Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14118 del 27/06/2011

Cassazione civile sez. I, 27/06/2011, (ud. 20/04/2011, dep. 27/06/2011), n.14118

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CARNEVALE Corrado – Presidente –

Dott. FIORETTI Francesco Maria – rel. Consigliere –

Dott. PICCININNI Carlo – Consigliere –

Dott. BERNABAI Renato – Consigliere –

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 14793-2008 proposto da:

B.S. (c.f. (OMISSIS)), elettivamente domiciliato

in ROMA, VIA MONTEZEBIO 28, presso l’avvocato BERNARDI GIUSEPPE, che

lo rappresenta e difende, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

FALLIMENTO ESTHER S.R.L. (P.I. (OMISSIS)), in persona del

Curatore Dott. D.L.A.C., elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DONATELLO 75, presso l’avvocato BARENGHI ANDREA, che lo

rappresenta e difende, giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 917/2008 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 03/03/2008;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

20/04/2011 dal Consigliere Dott. FRANCESCO MARIA FIORETTI;

udito, per il controricorrente, l’Avvocato A. BARENGHI che ha chiesto

il rigetto del ricorso;

il P.G. Dott. NICOLA LETTIERI non ha nulla da osservare.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

Con sentenza del 21 maggio 2003 il Tribunale di Roma dichiarava inefficace, L. Fall. ex art. 67, comma 2 nei confronti della massa dei creditori del Fallimento Esther s.r.l. (dichiarato il 13 giugno 1996) il pagamento della somma di L. 110.520.520, eseguito il 17 luglio 1995 dalla società, poi fallita l’anno dopo, in favore di B.S. e, per l’effetto, condannava quest’ultimo a restituire alla Curatela il controvalore in Euro 57.079,08 oltre interessi legali dal 4 aprile 1997.

Detta sentenza veniva impugnata dal B. dinanzi alla Corte d’Appello di Roma, che con sentenza dell’8 febbraio-3 marzo 2008 respingeva l’appello.

Avverso detta sentenza B.S. ha proposto ricorso per cassazione sulla base di tre motivi. Il Fallimento della Esther s.r.l. ha resistito con controricorso e depositato memoria ex art. 378 c.p.c…

Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 229 c.p.c..

Deduce il ricorrente che la Corte d’Appello – ritenendo che il B. avesse ammesso nella comparsa di costituzione e risposta (attraverso il difensore) di avere ricevuto dalla società, poi dichiarata fallita, la somma di L. 110.520.520 e che tale ammissione avrebbe reso pacifica la circostanza del versamento in suo favore di tale somma, esonerando la curatela dall’onere di provare l’effettivo versamento – avrebbe erroneamente attribuito valore confessorio ad una dichiarazione che non proveniva dalla parte personalmente, come richiesto dall’art. 228 e segg. c.p.c., ma dal difensore e che, pertanto, non poteva avere l’efficacia di piena prova prevista dall’art. 2733 c.c..

Con il secondo motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione della L. Fall., art. 67, comma 2 in combinazione con l’art. 2697 c.c..

Deduce il ricorrente che le ammissioni del difensore, contenute nella comparsa di risposta, sarebbero smentite dalla documentazione contabile sulla quale il curatore ha fondato la sua azione.

Dall’analisi di tale documento risulterebbe, infatti, il contrario di quanto affermato dal curatore e ritenuto dal giudice e precisamente che il B. aveva versato nelle casse sociali e non ricevuto l’importo, per cui è causa, Con il terzo motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 190 c.p.c..

Nella comparsa conclusionale, depositata in primo grado, il B., nell’illustrare le proprie difese, avrebbe evidenziato come il documento prodotto da parte attrice (il giornale di contabilità) rechi alla data del 17.7.1995 l’indicazione non già di un giroconto in suo favore e a carico della società, bensì un giroconto di segno contrario, a carico del primo e a favore della seconda.

La Corte d’Appello, qualificando erroneamente tale deduzione come eccezione, l’avrebbe ritenuta tardiva.

Con tale deduzione il convenuto non avrebbe sollevato alcune eccezione, non avendo contestato il contenuto del giornale di contabilità, ma soltanto la errata lettura che ne aveva dato il curatore.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso è manifestamente infondato.

Dalla sentenza impugnata si evince che il difensore del B. ha preso posizione sui fatti posti dal Fallimento a fondamento della esperita revocatoria fallimentare ammettendo nella comparsa di risposta, depositata in primo grado, che questo, nell’anno antecedente alla dichiarazione di fallimento, al momento della cessazione dalla carica di amministratore della Esther s.r.l., aveva ricevuto, a titolo di rimborso di un precedente prestito da lui effettuato a favore della società per pagare i fornitori, la somma di L. 110.520.520.

Questo comportamento processuale del difensore rende pacifico il fatto della corresponsione al B. da parte della società, poi dichiarata fallita, della somma di L. 110.520.520, per cui è del tutto irrilevante stabilire se la ammissione del difensore, effettuata nella comparsa di risposta, abbia o meno valore confessorio. Dispone infatti l’art. 167 c.p.c. che il convenuto, nella comparsa di risposta deve proporre tutte le sue difese, prendendo posizione sui fatti posti dall’attore a fondamento della domanda. Ne deriva che, nel caso in cui il convenuto nulla abbia eccepito in relazione a tali fatti (ed a maggior ragione se li abbia ammessi), gli stessi devono considerarsi come pacifici sicchè l’attore è esonerato da qualsiasi prova al riguardo (cfr. in tal senso cass. n. 18202 del 2008; cass. n. 5191 del 2008; cass. n. 13830 del 2004). Il convenuto ha, poi, contestato detti fatti nella comparsa conclusionale, ma giustamente il giudice di merito ha ritenuto la contestazione tardiva, ponendosi tale contestazione in contrasto con il disposto dell’art. 167 c.p.c. summenzionato.

Alla luce di quanto precede il secondo motivo (che peraltro manca di autosufficienza, non avendo il ricorrente riportato specificamente il contenuto della documentazione contabile, cui fa riferimento) ed il terzo motivo di ricorso devono ritenersi assorbiti, non potendo l’esame di tali motivi portare ad una diversa decisione Pertanto il ricorso deve essere respinto, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali a favore del resistente, che appare giusto liquidare in complessivi Euro 3.700, di cui Euro 2.00,00 per spese vive, oltre spese generali ed accessori di legge.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali a favore del resistente, liquidate in complessivi Euro 3.700,00 (tremilasettecento), di cui Euro 200,00 per spese vive, oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 20 aprile 2011.

Depositato in Cancelleria il 27 giugno 2011

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