Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14118 del 04/06/2013


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 14118 Anno 2013
Presidente: PICCIALLI LUIGI
Relatore: CORRENTI VINCENZO

SENTENZA

sul ricorso 19644-2007 proposto da:
PICCARDI MARISA ANNA PCCMSN46S50G877Z, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIALE GIULIO CESARE 14 A-4,
presso lo studio dell’avvocato PAFUNDI GABRIELE, che
lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato
GRANARA DANIELE;
– ricorrenti –

2013

contro

967

BENZI

GIOVANNI

BNZGNN54A30G877Q,

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIALE DELLE MILIZIE 114, presso
lo studio dell’avvocato PARENTI LUIGI, che lo
P

Data pubblicazione: 04/06/2013

rappresenta

e

difende

unitamente

all’avvocato

BRIGNANO GIOVANNI;
– controricorrenti nonchè contro

FENOCCHIO LINA;

avverso la sentenza n. 668/2007 della CORTE D’APPELLO
di TORINO, depositata il 26/04/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 11/04/2013 dal Consigliere Dott. VINCENZO
CORRENTI;
udito l’Avvocato GRANARA Dniele, difensore della
ricorrente che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
udito

l’Avvocato Alberto PASQUALI con delega

depositata in udienza dell’Avvocato Luigi PARENTI,
difensore del resistente che si riporta agli atti;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. AURELIO GOLIA che ha concluso per
l’inammissibilità del ricorso.

– intimati –

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con citazione del 27.3.2002 Pietro Giacomo Benzi, proprietario di un fondo in
Ponzone, frazione Ciglione in NCEU f.3 mapp.. 268 e Giovanni Benzi, proprietario
del mappale 269, convenivano davanti al Tribunale di Acqui Terme Marisa Anna
Piccardi, proprietaria confinante, esponendo che la convenuta nel 1999 aveva

ed alto 3, modificando lo scarico delle acque e chiedevano la condanna alla
demolizione del muro, all’eliminazione dello scarico delle acque provenienti dai
barbacani ed i danni, domanda contestata dalla convenuta.
Con sentenza 17.12.05 il Tribunale respingeva la domanda, decisione appellata da
Giovanni Benzi.
La Piccardi chiedeva il rigetto mentre rimaneva contumace Lina Giovanna
Finocchio, erede di Pietro Giacomo Benzi.
La Corte di appello di Torino, con sentenza 668/2007, condannava la Piccardi ad
arretrare il muro di fabbrica edificato a confine sino alla distanza di metri 5 e
regolava le spese, osservando trattarsi di costruzione senza il rispetto della distanza.
Ricorre Piccardi con tre motivi e relativi quesiti, resiste Benzi.
Le parti hanno presentato memorie.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Col primo motivo si denunziano violazione dell’art. 873 cc e vizi di motivazione per
avere considerato il muro di fabbrica anzicchè di cinta, stante la sussistenza di
naturale declivo.
Col secondo motivo si denunziano violazione dell’art. 873 cc, dell’art. 64 PRGI di
Ponzone e vizi di motivazione.

eseguito lavori edili per la costruzione di un fabbricato ed un muro lungo 24 metri

Col terzo motivo si lamentano le stesse violazioni e quella dell’art. 112
cpc per la condanna all’arretramento anzicchè al ripristino dello status quo ante.
L’esame delle censure presuppone il richiamo di alcuni principi.
Ai fini delle prescrizioni che impongono distacchi minimi è indifferente
che i fondi siano posti a dislivello o si trovino alla medesima quota (Cass. 21

orizzontale, prendendo in considerazione , come su una mappa, le proiezioni in
verticale delle sagome degli edifici e delle linee dei confini (Cass. 24 novembre
1995 n. 12163); soltanto le costruzioni completamente interrate rispetto al suolo in
cui sono realizzate — o che non ne emergono in misura apprezzabile, come i cordoli
ai margini di un campo da tennis- non sono soggette alla disciplina contenuta negli
artt. 873 ss C.C. o a quella più restrittiva dettata dai regolamenti locali (Cass. 1 luglio
1996 n. 5956).
Conseguentemente corretta appare la condanna ad arretrare il muro alla
distanza di metri 5 dal confine come individuato dalla sentenza di secondo grado.
I requisiti essenziali del muro di cinta, che a norma dell’art. 878 cc non
va considerato nel computo delle distanze legali, sono costituiti dall’isolamento
delle facce, dall’altezza non superiore a metri tre e dalla sua destinazione alla
demarcazione della linea di confine ed alla separazione e chiusura della proprietà.
Nel caso, peraltro, di fondi a dislivello, nei quali, adempiendo il muro
anche ad una funzione di sostegno e di contenimento del terrapieno o della scarpata,
una faccia non si presenta di norma come isolata e l’altezza può anche superare i
metri tre, se tale è l’altezza del terrapieno o della scarpata, non può essere
considerato come costruzione, ai fini dell’osservanza delle distanze legali, il muro
che, nel caso di dislivello naturale, oltre a delimitare il fondo , assolve anche alla
funzione di sostegno e di contenimento del declivio naturale, mentre nel caso di

maggio 1997 n. 4511); le relative misurazioni vanno effettuate sul piano virtuale

dislivello di origine artificiale, deve essere considerato costruzione in senso tecnicogiuridico il muro che assolve in modo permanente e definitivo anche alla funzione
di contenimento di un terrapieno creato dall’opera dell’uomo. (Cass. 11 luglio 1995
n. 7594, conformi nn. 1467/1994, 243/1992).
In ogni caso i quesiti sono assertivi e tautologici e le censure non

Alla cassazione della sentenza si può giungere solo quando la motivazione sia
incompleta, incoerente ed illogica e non quando il giudice del merito abbia valutato i
fatti in modo difforme dalle aspettative e dalle deduzioni di parte (Cass. 14 febbraio
2003 n. 2222).
La sentenza ha riferito della qualificazione del muro come di cinta fatta dal
Tribunale, rilevando, però, a pagina sei, che il muro mutò natura e funzione, che fu
realizzato un terrapieno che ha lo scopo di sostenere la rampa di accesso al garage e
rispetto al quale il muro svolge funzione di contenimento; non si tratta del
contenimento di un dislivello naturale perché, sebbene esista dislivello, la Piccardi
ha modificato lo stato naturale costruendo un’opera finalizzata a rendere meno
scosceso il fondo di sua proprietà.
Tale ratio decidendi non è impugnata se non con mere deduzioni di dissenso, donde
il rigetto del ricorso e la condanna alle spese.
PER QUESTI MOTIVI
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle spese liquidate in euro 3200
di cui 3000 per compensi, oltre accessori
Roma, 11 aprile 2013.
Il consigliere estensore

(

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specifiche nell’invocare anche vizi di motivazione.

Roma,

DEPOSITATO W1 CANCELLERIA

2013
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