatore: PROTO CESARE ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso 15383-2007 proposto da:
ROMANO GIACOMO C.F.RMNGCM32M25B157Y, ZA/NI ANGELA
C.F.ZNANGL33S51G859Y elettivamente domiciliati in
ROMA,

V

LE

PARIOLI

180,

presso

lo

studio

dell’avvocato BRASCHI FRANCESCO LUIGI, che li
rappresenta e difende unitamente all’avvocato ROMANO
2013

ALESSANDRO;
– ricorrenti –

974
contro

LANZANI

MARIA

MADDALENA

C.F.LZNVTR48E61H256A,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA MICHELE

Data pubblicazione: 04/06/2013

MERCATI 51, presso lo studio dell’avvocato LUPONIO
ENNIO, che la rappresenta e difende unitamente
all’avvocato FERRI CORRADO;
– controricorrente

avverso la sentenza n. 100/2007 della CORTE D’APPELLO

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 16/04/2013 dal Consigliere Dott. CESARE
ANTONIO PROTO;
udito l’Avvocato Romano Alessandro difensore dei
ricorrenti che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
udito l’Avv. Caterina Flik con delega depositata in
udienza dell’Avv. Ennio Luponio difensore della
controricorrente che ha chiesto il rigetto, in
subordine, l’inammissibilità del ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. LUCIO CAPASSO che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso.

di BRESCIA, depositata il 28/02/2007;

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con citazione del 29/4/1999 Vittoria Maddalena
Lanzani conveniva in giudizio Giacomo Romano
proprietario di un immobile che egli aveva a sua
volta acquistato da certo Laurilla Pentii e

convenuti in giudizio, in separato processo, da
tale Alberto Boghi che reclamava la proprietà dello
stesso immobile.
L’attrice, premesso di avere stipulato con il
Romano (intestatario dell’immobile e coniugato con
Angela Zani, cautelativamente pure convenuta in
giudizio, ma in regime di separazione dei beni) un
preliminare di vendita e premesso che il
promittente
adempiere,

venditore

si

era

rifiutato

di

chiedeva la pronuncia di sentenza

sostitutiva del contratto non concluso.
La Zani rimaneva contumace.
Il Romano si costituiva e sosteneva di essersi
rifiutato di adempiere perché la Lanzani non aveva
accettato di assumersi il rischio di una possibile
evizione da parte del Borghi (coniuge della stessa
Lanzani) il quale, come detto, rivendicava la
proprietà da coloro che avevano venduto l’immobile

Giuliana Loda i quali, a loro volta, erano stati

al Romano; proponeva domanda riconvenzionale di
risoluzione di diritto per inadempimento
dell’attrice.
Con sentenza pubblicata il 29/4/2003 il Tribunale
di Brescia accoglieva la domanda di esecuzione in
specifica

del

contratto

e

trasferiva

l’immobile subordinatamente al pagamento del
prezzo; rigettava la domanda riconvenzionale di
risoluzione di diritto.
Dopo la pubblicazione della sentenza e prima della
notifica dell’appello di Romano e Zani (notificato
con citazione del 16/10/2003) la promittente
venditrice comunicava al Romano, con raccomandata
del 26/6/2003, che il prezzo di acquisto era a sua
disposizione presso una banca e il Romano (che in
precedenza aveva rifiutato l’offerta reale del
prezzo) provvedeva a incassare il prezzo in data
30/6/2003.
Il Romano e la Zani proponevano appello formulando,
secondo quanto risulta dalla sentenza di appello le
seguenti domande:
rigetto della domanda di adempimento ex art.
2932 c.c.;

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forma

- inefficacia del contratto per mancato avveramento
della condizione sospensiva e condanna della
Lanzani al rilascio dell’immobile e al risarcimento
danni;

risoluzione di diritto del contratto con

– determinazione della somma di euro 154.937,07
oltre interessi, quale somma dovuta a titolo di
corrispettivo.
La Corte di Appello di Brescia, con sentenza del
28/2/2007 dichiarava:
– inammissibile l’appello proposto da Angela Zani
per difetto di interesse, in quanto in regime di
separazione dei beni con il coniuge acquirente e
pertanto estranea all’acquisto;

inammissibile ai sensi dell’art. 329 comma l

c.p.c. l’appello proposto da Giacomo Romano perché
egli aveva prestato acquiescenza alla sentenza di
primo grado spontaneamente incassando le somme a
lui offerte a titolo di prezzo per l’acquisto del
bene promesso in vendita, con ciò dimostrando la
volontà di fare acquiescenza alla sentenza, pur non
essendo tenuto a ricevere il pagamento atteso il
carattere della pronuncia e la sua inidoneità ad

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conseguenziali pronunce;

essere oggetto di esecuzione forzata; la Corte di
merito osservava, inoltre, che non era possibile
ravvisare altra motivazione alternativa
all’accettazione del prezzo e che neppure il Romano
aveva dato alcuna spiegazione.

affidato ad un unico motivo e depositano memoria.
Resiste con controricorso Maria Maddalena Lanzani e
deposita memoria.
Motivi della decisione
1. Con l’unico motivo di ricorso i ricorrenti
deducono la violazione dell’art. 329 c.p.c. e,
formulando il quesito di diritto, chiedono se la
sentenza impugnata ha violato l’art. 329 c.p.c.
nella parte in cui ha dichiarato l’inammissibilità
dell’impugnazione per intervenuta acquiescenza
tacita avendo individuato l’acquiescenza nella
riscossione della somma alla quale il Tribunale
aveva subordinato il trasferimento dell’immobile.
I ricorrenti sostengono che l’incasso, da parte del
promittente venditore, della somma alla quale la
sentenza di primo grado aveva subordinato il
trasferimento dell’immobile costituiva atto privo
dei caratteri di univocità e incompatibilità

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Giacomo Romano e Angela Zani propongono ricorso

necessari ad integrare acquiescenza non essendo
incompatibile

con

volontà

la

di

avvalersi

dell’impugnazione e non potendo considerarsi come
manifestazione della volontà di non impugnare.
2. Il motivo non censura l’ulteriore statuizione di
per

carenza

di

interesse,

dell’appello proposto dalla Zani (sulla quale
quindi si è formato il giudicato), ma la ritenuta
inammissibilità dell’appello del Romano per sua
acquiescenza alla sentenza di primo grado,
ravvisata nel compimento di atti (l’accettazione
del corrispettivo della vendita) incompatibili con
la volontà di avvalersi dell’appello.
Questa Corte(Cass. 11/7/2005 n. 14489)

in un caso

analogo nel quale il promittente venditore aveva
accettato la somma a lei attribuitagli dal
tribunale quale prezzo dell’immobile di cui al
preliminare di vendita e successivamente aveva
proposto impugnazione / aveva affermato che dalla
sola riscossione della somma al pagamento della
quale il tribunale aveva subordinato il
trasferimento della proprietà dell’immobile non può
in alcun modo desumersi che il promittente
venditore abbia dimostrato, in termini non

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inammissibilità,

equivoci, di prestare acquiescenza alla sentenza
stessa.
Il

precedente

è

conforme

al

consolidato

orientamento di questa Corte secondo il quale
l’acquiescenza alla sentenza esclusiva

sentenza, ovverosia nella manifestazione, da parte
del soccombente, della volontà di non impugnare, la
quale può avvenire sia in forma espressa che
tacita, quest’ultima ravvisabile quando
l’interessato abbia posto in essere atti dai quali
sia possibile desumere, in maniera precisa ed
univoca, il proposito di non contrastare gli
effetti giuridici della pronuncia, e cioè atti che
siano assolutamente incompatibili con la volontà di
avvalersi dell’impugnazione (cfr. Cass. SS.UU., n.
8453/98).
Orbene, con riferimento alla presente controversia,
si deve osservare che il mero adeguarsi alla
statuizione del giudice, ancorchè non
immediatamente esecutiva, rivela, in generale, un
atteggiamento passivo, di per sé ambiguo e
sicuramente non incompatibile con la volontà di
avvalersi delle impugnazioni ammesse dalla legge.

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dell’impugnazione consiste nell’accettazione della

La prestazione ricevuta poteva pur sempre essere
restituita in caso di accoglimento delle domande
dell’accipiens e, dunque, non si produceva un
effetto irreversibile.
La volontà abdicativa deve risultare da atti o

profilo

giuridico

siano

incompatibili

con

l’impugnazione, mentre nel caso concreto,
l’accipiens ha mantenuto un atteggiamento meramente
passivo di fronte all’altrui iniziativa accettando
il denaro che gli era offerto e questa passiva
accettazione non risulta incompatibile sul piano
logico e giuridico con la volontà di impugnare,
tanto più considerando che il promittente
venditore, il quale aveva già immesso il
promissario acquirente nella detenzione del bene,
avanzava pretese creditorie dl promissario
acquirente.
3. In conclusione il motivo di ricorso deve essere
accolto e deve essere cassata la sentenza impugnata
con rinvio, anche per le spese, ad altra sezione
della Corte di appello di Brescia che si atterrà al
seguente principio di diritto:

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fatti che sia sotto un profilo logico che sotto un

In

mancanza

di

accettazione

espressa,

l’acquiescenza alla sentenza, preclusiva
dell’impugnazione ai sensi dell’art. 329 comma l
cod. proc. civ., può ritenersi sussistente soltanto
quando l’interessato, abbia posto in essere atti

precisa ed univoca, il proposito di non contrastare
gli effetti giuridici della pronuncia e cioè quando
sia possibile affermare che gli atti sono
incompatibili, sotto il profilo logico o giuridico,
con la volontà di avvalersi dell’impugnazione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza
impugnata e rinvia, anche per le spese, ad altra
sezione della Corte di Appello di Brescia.
Così deciso in Roma il 16/4/2013.

dai quali sia possibile desumere, in maniera

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