Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14119 del 11/07/2016
Cassazione civile sez. VI, 11/07/2016, (ud. 18/11/2015, dep. 11/07/2016), n.14119
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 2
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PETITTI Stefano – Presidente –
Dott. MANNA Felice – Consigliere –
Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –
Dott. FALASCHI Milena – rel. Consigliere –
Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 14355-2013 proposto da:
Z.A., (OMISSIS), elettivamente
domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CASSAZIONE,
rappresentata e difesa dall’avvocato MASSIMO MAZZUCCHIELLO giusta
procura a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
C.O., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA FEDERICO
CONFALONIERI, 2, presso lo studio dell’avvocato DIEGO GRIMALDI,
rappresentata e difesa dall’avvocato GIANCARLO AIELLO giusta
procura speciale alle liti in calce al controricorso;
– controricorrente –
e contro
INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del
Presidente e legale rappresentante, elettivamente domiciliato in
ROMA, VIA CESARE BECCARIA, 29 presso l’AVVOCATURA CENTRALE
DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati MAURO RICCI,
CLEMENTINA PULLI, EMANUELA CAPANNOLO giusta delega a margine del
ricorso notificato;
– resistente –
avverso l’ordinanza n. 17692/2012 del TRIBUNALE di NAPOLI, depositata
il 27 /11/ 2012;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
18/11/2015 dal Consigliere Relatore Dott. MILENA FALASCHI;
udito l’Avvocato Aiello Giancarlo difensore della controricorrente
che si riporta agli scritti;
udito l’Avvocato Emanuela Capannolo difensore del resistente che si
riporta agli scritti e chiede il rigetto del ricorso.
Fatto
CONSIDERATO IN FATTO
Con ordinanza del 21.11.2012 il Tribunale di Napoli, chiamato a pronunciarsi sull’opposizione proposta da Z.A. avverso il decreto di liquidazione del compenso spettante alla dott.ssa C.O. per la consulenza tecnica espletata nell’ambito di una causa previdenziale promossa nei confronti dell’INPS per la non rispondenza dell’elaborato al quesito del giudice, respingeva l’opposizione, confermando il provvedimento impugnato. Avverso tale ordinanza ha promosso ricorso per cassazione la medesima Z. prospettando due motivi di ricorso.
Con il primo motivo ha dedotto la violazione e falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4 e art. 118 disp. att. c.p.c., in combinato disposto, insieme a violazione dell’art. 112 c.p.c. e dell’art. 111 Cost., oltre che violazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 51 e del diritto vivente, nonchè omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio.
Con il secondo motivo deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 92 c.p.c. La dott.ssa C.E. ha resistito con controricorso nel presente giudizio, mentre l’I.N.P.S., scaduti i termini per illustrare le difese, ha depositato il ricorso notificato con in calce procura speciale al solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione.
Il consigliere relatore, nominato a norma dell’art. 377 c.p.c., ha depositato la relazione di cui all’art. 380 bis c.p.c. proponendo il rigetto del ricorso.
In prossimità dell’adunanza camerale parte ricorrente ha depositato memoria illustrativa.
Diritto
RITENUTO IN DIRITTO
Va preliminarmente esaminata l’eccezione di inammissibilità del controricorso della C., dedotta dalla ricorrente nella memoria illustrativa.
La notifica del controricorso è stata effettuata in data 19.06.2013 presso la cancelleria di questa Corte di Cassazione, per non avere parte ricorrente eletto domicilio in Roma.
Deve ritenersi inesistente la notifica e inammissibile il controricorso in quanto non notificato. Invero non rileva, al fine di escludere l’inesistenza della notificazione, la notifica effettuata presso la cancelleria della Corte di Cassazione in quanto, come già affermato da questa Corte (Cass. 28 novembre 2013 n. 26696), il controricorso, così notificato, sull’erroneo presupposto della sussistenza dei concorrenti requisiti della mancanza di elezione di domicilio e della omessa indicazione della posta elettronica certificata da parte della ricorrente, va dichiarato inammissibile.
Nel caso concreto, infatti, la ricorrente aveva indicato anche l’indirizzo di posta elettronica certificata, ma la notifica non è stata effettuata tramite PEC. A tal proposito si osserva, in condivisione del precedente di questa Corte sopra richiamato, che l’art. 370 c.p.c., stabilisce:
che “la parte contro la quale il ricorso è diretto, se intende contraddire, deve farlo mediante controricorso da notificarsi al ricorrente nel domicilio eletto entro venti giorni dalla scadenza del termine stabilito per il deposito del ricorso” (comma 1);
che “al controricorso si applicano le norme degli artt. 365 e 366, in quanto è possibile” (comma 2);
L’art. 366 c.p.c., comma 2 (nel Lesto introdotto dalla L. n. 183 del 2011, applicabile ratione temporis trattandosi di ricorso notificato il 24 Luglio 2014) stabilisce che “se il ricorrente non ha eletto domicilio in Roma ovvero non ha indicato l’indirizzo di posta elettronica certificata comunicato al proprio ordine, le notificazioni gli sono fatte presso la cancelleria della Corte di Cassazione.
Da quest’ultima disposizione si evince che la possibilità della notificazione di atti presso la cancelleria della Corte di Cassazione è subordinata alla duplice condizione della mancata elezione di domicilio in Roma da parte del ricorrente e della mancata indicazione, sempre da parte del ricorrente, dell’indirizzo di posta elettronica certificata, mentre ove questo secondo requisito sussista (come nel caso di specie), si deve ritenere che invece il destinatario della notificazione del ricorso che intenda a sua volta notificare il controricorso non possa avvalersi della notificazione presso la cancelleria della Corre, essendo egli tenuto ad eseguire la notificazione in forma telematica.
Venendo al merito del ricorso, vanno condivise e ribadite le argomentazioni e le conclusioni di cui alla relazione ex art. 380 bis c.p.c. che di seguito si riporta: “Con il primo motivo la ricorrente lamenta la motivazione apparente del provvedimento in conseguenza della violazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4 e art. 118 disp. att. c.p.c.; l’omessa pronuncia ex art. 112 c.p.c.; la violazione dei principi regolatori del giusto processo di cui all’art. 111 Cost.; la violazione dei criteri di liquidazione dei compensi spettanti ai CTU D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 51; l’inottemperanza ai principi del diritto vivente nonchè l’omesso esame di un fatto decisivo ex art. 360 c.p.c., n. 5; La doglianza sottoposta all’attenzione della Corte, riguarda la non rispondenza della relazione peritale ai quesiti sottopostile dal giudice, circostanza rispetto alla quale il giudice avrebbe omesso di motivare e di fornire chiarimenti.
Nello specifico, la ricorrente sostiene che le risposte della consulente al quesito formulato dal giudice di merito costituiscano un fuor d’opera per il quale alla consulente non spetterebbe alcun compenso o quanto meno un compenso inferiore, per non aver dato risposte pertinenti ai quesiti.
Il motivo non può trovare accoglimento in quanto, in sede di opposizione, possono trovare ingresso esclusivamente censure attinenti la determinazione del quantum spettante al CTU e quindi la corretta applicazione dei criteri che devono presiedere la liquidazione dei compensi, essendo chiamato il (giudice a verificare la difficoltà, la completezza e il pregio della relazione peritale ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 51 (Cass. 22 marzo 2013 n. 7294). A questi si aggiunge la verifica della rispondenza dell’elaborato ai quesiti formulati, la quale censura può tuttavia trovare ingresso, con conseguente esclusione del compenso, al ricorrere di determinale condizioni, in particolare, soltanto allorquando l’attività del CTU non sia neppure astrattamente utilizzabile nell’ambito del processo, sia perchè non conferente all’incarico conferitogli, sia in quanto detta attività sia stata svolta con l’inosservanza di norme sanzionate da nullità (Cass. 5 gennaio 2011 n. 234).
Nel caso di specie, il giudice del reclamo ha escluso la sussistenza di tali circostanze e ha ritenuto che vi fosse rispondenza tra i quesiti posti e le risposte della CTU, che si sono sostanziate nel rendere il giudice edotto circa le condizioni di salute della perizianda per consentire allo stesso, attraverso un raffronto con l’accertamento di ad alla sentenza del 2003, di individuare i miglioramenti intervenuti rispetto all’originario quadro clinico.
Pertanto, non ricorrendo le condizioni di cui al richiamato orientamento di questa Corte, la censura si risolve in una contestazione dell’utilità della prestazione in concreto, contrastante con i principi sopra esposti, per cui non possono trovare ingresso questioni attinenti al merito della controversia che, essendo da trattare nella relativa sede, sono da considerarsi inammissibili nel “giudizio di opposizione (Cass. 7 febbraio 2011 n. 3024).
Con il secondo motivo la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 92 c.p.c. per non avere il giudice dell’opposizione disposto la compensazione delle spese pur ricorrendo gravi ed eccezionali ragioni, stante la non rispondenza della CTU ai quesiti formulati dal giudice di merito.
La doglianza va parimenti rigettata per le considerazioni sopra esposte e per avere il giudice dell’opposizone fatto applicazione del principio della soccombenza dal momento che il potere di procedere o meno alla compensazione delle spese è rimesso alla valutazione discrezionale del giudice del merito, incensurabile in sede di legittimità (Cass. 19 giugno 2013 n. 15317). In definitiva, si conferma che sembrano emergere le condizioni per procedere nelle forme di cui all’art. 380 bis c.p.c., ravvisandosi la possibile manifesta infondatezza del ricorso.”.
Gli argomenti e le proposte contenuti nella relazione di cui sopra, alla quale non sono state rivolte critiche da parte ricorrente, sono condivisi dal Collegio e conseguentemente il ricorso va respinto.
Non v’è luogo a pronunciare sulle spese del presente procedimento quanto alla resistente Coccoli, stante l’inammissibilità del controricorso, mentre vanno interamente compensate rispetto alla difesa dell’I.N.P.S. per essersi detta Amministrazione in sede di discussione – pur in assenza di controricorso – limitata a riportarsi agli atti.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater la Corte dà atto della sussistenza dci presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1 bis.
PQM
La Corte, rigetta il ricorso;
dichiara interamente compensate le spese processuali nei confronti dell’I.N.P.S..
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 2, il 18 novembre 2015.
Depositato in Cancelleria il 11 luglio 2016